Omelia Lunedì dell’Angelo – ANNO C, don Pietro Margini

Omelia Lunedì dell’Angelo. Accompagnati  dalle parole di don Pietro Margini (1917-1990), per vivere con frutto questo tempo prezioso.

At 2, 14. 22-32; Mt 28, 8-15

“Con timore e gioia grande corsero a dare l’annunzio” (Mt 28,8).

È caratteristico questo modo, lo abbiamo visto anche ieri: si corre, si corre al sepolcro, si ritorna indietro correndo. Ecco, è un simbolo: il simbolo di una vita spirituale fervida, entusiasta, di una vita spirituale generosa e piena, di una vita spirituale di coloro che non solo guardano alla risurrezione di Cristo con fede ma la vogliono vivere questa risurrezione.

Perché, non facciamo noi parte del Corpo di Cristo? Non siamo come le membra di un Corpo unite al Capo che è un risorto? Non abbiamo i nostri fratelli che ci hanno preceduto e sono in Paradiso, dei risorti alla gioia eterna, che aspettano la risurrezione anche del loro corpo?

Come dobbiamo meditare e riflettere in questo tempo di Pasqua perché, dopo l’impegno quaresimale, la gioia della risurrezione non sia scambiata con un tipo di altre gioie, di altre posizioni sicché, dopo la Quaresima, invece di entrare in pieno fervore ci adagiamo in una vita spirituale insipida e fiacca, perché sarebbe una vera illusione! Non è che la vita spirituale debba essere posta nello sforzo e nell’ascetica solo durante il tempo quaresimale: sempre ci si deve sforzare di essere buoni, sempre! E la vita è una lotta, è una lotta fino all’ultimo momento, fino a quel momento in cui ripeteremo le parole di Gesù: “Nelle tue mani, o Padre, raccomando lo Spirito mio” (Lc 23, 46).

Che differenza c’è allora tra il dinamismo spirituale della Quaresima e quello del tempo di Pasqua?

La differenza sta in una diversa angolazione di cose. Durante la Quaresima guardiamo alla bruttezza del peccato, all’orrore del peccato e guardiamo nel volto di Cristo sofferente. Nel tempo di Pasqua noi vogliamo invece guardare alla ricchezza della grazia, alla ricchezza che ci ha donato Gesù con la sua risurrezione. Lo sforzo che facevamo nella Quaresima per allontanarci dal peccato dobbiamo ancora compierlo nella visione radiosa del dono che ci ha fatto Gesù.

“Rallegriamoci ed esultiamo” (Sal 117, 24): lo ripeteremo tante volte ma perché “rallegriamoci”? Perché “esultiamo”? Cristo si è fatto per noi povero perché noi diventassimo ricchi: la sua ricchezza, la ricchezza di un dono perenne per cui la letizia ci deve occupare tutti. Dobbiamo vivere una vita spirituale forte e vigorosa, forte e vigorosa perché il Signore ci ama, perché il Signore ci insegue, perché il Signore ci ha preso per la mano e ci conduce.

Tempo di Pasqua, tempo di preghiera, tempo di confidenza non di ozio, non di abbandono: di preghiera, preghiera confidente perché abbiamo Gesù intercessore nostro davanti al Padre; perché Gesù fa sua la nostra preghiera e la nostra preghiera, sappiamo, diventa efficace e fortissima. È il rallegrarci in Lui, il voler valutare bene il dono che ci ha fatto, il voler progredire in questo dono.

Sproniamoci allora in questa gioia serena e in questa confidenza!

Cerchiamo di raccogliere bene i frutti della nostra Quaresima, cerchiamo di dare alla nostra vita quell’impulso di serenità e di fermezza che ci permette di realizzare fino in fondo ciò che ci siamo proposti.

La parola di Gesù resta sempre quella: “Non temete! Andate ed annunziate ai miei fratelli” (Mt 28, 10).

Ecco, la ricchezza del suo dono toglie tutti i timori alla nostra fragilità (…).

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