Omelia di don Luca Ferrari per l’anniversario di Umberto Roversi – 15 Aprile 2019

Anniversario della morte di Umberto Roversi

Montericco, 15 aprile 2019

Al termine di queste magnifiche 24 ore di adorazione e di riconciliazione ci ritroviamo per il più sincero e grande rendimento di grazie. Siamo sicuri di bene interpretare il desiderio di Umberto che è oggi in comunione profonda con noi.

Molti anche questa sera, educati dall’ascolto e dalla sofferenza, colgono con rinnovato stupore la conferma di quanto il Signore non ci lasci mancare mai una parola sicura. A questa possiamo appoggiare le nostre certezze: ognuno di noi è prezioso ai suoi occhi. Perciò l’Eucaristia questa sera assume un tono tanto familiare.

Un anno fa dicevamo che i segni sono preziosi, in quanto testimoniano che il Dio invisibile si rende tangibile. Oggi, ancor più, riconosciamo che la Sua Parola non è semplice affermazione di universali verità, ma espressione della sua premura per ciascuno di noi, ogni giorno.

Questa sera Gesù mostra quanto sia preziosa, nel pieno della sua passione, l’amicizia accogliente, la vera familiarità dei tre fratelli di Betania.

Un tratto tanto umano di Gesù manifesta con evidenza quanto Dio desidera essere realmente uno di noi, perché possiamo partecipare della Sua vita come Lui partecipa della nostra, con le speranze e le trepidazioni, nella gioia come nella prova.

Così Dio ci salva: “non parlando in piazza, senza gridare o alzare il tono”. Colui che ha fatto i cieli, entra nella nostra vita in punta di piedi, con dolcezza, in soave e commovente presenza. Non è il rivoluzionario politico, non l’agitatore di folle. Non sistema tutto con un colpo di spugna. Gesù, il Figlio diletto di Dio, “non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento”.

Leggiamo in questa profezia che parla del Servo sofferente di Jaweh, tratti evidenti della vita del nostro carissimo amico. Il Signore gli ha dato la capacità di organizzare ed armonizzare, grazie ad un cuore buono e generoso, intelligente e tenace. Eppure tutto questo non basta, non sempre: chi di noi non ha paura della prova?

Il cuore di Gesù in questa occasione è pieno di sentimenti di gioia, di pace e di timore per quanto sta per accadere, per il buio e le prove necessarie all’uomo per entrare nella vita eterna. Alla vigilia della sua passione, il Signore desidera fermarsi nella casa di Marta, di Maria e di Lazzaro, proprio nel luogo dove Umbo si è rivolto ai suoi giovani, con le parole che abbiamo ascoltato durante le esequie. Qui il Figlio di Dio cerca il conforto di una amicizia sincera, che non calcola, che non si risparmia.

Entriamo dunque con Lui in questo clima colmo di tenerezza. Marta è sempre pronta nel servizio, Lazzaro, sul cui sepolcro aveva pianto e che aveva risuscitato, siede accanto a Gesù. Maria cosparge i piedi di Gesù di un nardo preziosissimo e li asciuga con i suoi capelli tanto da riempire tutta la casa di quel profumo.

L’amore per Gesù, l’amicizia affettuosa e concreta, è ciò che il suo cuore cerca. Lo confesserà sempre più apertamente. “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi”. (Lc 22,15) Non insegue gli onori, non i vantaggi venali. Gli amici veri sono la sua più intima gioia, ciò per cui vale la pena vivere e morire. Lo ascolteremo tra qualche giorno: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1). Non c’è mai troppo nell’amore vero. Per Dio e anche per i fratelli. L’amore è esigente, ma è questo che cerca il nostro cuore.

Il discepolo che Gesù amava, ricorda che Giuda, l’amico che stava per tradirlo, esprimeva in quell’occasione le sue rimostranze: “Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”. Certo a posteriori quelle espressioni devono essere suonate come un sinistro presagio di ciò che stava per avvenire. Con quei soldi si potevano aiutare dei poveri. Giovanni annota che pensava così perché era ladro. Non può capire chi ha il cuore meschino e si aggrappa ad una piccola illusione di vita.

“Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”. Cosa significa questa espressione? Gesù forse si dimentica delle necessità dei poveri?

Ci insegna piuttosto cosa significa servire i poveri: il gesto di Maria che cosparge di profumo i piedi di Gesù, anticipa quanto lui stesso, tra pochi giorni, compirà una volta per sempre. Laverà i piedi dei suoi apostoli perché anche loro facciano altrettanto gli uni gli altri. Questo rialza il mondo: una comunità nella quale le persone non si scavalcano a vicenda, ma si servono reciprocamente nell’amore.

Oggi tra i più poveri ci sono tanti giovani che non sanno perché vivono e perché muoiono. Sono le famiglie che non conoscono la sorgente inesauribile del loro amore e rischiano di sciupare la propria vita e quella dei propri cari.

Quell’olio profumato è il nostro amore, la verità della nostra vita, il dono più prezioso che abbiamo. Un amore che la fede libera dalla paura e dall’egoismo, un amore che la speranza ci fa già pregustare. Non consiste perciò nel donare semplicemente qualcosa di noi o dei nostri beni. Chiede di donare noi stessi, la nostra vita con tutto ciò che le è affidato.

Ho sperimentato personalmente la grazia dell’intimità nella amicizia profonda e sincera con Umbo, che è progressivamente cresciuta fino alla sua richiesta, che il Signore ha esaudito, di essergli accanto nell’ultimo respiro terreno.

Per questo ringraziamo Chiara, la sposa amata di Umberto, che non si è chiusa nel suo dolore, che ha condiviso la sua vocazione e continua a parteciparla. Ringraziamo Luca che ha raccolto la grande eredità del Movimento Giovani.

Ascoltiamo così dalle parole di Umbo cosa ha inteso fare della sua vita: “Noi come famiglia abbiamo scelto di fare gli educatori, … abbiamo scelto fino in fondo il movimento, il servizio del movimento giovani. Una delle cose che più mi è piaciuta e più mi ha coinvolto è proprio questo, cioè la possibilità di poter lavorare in una comunione bellissima insieme ai sacerdoti. …

 

Fare l’educatore significa prendersi a cuore in tutto la vita del ragazzo. … Che cosa fanno questi educatori? La prima cosa che devono fare gli educatori è volersi bene fra di loro, questo è un altro dei passaggi nostri, … la comunione chiede vocazione, questa comunione e vocazione diventa sorgente dell’educare. La prima educazione che ricevete è vedere i vostri educatori: famiglie e sacerdoti che si aiutano e che lavorano insieme per il vostro bene. Questo per me è un aspetto magnifico del movimento giovani.” (dall’incontro con i circoli, 2015)

 

È già passato un anno dalla morte di Umberto. Tante sono le testimonianze sulla sua continua presenza. A molti di noi sembra che non si sia mai allontanato. Siamo qui per rendere grazie a Dio per il dono di un amico così, per pregare per lui come la Chiesa ci insegna, perché possa godere pienamente della visione di Dio e così prepararci un posto accanto a Maria Vergine e Madre, che tanto ha amato assieme alla sua comunità.

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