Omelia III Domenica di Quaresima – ANNO C, don Pietro Margini

Omelia III Domenica di Quaresima. Accompagnati  dalle parole di don Pietro Margini (1917-1990), per vivere con frutto questo tempo prezioso.

Es 3, 1-8; 1Cor 10, 1-6.10-12; Lc 13, 1-9

Poco prima di queste parole Gesù aveva detto: “Ipocriti, voi conoscete gli aspetti del cielo e della terra e non conoscete i segni dei tempi?” (Lc 12, 56). Ecco, e poi spiega e spiega esemplificando. Che cosa ci vuol dire il Signore se non che un’anima deve saper vedere la presenza di Dio nei fatti, negli avvenimenti di tutti i giorni così come lo deve saper vedere nelle grandi tracce della storia?

Dio non è assente alla storia degli uomini, Dio è profondamente presente, profondamente, cioè non passa nulla senza di lui: anche quegli eventi che sembrano venire a caso sono ben sorvegliati da lui. E perciò è sincerità di fede saper leggere le cose, saperle leggere.

Nella prima lettura abbiamo visto: la storia del popolo ebreo sembrava la comune storia di un popolo oppresso e le grida di dolore e di sofferenza che lanciavano gli Israeliti sembravano inascoltate. In realtà il Signore misurava tutto, misurava tutto e, giunto il momento opportuno, “Va’” dice a Mosè. E alla richiesta del suo nome sottolinea la sua perfezione essenziale, di Colui che è l’Essere per eccellenza, l’Essere unico: “Io sono Colui che sono” (Es 3, 14).

Nella seconda lettura abbiamo un’osservazione molto forte di San Paolo facendo osservare come gli ebrei nel deserto erano una continua sollecitudine di Dio e la sua provvidenza si riversava su di loro con innumerevoli miracoli. Ma è forse bastato questo per la loro salvezza? Non in molti di loro si compiacque Dio perciò furono abbattuti nel deserto.

Ecco, vorrei che raccogliessimo i motivi della nostra riflessione perché non basta convertirsi in termini vani e confusi: la nostra conversione a Dio dev’essere posta in termini decisi e concreti. Non basta essere nel popolo della salvezza per salvarsi, non basta ricevere i Sacramenti, dipende tutto dal modo: come sentiamo e viviamo la nostra appartenenza al popolo di Dio, come riceviamo la sua Parola e i Sacramenti che portano alla grazia. Come li riceviamo? Perché altrimenti, altrimenti noi periremo alla stessa maniera, siamo come la pianta infruttuosa. Dio è paziente, meravigliosamente paziente ma in fondo, se la pianta non produce frutto, è tagliata. Dio dà sempre delle dilazioni, meravigliose perché noi non ce le meritiamo per niente.

Ma Dio non si può prendere in giro, Dio non può essere ingannato!

Se facciamo una vita cristiana mediocre e stanca, se abbiamo una sorte di ipocrisia nella nostra vita, se non ci decidiamo ad essere veramente compresi della realtà della nostra esistenza, unita a quella di Gesù per celebrare con lui la sua morte e la sua resurrezione, tutto diventa inutile.

Ed è evidente allora che il mezzo più efficace è proprio questo senso della presenza di Dio: leggere Dio in tutti gli avvenimenti grandi e piccoli della giornata. Allora riceviamo sempre il suo messaggio, allora non siamo secondo l’espressione di Gesù “dei ciechi che guidano gli altri ciechi” (Lc 6, 39). In tutto lo dobbiamo leggere, in tutto lo dobbiamo adorare (…).

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