Omelia nella festa del Battesimo del Signore, vescovo Massimo Camisasca

Santa Messa per il 27° anniversario della nascita al cielo di mons. Pietro Margini (centenario della nascita), fondatore del movimento Familiaris Consortio

Cattedrale di Reggio Emilia, 8 gennaio 2017

Cari fratelli e sorelle,

cari sacerdoti, consacrati e amici, figli di monsignor Pietro Margini,

siamo qui per ringraziare assieme il Signore per il grande dono che ha fatto alla sua Chiesa attraverso don Pietro.

È significativo che questo nostro ritrovarci, nel centenario della sua nascita e a 27 anni dal suo ritorno alla casa del Padre, avvenga nella festa liturgica del Battesimo del Signore.

Nel vangelo che è stato appena proclamato, infatti, ritroviamo almeno tre provocazioni che ci permettono di approfondire la nostra conoscenza di Cristo e di leggere, attraverso queste luci, anche la testimonianza di don Pietro. Quando un’anima si lascia abitare da Dio, infatti, diviene essa stessa un riflesso di quella luce divina che ci permette di entrare più profondamente nell’esperienza della divino-umanità di Gesù.

Nel Vangelo di questa festa troviamo la prima rivelazione esplicita della Trinità. Dopo che Gesù ha ricevuto il battesimo da Giovanni, dopo, cioè, aver manifestato la sua obbedienza al Padre prendendo su di sé la condizione dell’uomo peccatore, si aprono i cieli e discende su di lui, in forma sensibile, lo Spirito Santo. Il Padre fa sentire la sua voce presentando al mondo il Figlio come l’incarnazione del suo amore e della sua predilezione. Le parole del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, anticipano questa voce che attraversa il cielo: Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui (Is 42,1).

Sin dall’inizio della sua vita pubblica il Cristo si rivela a noi nella comunione con il Padre e con lo Spirito e sintetizza così la sua missione come rivelazione della comunione trinitaria.

È questa la prima grande provocazione che desidero cogliere dal Vangelo per descrivere la vita di don Pietro Margini. Egli è stato totalmente conquistato dall’amore del Signore, di cui sempre era piena la sua parola e il suo cuore. Come testimoniano tanti suoi figli, di lui si potrebbe dire ciò che è stato detto per altri grandi uomini di Dio: quando apriva la sua bocca era per parlare di Lui o per parlare con Lui. Questo essere immerso in un continuo dialogo con il Signore, dialogo alimentato da una personale ed esigente ascesi, lo ha introdotto nella bellezza della comunione e della vita comunitaria, che sulla terra ne è il segno più eloquente. Potremmo dire che il desiderio e l’esperienza della comunione siano stati la cifra fondamentale della sua opera di uomo, di sacerdote, di parroco e di direttore spirituale di tante anime che a lui si rivolgevano. Il suo cuore innamorato di Gesù e il suo continuo spendersi per la comunità di sant’Ilario d’Enza che gli era stata affidata hanno colpito e conquistato a Gesù tante persone, anche al di là dei confini della Parrocchia e della Diocesi.

Attraverso la proposta della vita comunitaria e la direzione spirituale, ha aiutato i suoi figli a scoprire la bellezza della vita, incoraggiandoli a seguire la misura alta della vita cristiana: credeva profondamente nella vocazione universale alla santità e la proponeva con una sapiente pedagogia  conducendo fuori dal carcere della mediocrità tanti giovani che, nella libertà restaurata, scoprivano di essere amati dal Signore e capaci, in Lui, di amare del Suo stesso amore. Per questo insisteva sul mistero della Chiesa quale mistico corpo di Cristo, in cui realmente la vita divina è partecipata agli uomini.

«Tutto per Dio, mai troppo per Dio», ripeteva a sé e agli altri, e così la gratuità dell’amore incontrato apriva la vita delle persone ad una generosità fervida, a non avere paura di donare a Dio il loro tempo, le loro sostanze, per partecipare attivamente alla sua opera. La comunità era per don Pietro il luogo esigente e bello in cui educare i giovani alla gioia dell’amicizia come vera e propria scuola di vocazione, per educare i fidanzati alla luminosità del loro cammino, le famiglie alla generosità feconda dell’amore, tutta la comunità a vivere la carità nella verità per realizzare un’autentica vita di comunione.

La proposta di educazione all’amore di don Pietro nasceva e si fortificava attraverso una profonda relazione con Dio e tra le persone della comunità che, sostenute dalla vita sacramentale, dalla preghiera quotidiana, dagli esercizi spirituali annuali, hanno accompagnato tanti verso la maturità della fede. Mi è caro sottolineare proprio questo tratto specifico del ministero di don Pietro, testimoniato da molte persone: la premura affinché ognuno imparasse a vivere con riconoscenza il dono dell’Eucaristia quotidiana e l’incontro assiduo con la misericordia di Dio nel sacramento della Riconciliazione. Penso che l’adorazione perpetua dell’Eucarestia inaugurata nella comunità parrocchiale di sant’Eulalia in questo centenario della nascita di don Pietro, sia un bel segno che don Pietro certamente benedice dal cielo. Adorando Gesù Eucaristia scopriamo, infatti, il cuore e l’alimentazione di ogni vera esperienza di comunione.

Attraverso il ministero di monsignor Margini nella parrocchia di sant’Ilario, il Signore ha formato gruppi di giovani, giovani sposi, comunità di famiglie, di seminaristi, la comunità tutta. «Lo stile è la comunità», diceva don Pietro. Riproponendo il modello della prima comunità apostolica, in tanti sono stati introdotti in una reale esperienza di Chiesa. Don Pietro, come ho detto, era un uomo tutto di Dio, teneramente innamorato della santa Vergine. L’intensa bellezza che scaturiva dalla sua vita piena e realizzata, ha generato e continua ancora oggi a suscitare, nel cuore di tanti giovani, il desiderio di donare tutta la propria vita in una piena conformazione a Cristo nel ministero ordinato. Come ho ricordato nella mia lettera pastorale: «All’inizio, così come è accaduto agli apostoli al seguito di Gesù, i giovani percepiranno il fascino di una vita comunitaria, l’attrattiva suscitata dalla persona di Gesù che brilla sul volto, nelle parole e nelle azioni dei loro compagni» (Vieni e vedrai, p. 60). E «beato quel giovane – diceva don Pietro – che sente la vocazione al sacerdozio…».

 Ci introduciamo così nel secondo aspetto che, a partire dal Vangelo di questa domenica, vorrei sottolineare nell’insegnamento di donMargini: l’elezione. La voce del Padre che dal cielo consacra la missione del Figlio, lo presenta come il suo eletto, l’amato. Don Pietro ha cercato, con la creatività della sua personalità, di vivere questo mistero dell’elezione e di tradurlo in sapienza pastorale. Il vangelo testimonia continuamente la dimensione elettiva della vita cristiana, nello stesso tempo l’apostolo Pietro afferma negli Atti che Dio non fa preferenze di persone (At 10,34). Come si concilia l’universalità della salvezza, l’apertura verso tutti, con l’elezione di alcuni? È una domanda centrale nella quale è necessario entrare per comprendere il metodo di Dio che anche don Pietro ha cercato di vivere.

Ognuno, nessuno escluso, è amato personalmente, proprio lui, dal Signore. Nello stesso tempo l’esperienza autentica di questo amore preferenziale introduce nella missione di Cristo, venuto per raggiungere tutti gli uomini. Si comprende allora che lo scopo dell’elezione, così come lo scopo dell’amicizia, dell’amore o di qualsiasi altro rapporto preferenziale, è il raggiungimento di tutti gli uomini e le donne. È questo che la storia della salvezza ci testimonia a partire dall’elezione di Abramo, di Israele, degli apostoli che nel tempo diviene, in coloro che hanno scoperto e vivono l’amore di Dio, segno visibile della promessa divina “in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gn 12, 3b). È  questo in fondo il segreto della vita comunitaria: la Chiesa è il mistico corpo di Cristo, comunità di comunità, in cui ciascuno può esistenzialmente fare esperienza dell’essere eletto in Cristo e dell’essere per altri strumento di elezione.

Nell’educazione e valorizzazione di tante vocazioni laicali e soprattutto nella scelta di piccole comunità che partecipano della grande vita della Chiesa, don Pietro Margini ha visto il contesto per creare nel mondo spazi di libertà, di educazione, di fraternità e di amicizia, spazi in cui educare alla fedeltà e al perdono. Sono molto spesso le piccole comunità a sostenere, anche nascostamente, la grande storia dell’umanità e della Chiesa. Auspico che in ogni piccola comunità la presenza del Signore, promessa a coloro che si riuniscono nel Suo nome, possa sempre essere strumento di vera conversione, affinché le naturali fragilità umane possano divenire motivo di beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3).

Un’ultima provocazione voglio cogliere dalla festa del Battesimo di Gesù per descrivere l’opera pastorale di don Pietro. Nel Vangelo troviamo la figura immensa del Battista, voce di colui che grida nel deserto, maestro perenne di tutti coloro che indicano con la loro vita il Signore presente. Il Battista, come lo definisce Jean Daniélou (cfr. J. Daniélou, Il mistero dell’Avvento), è innanzitutto l’uomo della gioia. Fin dal grembo di sua madre sussulta di gioia per la presenza di Gesù. Tutta la sua vita è stata una continua attesa dello Sposo a cui consegnare coloro che egli aveva preparato alla Sua venuta.

È questo il compito di ogni comunità e, prima ancora, di ogni cristiano, soprattutto di ogni sacerdote. Don Pietro Margini ha incarnato in modo mirabile tutto ciò nella sua vita di pastore. Nei suoi abbondanti insegnamenti, molti dei quali oggi disponibili a tutti, troviamo un invito del Signore all’autentica gioia cristiana. Come il Battista, sapeva essere voce potente e forte del Signore operando scelte coraggiose ed appassionate e mantenendole, con pazienza e fede, anche di fronte a tante incomprensioni. Scelte lontane dalla mentalità mondana nella formazione e nell’educazione dei giovani e delle famiglie all’amore e alla bellezza della vita di comunione. «Il matrimonio cristiano – scrive papa Francesco nell’Amoris Laetitia (AL 66) – è un segno che non solo indica quanto Cristo ha amato la sua Chiesa nell’alleanza sigillata sulla croce, ma rende presente tale amore nella comunione degli sposi» (AL 66). Don Pietro ha saputo riconoscere l’importanza di una educazione comunitaria alla vocazione matrimoniale, in profonda unità con la vocazione alla verginità e, in particolare, al sacerdozio. Si è reso conto, in tempi per certi versi ancora apparentemente permeati dalla cultura cristiana, della progressiva scristianizzazione della società e di conseguenza della necessità, per i cristiani, e in particolare per le famiglie, di vivere assieme per sostenersi reciprocamente nella vocazione.

In questo centenario della nascita di don Pietro auspico che la sua figura e il suo pensiero vengano riscoperti e meditati e che il movimento da lui nato approfondisca i motivi di gratitudine e di edificazione ecclesiale. Tutto ciò esige la passione per l’unità. La storia della Chiesa insegna che non è possibile una vera unità tra i figli di un padre a cui il Signore ha donato un carisma particolare, se questa non è vissuta nell’umiltà e nel continuo confronto con il pensiero del fondatore. Certo, ciò che Dio suscita attraverso coloro che Egli sceglie va spesso ben al di là delle intenzioni e della stessa coscienza di coloro che sono scelti. Per questo, senza snaturare il pensiero di don Pietro, è necessario tuttavia riconoscere in ciò che da lui è nato e negli sviluppi che ha avuto, l’opera di Dio che continua a maturare sotto i nostri occhi. Per vivere la tensione tra questi due poli – la fedeltà al carisma originario, testimoniato dagli scritti e da coloro che hanno condiviso da vicino la vita di don Pietro, e la disponibilità a seguire le strade attraverso cui oggi Dio permette che tale carisma continui la sua vita – occorre una maturità di fede da chiedere continuamente nella preghiera. Chi riconosce in don Pietro un padre è chiamato ad essere segno di comunione, innanzitutto nel movimento, e poi in tutta la nostra Chiesa.

Alla B.V. del Monte Carmelo, a cui fu affidato il piccolo Pietro dalla madre che lo portava nel grembo, affido questi desideri assieme a tutti voi. Andate avanti, con umiltà e fiducia, senza scoraggiarvi per le fatiche che la comunione vissuta e testimoniata esige. Il vescovo vi vuole bene e vi segue con affetto.

Amen.

 

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