Omelia di don Luca Ferrari per le Esequie della mamma Vittoria – 13 Febbraio 2018

Il Vangelo ci porta oggi su una barca dalla quale si eleva un invito potente di Gesù. I discepoli si accorgono di aver dimenticato il pane. È l’esperienza del limite, il timore di mancare del necessario. Allora si diventa duri, cattivi, preoccupati, egoisti. Gesù perciò li ammonisce perché si guardino dal lievito dei farisei: quando ci si sente deboli, si cerca una sicurezza nel formalismo, nelle infinite preghiere, nelle ipocrisie supponenti. E il lievito di erode consiste nel voler apparire per il potere, per il ruolo dominante che si ricopre non come servizio, ma come ricerca di tutto ciò che dà un senso di potenza.

E ancora discutevano perché non avevano pane. Non comprendete ancora? Non vi è mai mancato nulla e, con me, avete avuto tutto in sovrabbondanza. Gesù ci mostra che solo un amore autentico può riempire la vita. E questo è possibile quando siamo liberi. La verità ci fa liberi. E la verità consiste nella certezza della fede. Se abbiamo con noi il Signore non manchiamo di nulla, mai. Grazie Signore per esserti fatto uomo. Grazie per la tua vita, passione, morte e risurrezione. Grazie perché lo hai fatto per noi. Grazie perché ci hai liberato dalla preoccupazione di doverci salvare da soli, dalle nostre miserie e limiti.

È questa la parola di consolazione nella quale celebriamo questo rendimento di grazie. Il Padre ci ha donato suo Figlio e la sua Madre. Perciò ringraziamo oggi per il dono della fede! Gesù vuole sostenere il dolore del distacco nella certezza che è venuto proprio per questo, per noi uomini e per la nostra salvezza. Per una speranza eterna e per una vita illuminata dalla fede. In tal modo possiamo amare Dio e i fratelli senza riserve e confini.

In quest’ora di verità sul limite della nostra vita e sulla potenza di Dio, siamo davanti alla mamma con il cuore ferito da uno strappo improvviso e doloroso, eppure portatore di serena pace e fiducia. Parlando di lei so di essere ben compreso da tutti coloro che l’hanno conosciuta ed amata.

È stata un dono prezioso della Madonna. Da tale predilezione è stata segnata fin da piccola: è stata tra i primi bimbi battezzati da don Pietro Margini. Se non le piaceva vantare primati, ne abbiamo raccolto i frutti. La mamma non ha mai mostrato aspirazione ai primi posti per lei o per noi, se non nella gioia del servizio umile e quotidiano. Dell’attenzione a tutti e a ciascuno. Di cuore.

Don Pietro è stato per lei padre, essendo stata presto privata del papà Giovanni Battista. E ne ha colto lo spirito, non cedendo ad una adesione formale o schematica ai suoi insegnamenti. Credo sia stata una figlia che ha saputo trasformare la passione forte e tanto intima in adesione totale alla missione di sposa, madre, amica e sorella capace di accogliere tutti, particolarmente quanti si sono trovati in difficoltà. Lo posso testimoniare: non mancava mai di ricordarmi tutte le persone che potevano aver bisogno di una parola, di un ascolto, di un segno di vicinanza. “Mi ha sempre guardato con occhi d’amore.” Così mi hanno riferito in tanti. Trovo qui il nucleo vero della paternità di don Pietro. Costituire una famiglia non di perfetti, ma di persone che sanno volersi bene cercando di migliorare se stessi, perdonando e passando sopra anche i più grandi torti.

Di lei don Pietro stesso così si esprimeva al termine della mia prima messa in questo luogo: “Erano i primi mesi che ero sacerdote mi presentarono una bambina. Per la Provvidenza di Dio quella bambina veniva chiamata Vittoria; eravamo nel Novembre del 1940 e non immaginavo più che sarebbe stata la madre di un sacerdote, che avrei battezzato suo figlio e che avrei celebrato la sua Ordinazione. I legami della Provvidenza, le strade della Provvidenza sono mirabili… Bisogna che noi abbiamo sempre la sicurezza di Dio che ci guida, di Dio che ci ama, di Dio che ci ama oltre ogni nostra immaginazione, ogni nostra visione. Vorrei perciò ricordare questa traccia di vita per cui la Provvidenza è grande, è meravigliosa. Dobbiamo sempre abbandonarci all’amore di Dio; nell’amore di Dio, nell’amore dei fratelli edifichiamo la nostra vita. Realizziamo perciò un ringraziamento alla famiglia, un ringraziamento a tutti quelli che hanno dato, a quelli che hanno fatto, a quelli che ancora sono disposti a fare per edificare la nostra comunità come Chiesa che prega, come Chiesa che opera, come Chiesa che si apre a tutti i problemi del mondo, come Chiesa che perciò sa trovare nella Liturgia la vetta del suo operare, la vetta del suo amare.”

La sua vita è sempre stata piena di passioni. Tra le interminabili e toccanti testimonianze che abbiamo raccolto in questi giorni, mi pare che ciascuno abbia sottolineato aspetti autentici della sua personalità: “dolcissima e dotata di una intelligenza intuitiva”, ha vissuto con tanta esuberanza. Credo che questa possa averle procurato anche battaglie interiori. La profonda sensibilità può turbare e far soffrire. Talvolta si può essere sopraffatti dall’emozione. Se ben educata diventa strumento prezioso per comprendere e accogliere tutti. Ha così accompagnato tante persone nelle condizioni più umilianti e difficili con discrezione e tenerezza.

La mamma non è stata risparmiata da prove, distacchi e incomprensioni, ma era consapevole di aver avuto una vita bella e ricca di consolazioni: uno sposo sempre fedele, tanti amici e figli ciascuno con la sua vocazione, la sua famiglia e la sua comunità. Anche i nipoti sono stati una benedizione grande e proprio in questi mesi si preparava a diventare bisnonna. Non so se sia sempre stato facile, ma la sua fede non ha mai lasciato trasparire il dubbio che Dio volesse qualcosa di diverso dal nostro bene. (cfr. Giac 1,12-16) È per questo che ha saputo farsi vicino anche alle persone attraversate dal dubbio, senza lasciarsi turbare o allontanare da Dio, trasmettendo fiducia senza far prediche. Ed ha trasmesso a noi un abbandono sereno alla volontà del Signore.

Ha stimato, rispettato e voluto molto bene al papà. Assieme a lui ha cresciuto noi figli in un grande e gioioso amore per la libertà, per la sapienza, per la bellezza, ma soprattutto nell’affetto per i fratelli. “Sono contenta e ringrazio il Signore di avere figli e nipoti normali.” Così l’ho sentita esprimersi più volte. Intendendo che non desiderava primati ed eccellenze di intelligenza o di successi. A fare la differenza non sono i titoli o le apparenze, ma il volersi bene, il lasciar fare al Signore. Fedele alla preghiera, anche sostenuta dalla dedizione del papà, non ci ha trasmesso una devozione affettata o formale, a cui mi pareva piuttosto allergica.

Come figlio sacerdote so che il debito di riconoscenza è particolarmente vivo e forte. Mi diceva un amico, che alla mamma un prete deve molto di ciò che è: rappresenta il suo angelo custode. Abbiamo ricevuto molti doni dalla Chiesa, ma l’essenziale è ciò che è stato trasmesso fin dall’infanzia dalla madre. Come Margherita, la mamma di don Bosco, anche la mia mamma ha allargato il cuore a tutti i miei confratelli e ai figli che il Signore ha suscitato nel mio sacerdozio, spesso aprendo porte dei cuori con un’accoglienza che faceva sentire tutti a casa. Altri sacerdoti mi hanno assicurato che la presenza della mamma si è approfondita da quando la madre vive nella luce piena di Dio. Ora dovrò far fruttificare ancor più questa grande eredità.

Agli amici di comunità è stata legata nel Signore così da desiderare addirittura, come ci ha manifestato in più occasioni, di acquistare una tomba di comunità. Sinceramente, dunque, per sempre legata al mistero dell’Annunciazione, ha rinnovato sino alla fine il suo “Eccomi”, vivendo senza retorica il mistero della comunità. Sempre pronta a giustificare chi faceva fatica, a cercare di ridurre ogni distanza con un sincero slancio del cuore.

Così nelle parrocchie dove ha vissuto e servito, e nella scuola dove ha insegnato con entusiasmo e competenza, ha sempre cercato di vivere come in famiglia, non lasciando nulla di intentato perché ciascuno potesse trovare il suo posto. Molti hanno testimoniato di aver trovato in lei una vera mamma, capace immediatamente di comprendere, accogliere e spronare. Così la nostra famiglia si è molto allargata.

È sempre stata perfetta dunque? Credo che non apprezzerebbe le lodi senza riserve. All’entusiasmo giovanile si può associare una forma di idealismo e di intransigenza. Non posso tuttavia nascondere che ho potuto osservare in lei una grande maturazione: via via è cresciuta in una piena carità, senza incertezze. Ed è così che ho riconosciuto il segreto di una santità quotidiana ed attraente.

Nonostante l’età la mamma è rimasta sempre giovane. Lucida e capace di prendere con apparente leggerezza e letizia anche le situazioni più faticose fino alla fine. Ed è così che la Madonna è venuta a prenderla nel giorno della sua memoria, proprio nel modo in cui ha desiderato congedarsi: senza disturbare nessuno, senza essere di peso ad alcuno, mentre si trovava insieme ai suoi cari amici durante l’incontro di comunità. Sì, le sue preghiere sono state ascoltate come segno di una vita gradita.

Quale dono straordinario è la fede! Anzitutto perché ci dona l’intima e solida certezza che la nostra vita ha un senso, una traiettoria ed un futuro eterno. Ma anche perché ogni volta che ci rivolgiamo al Signore con confidenza, Egli ci ascolta e, nella sua provvidenza, dispone per noi le cose più belle, quelle adatte a noi. Non solo per l’aldilà, dunque: la fede permette di sperimentare quanto Dio sia vicino ad ogni nostro desiderio o preoccupazione.

Possiamo così concludere con le parole dell’apostolo Giacomo nella prima lettura: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.” (Giac. 1,17-18)

Di questo insieme rendiamo grazie al Signore!

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