Il Rosario preghiera meravigliosa!

RALLEGRATI, MARIA, PIENA DI GRAZIA! TESTI DI RIFLESSIONE SULLA PREGHIERA DEL ROSARIO

GIOVANNI PAOLO II. Angelus Domenica, 29 ottobre 1978

Cari Fratelli e Sorelle.

Ecco che c’incontriamo di nuovo come una settimana fa per recitare insieme l’Angelus. È passata presto questa settimana, ricca di importanti incontri e visite.

Oggi, ultima domenica di ottobre, desidero attirare la vostra attenzione sul Rosario. Ottobre infatti è in tutta la Chiesa il mese dedicato al Rosario.

Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. In questa preghiera ripetiamo molte volte le parole che la Vergine Maria udì dall’Arcangelo e dalla sua parente Elisabetta. A queste parole si associa tutta la Chiesa. Si può dire che il Rosario è, in certo modo, un commento-preghiera dell’ultimo capitolo della Costituzione Lumen Gentium del Vaticano II, capitolo che tratta della mirabile presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa. Difatti, sullo sfondo delle parole “Ave, Maria”, passano davanti agli occhi dell’anima i principali episodi della vita di Gesù Cristo. Essi si compongono nell’insieme dei misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, e ci mettono in comunione viva con Gesù attraverso – potremmo dire – il Cuore della sua Madre. Nello stesso tempo il nostro cuore può racchiudere in queste decine del Rosario tutti i fatti che compongono la vita dell’individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesa e dell’umanità. Vicende personali e quelle del prossimo, e in modo particolare di coloro che ci sono più vicini, che ci stanno più a cuore. Così la semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana.

Durante le ultime settimane ho avuto modo di incontrare molte persone, rappresentanti di varie nazioni e di ambienti diversi, come pure di varie chiese e comunità cristiane. Voglio assicurare che non ho mancato di tradurre questi rapporti nel linguaggio della preghiera del Rosario, perché tutti potessero ritrovarsi nel cuore della preghiera che dà a tutto una piena dimensione.

In queste ultime settimane ho avuto, come pure la Santa Sede, numerose prove di benevolenza da parte degli uomini di tutto il mondo. La mia gratitudine voglio tradurla in decine del Rosario per poter esprimerla in preghiera, oltre che in un modo umano; in questa preghiera così semplice e così ricca. Esorto tutti cordialmente a recitarla.

Ieri pomeriggio sono stato nelle grotte della Basilica Vaticana a celebrare la Messa per il trigesimo della morte del mio Predecessore, Papa Giovanni Paolo I; e ieri ricorreva – come ben sapete – anche il ventesimo anniversario dell’elezione di Papa Giovanni XXIII, la cui figura paterna è sempre viva nel cuore dei fedeli.

Giovanni XXIII è stato un papa che ha molto amato e che è stato immensamente amato. Ricordiamolo nella preghiera e, soprattutto, cerchiamo di mettere in pratica la preziosa eredità degli insegnamenti che egli ci ha lasciato con la sua parola, col suo esempio di fedeltà alla tradizione e di aggiornamento, con la sua vita e con la sua pia morte.

Monica Ferrari e Giovanni Paolo Rabitti: il nostro si per sempre: 7 Ottobre 2018

Sposi della piccola comunità “Cristo Gesù Vero Dio e Vero Uomo”

Siamo Giovanni Paolo e Monica, 31 e 28 anni, santilariesi dalla nascita, sposi dal 2018 e da due anni genitori di Nicole. La nostra famiglia fa parte della piccola comunità “Cristo Gesù Vero Dio e Vero Uomo”.

Per noi il 7 ottobre è una data importante, non solo perché è la festa della Beata Vergine del Rosario ma anche perché è il giorno del nostro matrimonio.  Per questo ci è stato chiesto di raccontare perché abbiamo scelto questa data per il giorno in cui è nata la nostra famiglia.

Per prepararci al fidanzamento (2016) su suggerimento del nostro amico e direttore spirituale, abbiamo scelto due misteri del rosario che ci aiutassero a vivere la promessa alla quale ci stavamo avvicinando.

I misteri scelti furono: la Resurrezione, sulla quale fondare la nostra fede e l’Annunciazione per farci aiutare da Maria a imitare il suo coraggio e la sua forza nelle decisioni importanti della nostra vita insieme. Questa scelta è stata per noi  fondamentale perché ci ha accompagnato nel fidanzamento per crescere nella preghiera e nella costanza della recita del rosario; di conseguenza abbiamo scelto la festa del 7 ottobre per affidare a Maria il nostro matrimonio.

Durante quattro anni di vita insieme, abbiamo sempre sentito la protezione della Madonna nella preghiera, nelle grazie ricevute e soprattutto per fare ordine nel nostro rapporto nei momenti in cui la quotidianità ci scuote e ci distoglie dai nostri propositi.

L’affidamento a Lei ha significato rimanere sulle sue orme, che ci hanno preparato al matrimonio, cercando di imitarla nelle virtù caratteristiche dell’Annunciazione: Pazienza,  Docilità e Fortezza.

Umbo*(Umberto Roversi), nei suoi Pensieri scriveva: “I misteri del Rosario descrivono in modo chiaro e completo le dinamiche più belle dell’amicizia e ci aiutano nella comprensione di questo prezioso tesoro. La verità dell’amicizia la ritroviamo in tutti i misteri del Rosario.”

Questo pensiero ci fa riflettere e tornare ogni volta all’essenza del nostro rapporto.

Ci sorprende quanto il nostro affidamento alla Beata Vergine del Rosario ci stia accompagnando nella vita matrimoniale.

PAPA FRANCESCO – Veglia di preghiera in occasione del Giubileo Mariano, 08.10.2016

Cari fratelli e sorelle,

in questa Veglia abbiamo ripercorso i momenti fondamentali della vita di Gesù, in compagnia di Maria. Con la mente e il cuore siamo andati ai giorni del compimento della missione di Cristo nel mondo. La Risurrezione come segno dell’amore estremo del Padre che tutto riporta in vita e come anticipo della nostra condizione futura. L’Ascensione come condivisione della gloria del Padre, dove anche la nostra umanità trova un posto privilegiato. La Pentecoste, espressione della missione della Chiesa nella storia, fino alla fine dei tempi, sotto la guida dello Spirito Santo. Negli ultimi due misteri, inoltre, abbiamo contemplato la Vergine Maria nella gloria del Cielo, lei che fin dai primi secoli è stata invocata come Madre della Misericordia.

La preghiera del Rosario è, per molti aspetti, la sintesi della storia della misericordia di Dio che si trasforma in storia di salvezza per quanti si lasciano plasmare dalla grazia. I misteri che passano dinanzi a noi sono gesti concreti nei quali si sviluppa l’agire di Dio nei nostri confronti. Attraverso la preghiera e la meditazione della vita di Gesù Cristo, noi rivediamo il suo volto misericordioso che va incontro a tutti nelle varie necessità della vita. Maria ci accompagna in questo cammino, indicando il Figlio che irradia la misericordia stessa del Padre. Lei è davvero l’Odigitria, la Madre che indica il percorso che siamo chiamati a compiere per essere veri discepoli di Gesù. In ogni mistero del Rosario la sentiamo vicina a noi e la contempliamo come prima discepola di suo Figlio, la quale mette in pratica la volontà del Padre (cfr Lc 8,19-21).

La preghiera del Rosario non ci allontana dalle preoccupazioni della vita; al contrario, ci chiede di incarnarci nella storia di tutti i giorni per saper cogliere i segni della presenza di Cristo in mezzo a noi. Ogni volta che contempliamo un momento, un mistero della vita di Cristo, siamo invitati a riconoscere in quale modo Dio entra nella nostra vita, per poi accoglierlo e seguirlo. Scopriamo così la via che ci porta a seguire Cristo nel servizio ai fratelli. Accogliendo e assimilando dentro di noi alcuni avvenimenti salienti della vita di Gesù, noi partecipiamo alla sua opera di evangelizzazione perché il Regno di Dio cresca e si diffonda nel mondo. Siamo discepoli, ma anche missionari e portatori di Cristo, là dove Lui ci chiede di essere presente. Pertanto, non possiamo rinchiudere il dono della sua presenza dentro di noi. Al contrario, siamo chiamati a partecipare a tutti il suo amore, la sua tenerezza, la sua bontà, la sua misericordia. È la gioia della condivisione che non si ferma dinanzi a nulla, perché porta un annuncio di liberazione e di salvezza.

Maria ci permette di comprendere che cosa significa essere discepoli di Cristo. Lei, da sempre prescelta per essere la Madre, ha imparato a farsi discepola. Il suo primo atto è stato quello di porsi in ascolto di Dio. Ha obbedito all’annuncio dell’Angelo e ha aperto il suo cuore per accogliere il mistero della maternità divina. Ha seguito Gesù, mettendosi in ascolto di ogni parola che usciva dalla sua bocca (cfr Mc 3,31-35); ha conservato tutto nel suo cuore (cfr Lc 2,19) ed è diventata memoria vivente dei segni compiuti dal Figlio di Dio per suscitare la nostra fede.

Tuttavia, non basta soltanto ascoltare. Questo è certamente il primo passo, ma poi l’ascolto ha bisogno di tradursi in azione concreta. Il discepolo, infatti, mette la sua vita al servizio del Vangelo. È così che la Vergine Maria si recò subito da Elisabetta per aiutarla nella sua gravidanza (cfr Lc 1,39-56); a Betlemme diede alla luce il Figlio di Dio (cfr Lc 2,1-7); a Cana si prese cura di due giovani sposi (cfr Gv 2,1-11); sul Golgota non indietreggiò davanti al dolore ma rimase sotto la croce di Gesù e, per sua volontà, divenne Madre della Chiesa (cfr Gv 19,25-27); dopo la Risurrezione, rincuorò gli Apostoli riuniti nel cenacolo in attesa dello Spirito Santo, che li trasformò in coraggiosi araldi del Vangelo (cfr At 1,14). In tutta la sua vita, Maria ha realizzato quanto è chiesto alla Chiesa di compiere in memoria perenne di Cristo. Nella sua fede, vediamo come aprire la porta del nostro cuore per obbedire a Dio; nella sua abnegazione, scopriamo quanto dobbiamo essere attenti alle necessità degli altri; nelle sue lacrime, troviamo la forza per consolare quanti sono nel dolore. In ognuno di questi momenti, Maria esprime la ricchezza della divina misericordia, che va incontro ad ognuno nelle necessità quotidiane.

Invochiamo questa sera la nostra tenera Madre del cielo, con la più antica preghiera con cui i cristiani si rivolgevano a Lei, soprattutto nei momenti di difficoltà e di martirio. Invochiamola nella certezza di essere soccorsi dalla sua materna misericordia, perché Lei, “gloriosa e benedetta”, possa essere protezione, aiuto e benedizione per ogni giorno della nostra vita:

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

DON ANDREA VOLTA – Beata Colei che ha creduto

sacerdote della “Comunità Sacerdotale Familiaris Consortio”

Beata colei che ha creduto (Lc 1,44)

All’inizio di un nuovo anno, ciascuno di noi è portato a considerare tutte le attese, i timori e le speranze che si animano nel cuore: sempre la vita ci riserva doni e prove, occasioni di bene e situazioni in cui fare i conti con i nostri limiti.

Così, è significativo iniziare un nuovo anno accompagnati intimamente dalla dolcezza di una madre: non siamo soli, abbandonati allo scorrere degli eventi, ma Maria, proprio nel suo riconoscersi piccola, ci aiuta ad affermare il primato della Misericordia di Dio che guida e accompagna tutta la storia umana.

In modo particolare la preghiera del Rosario ci dona la possibilità di sollevare lo sguardo, perché ci indica la strada per affidarci in ogni dimensione della nostra vita: lodando e ringraziando per le gioie, attraverso i misteri gaudiosi; contemplando la presenza del Signore nel mondo, con i misteri luminosi; attraversando il senso delle sofferenze e portando la nostra croce, con i misteri dolorosi; infine, orientando il nostro cuore alla comunione del cielo, con i misteri gloriosi.

Davvero la maternità di Maria può essere quel balsamo che ci aiuta a far sì che ogni circostanza sia aperta al Signore, a quel frutto prezioso che Egli vuole aiutarci a maturare.

Così, la prima beatitudine presente nel vangelo di Luca, rivolta a Maria da Elisabetta, diventa una promessa reale per ognuno di noi: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”.

DON PIETRO MARGINI – Catechesi mese Maggio, 02/05/1988

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Meditiamo sul rosario, perché il mese di maggio è un’offerta alla Madonna nel rosario.

Il rosario bisogna dirlo bene, bisogna dirlo con fede, bisogna dirlo con umiltà, bisogna dirlo con attenzione, bisogna dirlo con amore. Vorrei che soprattutto su questo termine «amore» meditassimo molto, perché il rosario è tutto uno svolgersi delle opere dell’amore. Tutta la vita di Gesù e di Maria è stata motivata dall’amore, dall’amore al Padre Celeste, dall’amore per la salvezza degli uomini sia nel mistero del gaudio, sia nel mistero del dolore, sia nel mistero della gloria. Tutto per noi, per nostro amore. E se dicessimo il rosario senza amore, sarebbe un ben povero rosario, un povero rosario detto per consuetudine, per altri motivi inferiori.

Il rosario dobbiamo vederlo così, in una contemplazione intensa, fervida, generosa, in una contemplazione che ci porti la persona di Gesù, la persona di Maria con le loro misericordie. Noi, infatti, non contempliamo un fatto, contempliamo una persona e vogliamo attuare un incontro di persona, proprio nell’amore perché il Signore, per salvarci, non ci ha mandato una cosa grande, ci ha mandato la persona del suo Figlio. E la Madonna ha collaborato in un’intensa comunione di fede.

Oh, sì, cerchiamo di suscitare in noi l’amore vero, attraverso una vivacità di fede, una vivacità d’impegno.

Ci proporremo allora, meditando il rosario, di meditare l’amore del Cuore di Gesù e l’amore del Cuore di Maria per noi. Ogni mistero sia una ricerca di questa vera motivazione, di questa carità che supera ogni altra carità. E questo sarà il nostro primo fioretto del mese di maggio, quello di entrare nel rosario con amore.

UMBERTO ROVERSI – Pensieri Notturni

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Nell’ultimo mese in ospedale mi è capitato di riflettere su questi temi davanti all’icona della Madonna che avevo sempre di fronte al letto. Ho intuito una bellissima corrispondenza tra i misteri del Santo Rosario e il mistero della comunione, o ancor meglio il mistero dell’amicizia. L’amicizia: questa grande parola sventolata ed inserita ormai ovunque. Quanto l’ho capita fino in fondo? Quanto ci sono entrato nelle viscere più profonde e vere? Quanto, invece, me la sono costruita a mio piacimento? Mi ha sempre smosso dentro questa questione, soprattutto da quando ho scelto la comunità, perché intuisci che è centrale. Molte situazioni che vivi, soprattutto le più faticose, ti riportano sempre lì. Mi è parso così evidente: i misteri del Rosario descrivono in modo chiaro e completo le dinamiche più belle dell’amicizia e ci aiutano nella comprensione di questo prezioso tesoro. La verità dell’amicizia la ritroviamo in tutti i misteri del Rosario. Tutti insieme, inseparabilmente. Se ne perdiamo anche solo uno, salta tutto; scimmiottiamo altro, andiamo fuori strada, ci rimane in mano una bella parola che non riusciamo ad afferrare e rischia pure di farci del male. Sarebbe bello poter spaziare largamente su questo tema perché mi pare decisivo anche per la nostra felicità. Condivido solo alcuni passaggi, in cui ritrovo la mia storia. Tutto ha inizio quando cresce nel tuo cuore il desiderio di altro, oltre a te stesso. Questo ti smuove: cominci a cercare, a metterti in gioco con altre persone. E sperimenti una serie di dinamiche molto  differenti, passando spesso da semplici frequentazioni, superficialità, vuoti. Poi, trovi qualcuno che capisci che è speciale, che intercetta delle corde particolari, con cui senti di poter costruire qualcosa di più. Inizi a viaggiare su una lunghezza d’onda diversa, ad aprirti al mondo dell’interiorità. Si traduce immediatamente nella gioia di ritrovarsi, nell’immediatezza della comunicazione, nel piacere della presenza in quanto tale. E quando si inserisce il Signore, allora nasce l‘Amicizia e si aprono delle porte magnifiche: la presenza con noi e in noi di Dio è la forma più alta dell’amicizia: è l’Amicizia. Allora siamo finalmente proiettati nei misteri Gaudiosi. Il bello di visitarsi, di cercarsi, di imparare a conoscersi, di crescere nella confidenza, fino a manifestare pubblicamente la gioia di un dono ricevuto che riempie il cuore. Poi vengono i misteri luminosi, dove mi sembra che lo Spirito soffi più forte. È il momento in cui l’acqua si trasforma in vino, in cui sei sul Tabor e riesci a vedere la grandezza di questa chiamata, in cui capisci da dove scaturisce e dove ti devi ancorare: il Regno e l’Eucarestia. È il momento in cui sei inondato di grazia, viaggi ad un metro da terra… e senti che vuoi stare lì, per sempre. Amicizia è ricerca assieme della verità, è camminare fianco a fianco verso una meta, un bene. Su questo tema don Pietro è maestro sapiente e volentieri attingo e metto insieme alcune frasi dai suoi pensieri, perché non trovo a riguardo parole più vere e profonde. “L’amicizia cristiana è un saper dare e un saper ricevere: è un saper dare nello Spirito Santo, è un saper ricevere nello Spirito Santo. Perché i cristiani non si donano solo dei beni umani, pur grandi e preziosi, ma si donano dei doni soprannaturali”10. “L’amicizia è data da Dio e conduce a Dio”11. “Ci mettiamo insieme per crescere nella santità”12. “Bisogna che l’amicizia si saldi così, nella carità di Cristo. […]. Non è amore quello che non costa; si dimostra l’amore quando l’essere fedeli costa del sacrificio, ed è offerta, ed è dono che si prende dall’altare e si comunica”13. “Due amici parlano, colloquiano; due amici si scambiano le impressioni, le idee e il loro dialogo diventa sempre più intimo. Sanno che realizzando l’amicizia apriranno una strada magnifica verso Dio, una strada magnifica, piena di cose belle, piena di cose sante; e pregano! Pregano per restare tutti e due sempre sotto la guida dello Spirito Santo, per restare tutti e due sensibili a quegli indirizzi che lo Spirito Santo abbondantemente darà. Pregano insieme perché sanno che senza l’aiuto dei Signore non riusciranno, che, senza l’aiuto dei Signore per loro il cammino diventerebbe non solo difficile, ma impossibile. È con l’aiuto di Dio che si fa tutto.”14. Quanto è importante aver chiari questi fondamenti! Ogni tanto bisogna tornarseli a leggere per fissarli bene nel cuore e verificare seriamente come sto vivendo le mie amicizie. Il criterio allora non è quanto ci corrispondiamo, quanto siamo affini, da quanto tempo ci conosciamo; a volte questo può diventare persino un ostacolo verso una comunione più profonda. L’amicizia deve rilanciare in avanti il proprio e altrui cammino, essere stimolo a vivere e realizzare la propria vocazione alla santità. È bello e incoraggiante vedere come su questi ideali nascono delle amicizie inaspettate tra persone che non si conoscevano fino a qualche tempo prima, che non hanno quindi condiviso nulla nel proprio passato e nella propria giovinezza. Anche io posso testimoniare e godere di questa fortuna. Se viviamo così, allora il frutto dell’amicizia non può rimanere nascosto, perché al di là di quello che si vede deve fecondare ed essere lievito per altri. Si tratta di una sfida meravigliosa ma anche difficile, perché in campo ci sono tutti i nostri limiti e le nostre povertà. Entriamo quindi nei misteri dolorosi. Se non li consideriamo, se non li comprendiamo, se non ci prepariamo, spesso salta il banco. Perché arrivano sempre, perché sono in tutte le dinamiche della nostra vita. Non ne siamo preservati dai due misteri precedenti. Ci sono croci che uniscono, che rafforzano i legami, fanno crescere insieme nella fede: il condividere una preoccupazione, una sofferenza, una malattia. Ci sono croci invece che annientano: sono le ferite che ci infliggiamo tra di noi. L’amicizia non ce le risparmia perché è il luogo in cui ci mettiamo più a nudo, in cui siamo più esposti ed in cui escono tutte le nostre povertà. L’amicizia le porta in serbo, spesso le amplifica, lasciando un segno indelebile: il non sentirsi corrisposti, capiti, valorizzati; il sentirsi giudicati, offesi, umiliati. Nella vita di comunità e di famiglia le parole negative, taglienti, hanno il potere di far chiudere ognuno in se stesso e di spegnere ogni confidenza e clima fraterno. Le ho viste tutte queste dinamiche e viene naturale rifiutarle, allontanarsi, scappare da quella relazione – anche di una vita! – mantenendone una formalità esteriore e vuota, ma rinunciando di fatto alla sostanza. Sempre don Pietro ci ricorda: “Se l’amicizia è così preziosa e benedetta, perché c’è tanta poca amicizia? C’è tanta poca amicizia perché tendiamo all’egoismo, siamo impastati di egoismo, siamo immersi nell’egoismo e la nostra sensibilità alle volte non ci porta che alla pretesa e all’invidia”15. Dobbiamo tenere sempre presente che l’amicizia “è il luogo della conversione […], è il luogo dove il Signore ci ha chiamato per darci la possibilità della conversione. […]. Se deve essere luogo di conversione, allora costa sempre. […]. Dobbiamo volerci bene, volerci molto bene e saperci perdonare fino in fondo i nostri difetti. Non si sta in comunità tenendo le nostre idee e giudicando gli altri se fanno come pensiamo noi, se meritano perché acconsentono alle nostre proposte. […]. Dobbiamo unirci nella carità piena e totale, carità fatta di pazienza, di umiltà, fatta di chi sa di essere l’ultimo e sta in fondo. La comunità è il banchetto in cui uno si mette in fondo perché sa che il suo posto è in fondo!”16. Suor Faustina nel suo diario dice “Oh come tutto attira l’uomo verso terra; ma una fede viva mantiene l’anima in una sfera più alta, ed assegna all’amor proprio il posto che gli spetta, cioè l’ultimo”. Questo è il cuore dell’amicizia, è l’essenza di quanto scegliamo di vivere ordinariamente nella vocazione alla comunione e nella piccola comunità.

La malattia mi ha fatto fare un’esperienza speciale dell’umiltà: l’umiliazione. Quella da cui non puoi scappare anche se vorresti, davanti a tutti e in mille modi: nell’ambiente in cui vivi, nel lavoro, con gli amici, con mia moglie, con mio figlio. Papa Francesco in una recente omelia ha detto: “Non c’è vera umiltà senza umiliazione, e se tu non sei capace di tollerare, di portare sulle spalle un’umiliazione, tu non sei umile ma fai finta. Sempre c’è la tentazione di lottare contro quello che ci calunnia, contro quello che ci fa l’umiliazione, che ci fa passare vergogna. La strada è quella di Gesù, portare le umiliazioni in speranza17. Ed è proprio così!

A partire dall’umiliazione ho fatto l’esperienza più vera dei misteri gloriosi, grazie in particolare alla testimonianza di Chiara che mi mostra ogni giorno cosa significa morire all’altro. Mi fa respirare a pieni polmoni del significato autentico della presenza, della delicatezza, della cura, della comunione spirituale. Senza chiedere nulla. Il dono senza riserve della vita compie questo miracolo, riscatta le nostre povertà e le nostre ferite, le purifica e le eleva come offerta gradita a Dio. Questo è il miracolo dell’amicizia, strumento di conversione ed esperienza di autentica risurrezione. Quando scegliamo di non sfuggire dalla croce, ma di viverla a tutto dono. Quando mettiamo da parte l’io e spalanchiamo le porte all’altro. Quando stiamo sempre nell’amore: l’amicizia di Gesù non è stata fermata nemmeno dal tradimento.

L’umiltà consiste nel farsi piccoli non per qualche necessità o utilità personale, ma per innalzare gli altri. Per ora ho trovato solo un modo per riuscire ad attingere a qualche goccia di questa autentica conversione: tenere caldo il cuore vicino al Signore e a Maria. Solo così tutti i nodi si sciolgono. Solo così riceviamo dallo Spirto il dono di una carità fervida e di un’umiltà che ci apre all’altro. Il prossimo diventa veramente fino in fondo «prossimo», perché lo porto con me nel cuore anche quando sono solo con Dio e con me stesso. Il prossimo solo così diventa mio intimo. La comunione nella preghiera riduce tutte le distanze, perfino quelle fisiche.

Se giochiamo fino in fondo questa impegnativa partita con l’amico, allora tutto il resto il Signore ce lo dà gratis. Tutti i frutti meravigliosi dell’amicizia, quello che vediamo bello e desiderabile quando abbracciamo questa strada, arrivano in abbondanza e gratis.Quando stiamo nell’amore e nel dono, dopo i misteri dolorosi arrivano sempre i misteri gloriosi.

10 DON PIETRO MARGINI, Catechesi vespertina, 17 dicembre 1978.

11 DON PIETRO MARGINI, Corso dei Fidanzati, 28 marzo 1983.

12 DON PIETRO MARGINI, Esercizi spirituali predicati ai Diaconi, 12-14 agosto 1989, VIII meditazione.

13 DON PIETRO MARGINI, Omelia, 13 agosto 1986.

14 DON PIETRO MARGINI, Corso dei Fidanzati, 28 marzo 1983.

15 DON PIETRO MARGINI, Corso dei Fidanzati, 28 marzo 1983.

16 DON PIETRO MARGINI, Esercizi spirituali predicati ai Diaconi, 12-14 agosto 1989, VIII meditazione.

17 FRANCESCO, Omelia, 29 gennaio 2018.

DON PIETRO MARGINI – Catechesi mese Maggio, 11/05/1988

www.donpietromargini.it

Arrivata, dopo il lungo viaggio, Maria saluta Elisabetta. La saluta nello Spirito Santo, la saluta con molta cordialità e con molta umiltà. Ed Elisabetta “fu piena di Spirito Santo” (Lc 1,41).

Oh, come dobbiamo invocare anche noi questo saluto di Maria! Che ci saluti la “Benedetta” (Lc 1,42), che ci saluti la Madre del Signore, che ci saluti la nostra Avvocata!

Quanto abbiamo bisogno del suo intervento! Ed è proprio il suo intervento quello che rinnova i prodigi della Pentecoste. Bisogna che noi ci meritiamo questo saluto, che ci meritiamo la Beata Vergine. Abbassi su di noi il suo sguardo perché da soli non realizziamo. Non realizziamo né sul piano individuale, nella nostra vera spiritualità, né sul piano familiare, né sul piano comunitario. Senza Maria noi siamo veramente poveri. La chiamiamo con il titolo di «Mediatrice». Il titolo dice che tra noi e Gesù c’è Lei che media, c’è Lei che intercede, c’è Lei che porta, c’è Lei che ci rende propizio Gesù.

La devozione alla Beata Vergine Mediatrice è una devozione molto, molto intelligente, perché esprime una grande verità da vivere: che noi dobbiamo essere aiutati da Lei e Lei, se ci saluta, ci porta lo Spirito Santo, ci porta il coraggio, ci porta la perseveranza, ci porta la pace.

Troppe volte siamo tentati di essere inquieti, ansiosi, preoccupati, tristi oltre misura e la vita diventa più pesante, la vita diventa più dura, diventa un peso che ci sembra insopportabile. C’è Maria vicino a noi, c’è Maria Mediatrice delle grazie. È Lei che ci dà le grazie di Gesù, è Lei che ci sta vicino con l’affetto e con l’ausilio di madre. Ha la tenerezza della madre, ha la previdenza che la grazia dello Spirito Santo le ha fornito. Prevede, sa le nostre debolezze, sa le nostre povertà. Affidarci a Lei e domandarle ogni giorno la sua benedizione. Tutte le mattine che iniziamo una giornata, iniziamola chiedendo la sua benedizione.

Sia questo il proposito che facciamo per domani: meritare la benedizione della Madonna, invocare questa benedizione con tutto il cuore, essere più sereni sapendo che Lei ci è vicina.

CRISTINA MASINI ED ENRICO BENEDETTI – Il rosario del venerdì sera

Sposi della piccola comunità “Il cenacolo”

“La Santa Vergine è il mezzo di cui Nostro Signore si è servito per venire a noi, ed è anche il mezzo di cui noi dobbiamo servirci per andare a lui”  (San Luigi Maria Grignon de Montfort).

Fin dall’inizio della nostra storia di coppia abbiamo avuto una chiara intuizione: per riuscire a stare vicino a Gesù avevamo bisogno di stare vicino a Maria! Chi, meglio di Lei, avrebbe saputo indicarci la strada, darci il giusto conforto, intercedere per noi presso Suo figlio? Il Rosario è diventato fin da subito uno dei momenti più importanti della nostra giornata, condiviso anche con gli amici e recitato spesso sulla collina di San Polo, sotto una bellissima Maestà che domina tutta la città di Sassuolo. In particolare il venerdì sera, prima di uscire, ci incontravamo con alcuni amici a San Polo per il Rosario…all’inizio eravamo in pochi, poi via via sempre di più. lo stile del nostro stare insieme piano piano cambiò, l’amicizia divenne più forte; l’incontro con Maria ci aiutava a non far scadere le nostre uscite nella banalità o in noiose perdite di tempo. A Maria affidavamo tutto: le nostre vite, la nostra coppia, le nostre amicizie, la nostra parrocchia. Le chiedevamo di starci vicina e di custodire la nostra giovinezza. Le chiedevamo di farci entrare sempre più in intimità con Gesù. Abbiamo raccolto tanti frutti e ottenuto tante grazie in quegli anni per mano di Maria.

Oggi molti di noi sono sposati e hanno una loro famiglia, alcuni sono sacerdoti e risiedono nelle rispettive parrocchie.

Durante il lock down è maturato in noi il desiderio di tornare a condividere con tanti amici questa potente preghiera, non solo nel mese di Maggio, ma anche ordinariamente nel corso dell’anno. Non appena è stato possibile, abbiamo iniziato a ritrovarci ogni venerdì sera a San Polo davanti alla piccola chiesetta dedicata a Maria, voluta da don Alfonso Ugolini, per poi iniziare la salita a piedi alla Maestà recitando il Rosario e proseguire verso la croce situata sul “passo stretto” nel punto più alto della collina. Anche simbolicamente la nostra ascesa parte da Maria per arrivare a Gesù ! Il nostro rosario itinerante non si è mai fermato, ne’ con la pioggia, ne’ con il vento, ne’ con il ghiaccio e la neve. Si sono uniti a noi famiglie e bambini e abbiamo portato nella preghiera tante intenzioni che ci sono state affidate. Ancora una volta abbiamo toccato con mano la bellezza della preghiera corale a Maria, che unendoci sempre di più nell’amicizia spirituale, ci aiuta a guardare in alto e a unirci a Lui.

Per conoscere di più su don Pietro Margini, fondatore del Movimento Familiaris Consortio, visita il sito.

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