Tu che dormi – Omelia don Pietro Margini

II Domenica di Avvento

Tu che dormi

Is 40, 1-5. 9-11; 2 Pt 3, 8-14; Mc 1, 1-8.

La Liturgia ci presenta la figura mirabile di Giovanni Battista, colui che è incaricato da Dio di preparare la strada al Signore. La prepara attraverso la penitenza, la prepara attraverso la parola, la predicazione di penitenza, la attua attraverso il battesimo di acqua.

Bisogna che anche per noi la sua parola e il suo esempio ci aprano la strada a fare e a realizzare in pienezza quella che è la nostra disponibilità, perché abbiamo sempre paura. Noi siamo timorosi: di che cosa abbiamo paura? Abbiamo paura di farci male, di disturbarci, di prendere una strada troppo faticosa. Ma la realtà vera è che, se non facciamo penitenza, non arriviamo dove dobbiamo arrivare, non arriviamo alla comprensione della Parola di Dio e della misericordia di nostro Signore.

Abbiamo bisogno di spirito di penitenza; abbiamo bisogno di capire che, se non facciamo violenza a noi stessi, non possiamo arrivare nemmeno al primo gradino. “Sono i violenti − ha detto Gesù − che conquistano il Regno di Dio” (cfr Mt 11,12). Abbiamo bisogno di prendere con fede le cose contrarie e di superare le nostre tentazioni, perché la prima tentazione è proprio questa negligenza, questa passività, questo insistere della pigrizia, che ci lega. Abbiamo paura di fare troppo e non facciamo neanche il minimo; abbiamo paura di fare troppo e ci addormentiamo. Sorgi, tu che dormi e ti illuminerà Cristo” (cfr Ef 5,14). “Sorgi”, dice la Scrittura in questo periodo di Avvento; “Sorgi!”.

“possiamo arrivare con gioia a una meta molto grande: la nostra comunione con Gesù nel Natale.”

“Dormi: credi di essere contento quando non fai sforzo, non sei contento e ti rovini e resti indifferente di fronte ai miracoli, a tutti i miracoli della grazia. Sorgi, alzati, apprendi il linguaggio della penitenza”. Giovanni è stato grande, perché ha capito che non si arriva alla remissione dei peccati se non attraverso la penitenza. Tutti abbiamo bisogno di penitenza, tutti, e la dobbiamo affermare come una grande strada per la nostra conversione, per il bene nostro e per il bene degli altri, altrimenti l’egoismo fa strage; l’egoismo ci chiude in noi stessi, l’egoismo non ci fa capire il nostro prossimo e l’indigenza del nostro prossimo. L’egoismo e l’orgoglio gravano sulla nostra vita, sono diventati troppe volte i padroni e noi siamo allora nelle condizioni di schiavi, che ubbidiscono solo ai propri istinti. Abbiamo bisogno di penitenza, sì, lo proclamiamo. Giovanni aveva una penitenza eroica, era vestito di peli di cammello, si cibava di locuste e di miele selvatico: una vita molto aspra; è un esempio, un esempio per tutti e ci è presentato continuamente e la Liturgia ce lo magnifica più volte.

Bisogna che noi apprendiamo la sua lezione, sentiamo il peso dei nostri peccati, sentiamo la negligenza che ci impedisce tante cose buone e vogliamo decisamente cambiare. Vogliamo redimere noi stessi attraverso quelle forme penitenziali di vittoria sui nostri peccati, di fuga delle occasioni, di educazione di noi stessi, perché possiamo arrivare con gioia a una meta molto grande: la nostra comunione con Gesù nel Natale. E anche la festa di posdomani, la festa dell’Immacolata, ci deve spronare per assomigliarci alla Beata Vergine ed avere il suo aiuto.

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