“UN PADRE CHE HA INSEGNATO A VIVERE E A MORIRE” GIOVANNI RICORDA DON PIETRO

Inaugurazione spazio espositivo don Pietro Margini

Giovanni Spaggiari racconta di come don Pietro Margini ha saputo accompagnarlo nel lutto per la morte della figlia Bernardette: “Lui, come padre, mi ha insegnato a vivere e a morire, perché la vita e la morte costituiscono per ogni uomo il banco di prova più difficile.”

DON PIETRO MARGINI: UN PADRE CHE HA INSEGNATO A VIVERE E A MORIRE

Lo abbiamo appena contemplato: “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14). Questo grande mistero, proclamato da Giovanni, è diventato l’imperativo del cristiano: parole che si incarnano, diventano vita e danno vita. Mi sembra di poter proprio delineare così il cuore sacerdotale di don Pietro e di tutti coloro che sono diventati la sua lettera vivente.

Ci ha generato e come padre ci ha indicato la strada. Ogni giorno di più questa consapevolezza cresce nel mio cuore: don Pietro ci ha insegnato a vivere e a morire.

La vita e la morte costituiscono per ogni uomo il banco di prova più difficile se non vengono illuminati dalla luce dell’amore di Dio e della fede. Don Pietro ci ha insegnato a camminare, tenendoci per mano, traendoci con legami di bontà; si è chinato su di noi per darci da mangiare (cfr Os 11,3-4). E così ci ha fatto capire che la vita è, sì, un impegno serio, una lotta, ma che in questa lotta il Signore ci è a fianco pronto a donarci il centuplo su questa terra e in eredità la vita eterna.

Il segreto per ottenere tutto questo? La meravigliosa realtà del Corpo Mistico che via via si è delineata nel suo cuore sacerdotale a partire dall’enciclica “Mystici Corporis”, fino alla sua definizione nei documenti conciliari. Tanto che arriverà a dire: “Se vivrete il mistero del Corpo Mistico, realizzerete sulla terra un Paradiso”.

Lo abbiamo sperimentato: Cristo ci ha reso veramente fratelli gli uni degli altri, e allo stesso tempo padri e madri nella fede. Ciascun figlio dei nostri amici è diventato nostro e ogni nostro figlio, a partire dalla nascita di Luca, figlio di Franco e di Vittoria, è stato generato dalla comunità dell’Annunciazione. Nella gioia e nel dolore “un cuore solo ed un’anima sola” (At 4,32).

Quando, ai primi di gennaio del 1981, nostra figlia Bernadette si ammalò, io e Lella abbiamo scoperto che i nostri amici di comunità amavano realmente la nostra Berni come se fosse la loro figlia, e più il tempo passava più sentivamo che questo affetto coinvolgeva sempre più tutta la comunità parrocchiale: i nostri amici storici, ma anche i giovani, i bambini, i più adulti.

Quando, dopo tre ricoveri ospedalieri a Parma, andammo a Milano e a Bernadette fu diagnosticato un tumore cerebrale che non poteva essere né asportato né irradiato, la comunità iniziò una vera e propria gara per ottenere dal Signore e dalla Madonna la grazia della guarigione. Un gruppo di giovani non esitò a recarsi a Lourdes: là uno di loro offrì la sua vita in cambio della vita di nostra figlia.

Lella mostrava tutta la sua forza di madre, sostenuta dall’affetto di tanti ma soprattutto da una fede adamantina. Per delicatezza nei miei riguardi spesso piangeva di nascosto.

Io invece piangevo tutti i giorni a Messa al momento del “Padre nostro”, perché capivo che il mio Padre Celeste e quello della Berni poteva disporre della nostra vita in modo diverso dai miei desideri e dalla mia richiesta di un miracolo. E, infatti, il 9 ottobre dello stesso anno il Signore ha voluto Bernadette accanto a sé. O meglio, come ci disse don Pietro, la sua anima pura come un giglio si era staccata dalla nostra Chiesa della terra per essere per sempre nella purissima Gioia di Dio.

Per un mese intero non andai a servire all’altare come diacono, per paura di scoppiare a piangere in qualsiasi momento, fino a quando don Pietro mi domandò: “Gianni cosa avresti augurato, nel tuo amore di padre cristiano, alla tua Bernadette perché si realizzasse nella vita?”. Gli risposi che le avrei augurato di vivere in pienezza la sua vocazione fino ad arrivare a contemplare Dio, beata, per tutta l’eternità. Don Pietro allora mi fece un dolce sorriso e mi disse di nuovo: “Caro Gianni, nel comprensibile dolore umano, sia fisico che psichico per questo distacco, non ti sembra che la Berni abbia già realizzato quello che ti auguravi per lei? Nel profondo della tua anima ci deve essere la gioia, perché lassù, tra Gesù e Maria c’è tua figlia, c’è un pezzo della tua famiglia, c’è chi avrà una preoccupazione per tutto ciò che riguarderà la tua e sua famiglia, anche per le cose di minore importanza. Ma ricorda soprattutto che Bernadette è andata ad aspettarvi, a preparare un posto per ciascuno di voi”.

Questa volta lo guardai e anch’io sorrisi, le sue parole risuonarono nel mio cuore e lenirono la mia anima. Una nuova prospettiva illuminava la mia vita. E se avevo sempre ritenuto che don Pietro ci avesse insegnato a vivere, ora comprendevo che le sue parole rischiaravano il mistero della morte e spalancavano il mio sguardo sull’eternità.

Oggi, insieme a Bernadette, contempliamo nella gloria del Paradiso tanti nostri amici. Non posso non ricordare almeno quelli che ci hanno salutato in quest’ultimo anno: la Sandra, la Lilia, la Vittoria, Umbo, Monica. A tutti questi e a tutti gli altri possiamo attribuire ciò che don Pietro scriveva, riferendosi a Bernadette: rimarranno “sempre tra noi come il segno della speranza, come l’invito a guardare in alto ed essere migliori, a superare i nostri egoismi e a volerci bene”.

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