Omelia XIII Domenica del Tempo Ordinario – ANNO C, don Pietro Margini

Omelia XIII Domenica del Tempo Ordinario. Accompagnati  dalle parole di don Pietro Margini (1917-1990), per vivere con frutto questo tempo prezioso.

Re 19, 16. 19-21; Gal 5, 1. 13-18;  Lc 9, 51-62

Abbiamo preso ulteriore coscienza di essere Chiesa, abbiamo determinato di volere essere membra attive e generose della Chiesa. La Liturgia di oggi ci presenta il come, il come essere discepoli di Gesù, perchè le regole del discipulato sono ben precise. “Si arriva alla libertà”, come dice San Paolo, “si arriva a quella libertà radiosa e forte di figli di Dio per cui non si ritorna di nuovo al giogo della schiavitù” (Gal 5, 13).

Ma le regole sono date in maniera forte e chiarissima da Gesù. Come suoi discepoli, noi dobbiamo dirigerci verso Gerusalemme cioè la nostra meta da vivere, da raggiungere: è la meta del Mistero Pasquale. Il Signore decisamente va verso Gerusalemme e sa che cosa lo aspetta: in cammino dunque verso una meta che non è segnata dai termini di questo mondo, è una meta magnifica e grande perché termina nella resurrezione, perché termina nella gloria, deve passare però attraverso la croce.

E il primo elemento forte mi sembra proprio indicato da Gesù in quello spirito di bontà e di mansuetudine che lui sottolinea per i suoi discepoli: non è venuto per fare giustizia, è venuto per salvare. Sotto il punto di vista umano se lo meritavano questi samaritani che non davano ospitalità, “ma Gesù si voltò e li rimproverò” (Lc 9, 55). È venuto a porre una redenzione, è venuto a dare un amore che gli uomini non si erano mai sognati, un amore forte e vigoroso che perdona anche ai crocefissori. Quindi il cristiano, per essere tale, deve sentire la legge dell’amore nella compassione, nel perdono, nella solidarietà, nell’aiuto, nell’umiltà di servizio.

Una seconda caratteristica vuole Gesù dai suoi discepoli: “Le volpi hanno le tane, il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (ib. 58). È il distacco forte, vigoroso e perseverante da tutti i beni della terra. Il cristiano non può servire le cose di questo mondo, il cristiano non può farsi degli idoli in questo mondo, il cristiano deve usare senza servire: non può servire alle cose di questo mondo e finire in una forma qualsiasi di avarizia. Deve servire solo il Signore, non può servire il denaro, non può servire ai possessi passeggeri, non può neanche servire al suo orgoglio, alle sue ambizioni. Non può! Chi serve al denaro ha il cuore preoccupato solo dei beni temporanei, non dei beni eterni. Chi serve al proprio orgoglio è pieno di pretese, ricco di permalosità. Chi serve al proprio orgoglio non serve i fratelli, serve solo a se stesso, cerca solo la propria gloria, cerca la propria gloria giustificandosi e ponendosi sopra degli altri, si giustifica con delle parole che sono solo, in fondo, una menzogna.

E poi un’altra caratteristica deve avere il discepolo di Gesù, è segnata nelle parole del Signore: “Concedimi di andare a seppellire mio padre”, “Lascia che i morti seppelliscano i morti” (ib. 60). Dio è il primo, Dio è l’assoluto, Dio non può essere messo dietro le altre cose. Dio è l’assoluto e bisogna servirlo con grande animo, con grande forza, con grande slancio, con grande entusiasmo! Non vuole il Signore dei discepoli tiepidi, rassegnati che trascinano una catena. Il suo giogo è leggero e se uno si fa della sua legge un peso vuol dire che non l’ha capita, vuol dire che non ha inteso quanto sia bello vivere da figli di Dio.

E un’ultima caratteristica è segnata nelle pagine di questo Vangelo: “Ti seguirò”, “Nessuno, che ha messo mano all’aratro si volta indietro.” (ib. 62). La perseveranza! Un discepolo non è una banderuola: un discepolo è uno che tutti i giorni, in tutte le circostanze, in tutti gli avvenimenti, serve il Signore. Non è un su e giù, è uno che va dritto, che tutti i giorni sa che ci sono da fare delle cose, che tutti i giorni sa che ci sono dei doveri precisi e responsabili.

Ecco, abbiamo noi questi segni? Siamo suoi discepoli. Non li abbiamo? Cerchiamo di metterli in noi e di seguire Gesù con prontezza, con umiltà, con slancio. Seguire Gesù, perché è la cosa più bella, perchè è la cosa più necessaria, perché è la cosa che dà maggiore gioia a noi e agli altri.

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