Quaresima 2021 con don Pietro Margini

Adulti

La piccola comunità di famiglie “Magnificat” ha preparato un libretto, consultabile quotidianamente sul sito e scaricabile, grazie al quale saremo accompagnati giorno per giorno nel cammino verso la Pasqua dalle parole di don Pietro Margini. Potremo anche unirci gli uni gli altri nella preghiera grazie alle intenzioni quotidiane proposte da alcune piccole comunità di famiglie del Movimento Familiaris Consortio: “Corpus Domini”, “Nozze di Cana”, “San Filippo Neri”, “Maria Regina”, “Amici dello Sposo”, “Resurrezione”, “Trasfigurazione”. Il Movimento Familiaris Consortio ringrazia per questo sussidio e augura a tutte le piccole comunità una buona quaresima.

Mercoledì delle Ceneri

17/02/2021

Gl 2,12-18; 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.

Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Cominciamo con forza questo cammino quaresimale. Poniamoci a disposizione dello Spirito Santo per potere rivedere bene la nostra vita, fare propositi di vita, fare propositi di amore, cercare di fare la volontà di Dio. La Quaresima è conversione, la Quaresima è rinnovazione, perché abbiamo bisogno di abbandonare i nostri peccati, di vincere i nostri difetti, di darci più sicuramente al bene.

La Vergine Santa in quest’anno mariano ci sarà particolarmente vicina. Lei ci indica Gesù: “Fate quello che Egli vi dirà”. Ripete la sua parola che è parola di Madre, che è parola di intelligenza soprannaturale. “Fate quello che vi dirà Gesù”. È la Madonna che ci vuole suoi discepoli nello studiare Gesù, nell’imitare Gesù.

L’ascolteremo in questa Quaresima. Ascolteremo giorno per giorno l’indicazione che Lei ci dà: la virtù di Gesù, gli esempi adorabili che ci ha dato, le sue parole, tutto!

Fin da questa sera ci dice con forza: guardate a Gesù, il grande penitente. Nessuno ha fatto tanta penitenza come Gesù. Lui, l’Agnello immacolato, non aveva commesso, non poteva commettere nessun peccato, ma ha fatto penitenza per noi. Una dura penitenza. Dalla grotta di Betlemme fino al Calvario è stato tutto una terribile penitenza. Una penitenza di amore: era l’amore al Padre che lo spingeva a riparare il peccato. Era l’amore all’umanità, ad ognuno di noi, che voleva salvare e con la sua penitenza ci ripete che “se non fate penitenza perirete tutti”. Abbiamo bisogno di capire il valore della penitenza, per espiare i nostri peccati, per saperci comandare e dominare, per saper vincere le cattive tendenze che ci spingono al disordine.

Imparare da Gesù una penitenza vera, una penitenza santa perché dettata dall’amore, una penitenza energica perché il lavoro va fatto in completezza. Guardiamo a Gesù il grande penitente e impariamo così giorno per giorno a vincere le nostre difficoltà, a vincere i nostri difetti, a vincere le nostre ricadute, a purificarci mediante uno sforzo. Perché la penitenza è sforzo che sa anche soffrire, la penitenza è sforzo per poter avere il cuore più adatto, per poter essere tutti del Signore.

La Madonna fa eco la parola di Gesù; la Madonna ha detto a Lourdes: “Penitenza, penitenza, penitenza!”. Lo ha ripetuto a Fatima. Abbiamo bisogno di ascoltare e di non spaventarci, perché ci trattiamo sempre troppo bene, abbiamo paura di farci male e così ci facciamo un grande male perché non siamo padroni di noi stessi, perché non siamo padroni delle nostre energie, ma è l’istinto, il comodo, l’orgoglio che ci domina.

Chiediamo questa grazia: la grazia di essere dei penitenti, dei veri penitenti; senza compiere delle grandi cose, sappiamo vincere con la penitenza di ogni giorno, con la mortificazione, con quel digiuno che è digiuno dalle nostre cattive abitudini, è il digiuno dai mezzi che tentano di lacerare la nostra unione con Dio. Le Ceneri che ci metteremo sul capo siano il simbolo ed esprimano la nostra volontà di penitenza perché siamo polvere e in polvere ritorneremo.

dPM, Omelia Mercoledì delle Ceneri, 17/02/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo il Signore perché ci renda degni della sua ricompensa eterna, attraverso il prezioso dono dell’umiltà.

Giovedì dopo le Ceneri

18/02/2021

Dt 30,15-50; Lc 9,22-25

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Con l’aiuto della Beata Vergine dobbiamo imparare da Gesù, stasera, una sapienza, una grande sapienza: quella della Croce.

Che cosa vuol dire saper prendere ogni giorno la propria croce? Vuol dire imparare che c’è una battaglia da compiere: è una battaglia che non cessa per tutta la vita, è la battaglia della vittoria su se stessi, del capire che secondo le parole del Signore è necessario rinnegare se stessi, cioè è necessario superare le proprie passioni, l’attaccamento al piacere, a quei difetti che sbocciano proprio nella idolatria di noi stessi.

Perseguire una strada che sembra dura ma è bella, che sembra difficile ma è piena di vera e intima gioia. Vincere se stessi, vincersi in quella parte che va sconfitta, perché il cristiano pensa al Paradiso e indirizza tutte le cose al Paradiso; non si ferma alla terra, non spera nella terra. Sa che la sua strada è quella: è la strada di Gesù, è la strada che devono percorrere tutti i discepoli di Gesù. Bisogna che noi guardiamo quello che ha ostacolato di più fino adesso la nostra unione col Signore. Cosa è che ci ha legato, impedito, o alle volte addirittura incatenato? Per cui abbiamo detto di amare il Signore e non lo abbiamo amato; abbiamo detto al Signore che speravamo in Lui, invece abbiamo sperato nelle cose di questa terra.

Vedere bene dove dunque deve attuarsi la nostra conversione. Una conversione che deve essere conversione di amore. Il Signore ha salvato il mondo con un apparente fallimento: è finito su una croce; è stato deriso fino in fondo. Sotto la croce gridavano: “Se veramente sei Figlio di Dio, distaccati da questa croce e noi crederemo in te”. Il Signore lo poteva fare e non lo ha fatto. È apparso sconfitto, ma era invece la sua vittoria totale. E ci ha insegnato a vincere così, a vincere mortificando noi stessi, superando i nostri egoismi, realizzando l’umiltà vera del cuore. Il Signore ci ha insegnato e ha ripetuto per tutte le anime l’invito: partecipare alla sua Redenzione.

Unisciti a Gesù per redimere te stesso e per aiutare gli altri a redimersi. Mortifica le tue voglie sregolate e troverai molta pace del cuore.

dPM, Omelia, Giovedì dopo le Ceneri – 18/02/1988

Intenzione di Preghiera

Ti affidiamo Signore le nostre vite; aiutaci ogni giorno ad avere un cuore generoso e sincero per seguirti e testimoniare il tuo grande amore. Donaci la capacità di aiutare il prossimo con carità, mettendo da parte il nostro egoismo.

Venerdì dopo le Ceneri

19/02/2021

Is 58,1-9; Mt 9,14-15

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».

E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

 

 

Il Signore ci insegna stasera come deve essere e che senso deve avere il nostro digiuno, la nostra penitenza, la nostra mortificazione.

Il digiuno è una forma di penitenza, è un distacco, e noi dobbiamo meditare molto in questa Quaresima sul necessario distacco.

Digiunare vuol dire astenersi. E sono tante le cose che ci legano alla terra; sono tanti i piaceri che si accumulano contro il nostro spirito.

Digiunare vuol dire staccarsi dalle creature per unirsi più facilmente a Dio. Tutta la Quaresima deve essere un anelito verso Dio, perché dobbiamo avere sete e fame di Lui. Dobbiamo sentire il bisogno di star molto uniti a Lui, di comunicare a Lui, di avere i sentimenti che Lui vuole che sviluppiamo, perché altrimenti non contano le preghiere, non contano i gesti. Il nostro cuore resterebbe ancorato alla terra, schiavo delle proprio passioni. Tutto ciò, che in qualche maniera tenta di impedirci l’unione con Dio, dobbiamo scartarlo.

Dobbiamo digiunare dal nostro orgoglio, dobbiamo digiunare dalle nostre passioni, dobbiamo digiunare dalle nostre voglie sregolate e sbagliate. Dobbiamo saper digiunare e vivere come ci ha detto Gesù, perché noi dobbiamo sempre entrare nella festa che è possedere Lui.

“Possono forse gli invitati a nozze digiunare?”; noi siamo gli invitati. Gli invitati ad essere con Gesù e con Gesù entrare nel seno stesso della Trinità, e con Gesù avere voglia di tutte le cose belle e sante. Gesù ci ha insegnato la volontà del Padre, Gesù ci ha insegnato la preghiera al Padre, Gesù ci ha insegnato ad essere il vero Regno di Dio. È su questo che dobbiamo insistere.

Ecco perché gradiremo le mortificazioni, le vorremo, le ameremo, perché sono un mezzo di sanità, un mezzo con il quale trionfiamo delle nostre voglie sbagliate. Cercare Dio. Anelare a Dio. Volere solo Lui. Impegnarci sempre in Lui.

Se guardiamo le nostre preghiere così poco desiderose di Dio, se guardiamo i nostri atti di religione tante volte esteriori e vacui, se noi guardiamo la nostra vita preoccupata più dell’umano che del divino, ecco…: digiunare dall’umano per avere più divino, per avere tanto divino, per partecipare più intensamente alla bellezza, alla bontà, alla misericordia di Dio.

dPM, Omelia Venerdì dopo le Ceneri – 19/02/1988

 

 

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perché, attraverso la pratica del digiuno, sappiamo elevare il nostro spirito a Dio.

Sabato dopo le Ceneri

20/02/2021

Is 58,9-14; Lc 5,27-32

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.

Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa.

C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola.

I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?».

Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».

C’è un versetto di un salmo che indica bene quello che dobbiamo fare in questa vita e quello che faremo nell’eternità. “Io canterò – dice il salmo – le misericordie del Signore”. Cantare la misericordia è capire, è penetrare, è ammirare, è gridare, perché noi peccatori abbiamo la sua misericordia, perché noi peccatori siamo circondati dal suo amore, dalla sua tenerezza, dalla sua opera continua.

Non è solo Matteo che è stato chiamato; Gesù non ha solo avvicinato i peccatori del suo tempo.

È una continua opera di misericordia che esercita su di noi, un’opera mirabile, grandissima. La sua opera è opera della sua sapienza: quanto è intelligente il suo piano su di noi! La sua opera è opera di pazienza: quanta perseveranza di amore ha fatto per ognuno di noi! “Ecco io sto alla tua porta e busso. Aprimi!”. È un’opera della sua infinita tenerezza perché ci ama di un amore inesprimibile.

Dobbiamo sempre avere presente: noi siamo stati salvati dal suo tormento, dalla sua croce, dalla sua morte. Il Signore sarebbe pronto a rinnovare tanto supplizio se uno di noi fosse stato escluso.

Quindi dobbiamo cercare di meditare su questa continua misericordia e così evitare – evitare con forza! – di abusare di tanto dono.

Se ci ama così, rispondiamo come Matteo: subito! Rispondiamo come i peccatori che intessevano con Lui una relazione di profonda amicizia. Andiamo con fortezza, con umiltà; sempre, tutte le volte che abbiamo mancato, andiamo da Lui: troveremo sempre il suo cuore. Il cuore di Gesù, scrutato fino in fondo dal cuore di Maria, è proprio il nostro rifugio, è proprio la nostra consolazione, è proprio la nostra pace. “Oh Cuore di Gesù, vittima dei peccatori, salvaci dal peccato, fa’ che non ripetiamo i nostri crimini con tanta leggerezza, con tanta stupidità, perché è vero: abusare della tua misericordia è un crimine, è una cosa orribile! Dobbiamo invece entrare nella tua misericordia, vivere di questa misericordia, progredire nella corrispondenza piena, totale, umile”.

Attuare così la nostra conversione e vivere nella sua pace, nella sua gioia.

dPM, Omelia Sabato dopo le Ceneri – 20/02/1988

Intenzione di Preghiera

Consapevoli delle nostre tante mancanze e debolezze, ringraziamo il Signore per il dono della sua misericordia e preghiamo affinché ci aiuti a perdonare, amare e non giudicare il nostro prossimo.

I Domenica Tempo di Quaresima

21/02/2021

Gn 9, 8-15; 1 Pt 3, 18-22; Mc 1, 12-15

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

La Quaresima ci ricorda come vivere la vita cristiana che è combattimento, un combattimento spirituale, una difesa e un attacco.

Nessuno è senza tentazioni. La condizione dell’uomo su questa terra è di essere tentato. Si è tentati al peccato, si è tentati alla mediocrità, si è tentati all’indifferenza, si è tentati alla fuga. Troppi fuggono, hanno paura di affrontare la realtà e preferiscono disertare.

Il senso della vita è quello di essere prova: dobbiamo dimostrare al Signore il nostro amore e dobbiamo dimostrarglielo vincendo i nemici dello Spirito, vincendo le tentazioni del demonio, gli allettamenti della carne e del mondo.

Dobbiamo vincere, questa è la grande parola. E se ci costa, se ci sentiamo tribolati, sappiamo che è la stessa condizione della nostra vita, per cui non dobbiamo meravigliarci.

Bisogna che guardiamo a Gesù nostro modello; bisogna che guardiamo a Lui e sentiamo come vincere.

Prima di tutto dobbiamo conoscere bene i nostri pericoli e le nostre tentazioni. Chi dice di non avere tentazioni, è in una grande, forte, tentazione. Dobbiamo conoscere le nostre tentazioni: tutti i tentativi che ci sono di non fare la volontà di Dio, di fuggire le nostre responsabilità, di credere che siano indispensabili delle cose che non lo sono.

La vita cristiana deve seguire Gesù e la strada è solo quella lì. Tutto quello che tende a differenziarci da Gesù, a falsare i suoi insegnamenti, è tentazione insidiosa. La legge è la legge delle Beatitudini. Le dobbiamo ricordare e meditare in questa Quaresima le otto Beatitudini, cominciando dalla prima: “Beati i poveri in spirito perchè di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). Dobbiamo allora capire che la nostra speranza non può essere in questa terra e nelle cose di questa terra; la nostra speranza deve essere nei cieli e tutto ci deve condurre a un pellegrinaggio terreno sereno e forte, a un pellegrinaggio che ci faccia crescere nell’amore di Dio e nel desiderio delle cose celesti.

Impariamo perciò a meditare ogni giorno la parola di Dio e ad applicarla alla nostra vita; impariamo ogni giorno ad attingere forza dalla preghiera, dal contatto vivo con il Signore; impariamo a mortificare le nostre passioni che ci tirano verso il male e compiamo le opere di penitenza con umiltà e con perseveranza; impariamo che la carità fraterna è ciò che piace di più al Signore, è ciò che ci attira maggiormente la sua misericordia.

Riempiamo la nostra vita di bene in modo che non ci resti posto per il male; riempiamo la nostra vita di amore perchè non ci resti spazio per altro sentimento; riempiamo la nostra giornata di opere buone, sapendo che finché abbiamo tempo possiamo fare delle cose che durano l’eternità.

Impegniamoci con molta energia a migliorare la nostra condotta, a vincere le nostre difficoltà, a dare al Signore tutto il nostro cuore.

dPM, Omelia I Domenica Tempo di Quaresima, 21/02/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo affinché il Signore ci conceda sempre l’intelligenza di riconoscere, anche nella fatica, i suoi doni e le sue grazie.

Lunedì I settimana Tempo di Quaresima

22/02/2021

1Pt 5,1-4; Mt 16,13-19

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

La Chiesa, la vera Chiesa fondata su Pietro; la Chiesa, il capolavoro di Gesù. Un capolavoro di amore. Per amore Gesù si è sacrificato per la sua Chiesa e vuole che nell’amore si edifichi la Chiesa. Pensiamo bene: non ha voluto solo che i suoi potessero dirsi fratelli, li ha voluti come membra dello stesso suo Corpo.

La Chiesa è il Corpo vivo e operante di Cristo. La Chiesa è una meraviglia perché l’anima della Chiesa è lo Spirito Santo. È nello Spirito che ci sentiamo legati insieme, che sentiamo come la nostra vera identità si pronuncia proprio nella carità: il volerci bene.

“Amatevi come io vi ho amato”, ha detto il Signore. Proprio come lui. Tutta la Chiesa è come lui. Il funzionare della Chiesa nella meraviglia di una carità totale. È per questo che ci ha esortato. È per questo che ci ha voluti nel suo mirabile piano di salvezza, ci ha voluti pieni da carità e di amore.

Per un cristiano non c’è né «simpatico» né «antipatico»; per un cristiano non c’è considerazione e non-considerazione secondo il momento. Noi non dobbiamo amare quando ci pare; non dobbiamo amare le persone perché lo meritano; non dobbiamo amare per egoismo e mossi da interesse. Ci dobbiamo amare perché il Signore ci ha amato e ci ha voluto insieme e ci ha voluto partecipi dell’unico pane e dell’unico calice nel sacrificio della messa. Noi dobbiamo amarci molto.

Lo scandalo che diamo al mondo è terribile se non ci amiamo.

Amiamoci con forza, amiamoci con umiltà, amiamoci con continuità, amiamoci proprio così, sentendo che in questo diamo gloria a Dio e realizziamo noi stessi.

La Chiesa è fondata su Pietro, martire, capo della Chiesa, che ha dato il sangue anche lui per la Chiesa, per i suoi fratelli. Realizziamoci nella parrocchia come veramente uniti, veramente forti, veramente ricchi di speranza perché tutto sia nella gloria e nella misericordia del Signore.

dPM, Omelia Lunedì I settimana TdQ, 22/02/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per il Papa, per sostenerlo nella missione che ogni giorno riceve dal Signore.

Martedì I settimana Tempo di Quaresima

23/02/2021

Is 55,10-11; Mt 6,7-15

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.

Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno,

sia fatta la tua volontà,

come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

e rimetti a noi i nostri debiti

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e non abbandonarci alla tentazione,

ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Gesù è stato un mirabile esempio di preghiera: una meravigliosa preghiera di amore al Padre, una preghiera di intercessione per noi. E ci ha voluto insegnare, perché imparare la preghiera è una delle cose fondamentali della vita. Si impara a vivere se si impara a pregare.

Troppi si accontentano di una preghiera informe e vuota, di una preghiera fatta di formule, fatta di sentimenti vaghi e imprecisi.

Dobbiamo imparare a pregare perché è il fondamento di tutta la nostra costruzione.

Come dunque ci dobbiamo rivolgere a Dio? Ci dobbiamo rivolgere nella coscienza di essere figli.

Dobbiamo infatti dire: “Padre nostro”. Essere tutti figli di Dio, perché ci rivolgiamo a lui come il Padre di tutti, quello che custodisce l’umanità, quello che vuole il bene di ogni singola sua creatura. Dobbiamo accrescere la nostra confidenza, perché rivolgendoci a un padre, al Padre più tenero, più buono, infinitamente amabile, deve sbocciare nel nostro cuore la confidenza. Una confidenza totale, perché nella fede vogliamo essere completamente persuasi che la nostra voce è ascoltata, che la nostra voce trova il consenso meraviglioso e forte.

Dobbiamo, ancora, pregare con viva attenzione e preghiera. Nella preghiera dobbiamo darci a Dio, dobbiamo consegnare a lui la nostra intelligenza, la nostra volontà, perché la nostra preghiera diventi ascolto, ascolto della sua volontà, sicurezza di camminare bene nella vita quando facciamo quello che lui desidera.

La Vergine Santissima – dopo Gesù – ha avuto la preghiera più bella. A lei dobbiamo rivolgerci perché formi le nostre vere espressioni, perché ci suggerisca i sentimenti, perché ci dia l’espansione vera del cuore. Donarci al Signore e donarci in pienezza.

Non una preghiera quindi egoistica (pregare per ottenere unicamente dei beni materiali), non una preghiera cieca (che non vede quello che si deve esprimere), non una preghiera chiusa e rattrappita, ma una preghiera libera, santa, espressione completa di amore filiale.

La nostra preghiera deve essere amore che corrisponde al suo amore; deve essere confidenza che corrisponde alla sua provvidenza.

In questa Quaresima impegniamoci a migliorare la nostra preghiera. La Quaresima è il tempo della preghiera: silenzio interiore, umiltà e tanto desiderio di esprimere il nostro amore al Signore.

dPM, Omelia Martedì I settimana TdQ, 23/02/1988

Intenzione di Preghiera

Per le famiglie giovani, perché sappiano rispondere con generosità e fiducia a ciò che il Signore chiede loro. Non manchi il vino della gioia.

Mercoledì I settimana Tempo di Quaresima

24/02/2021

Gio 3,1-10; Lc 11,29-32

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:

«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.

Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.

Nel giorno del  giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

La nostra felicità del tempo e dell’eternità è legata a fare la volontà di Dio. Il Signore vuole non un’obbedienza da schiavi, ma un amore di figli. Ciò che ci comanda Lui è per il nostro bene. È un Padre totalmente sollecito per il nostro profitto, per la nostra pace. Il Signore ci ama. E tutto quello che fa lo fa per amore, perché essenzialmente Dio è amore, Dio è amore ed è misericordia. E va con forza verso le sue creature. E tanto più una creatura è debole e povera tanto più il Signore riversa il suo amore e la sua provvidenza.

È per questo che dobbiamo adorare la volontà di Dio, anche quando la volontà di Dio chiede dei sacrifici da noi, chiede della penitenza, perché la chiede per il nostro vero ed eterno bene.

Il Signore non ha piacere del nostro dolore, della nostra afflizione. Il Signore vuole la nostra vera gioia. Se permette il dolore, se permette la pena, se vuole da noi la penitenza dei peccati, è per attirarci in una vita più ricca, più bella, più profonda.

Ecco perché dobbiamo adorare sempre ogni volontà di Dio, ogni suo desiderio, ogni sua domanda. Se ci domanda qualche cosa, è per darci in una larghezza infinita.

Cerchiamo perciò in questo tempo di Quaresima di vedere le facili nostre debolezze: quando, per la lusinga di una cosa che piace, siamo tentati a lasciare la legge di Dio, a lasciare il suo beneplacito. Stiamo bene attenti a questo inganno del demonio: per un piacere momentaneo, molte volte tanto discutibile, ci vuol fare perdere la vera pace, la vera tranquillità, il vero profitto.

L’inganno del peccato è l’inganno che parte dal demonio, padre della menzogna.

Quanto dobbiamo cercare di essere accorti di questa sapienza della vera fede. Guardare a Dio, fidarsi di Dio e compiere tutte quelle cose che ci assicurano una maggiore fedeltà alla sua legge che è sempre tanta, tanta espressione di amore. Un amore grande, fervido, che non ci lascia mai, perché vuole portarci nel seno stesso della Trinità.

dPM, Omelia Mercoledì I settimana TdQ, 24/02/1988

Intenzione di Preghiera

Per il movimento e per chi lo guida. Perché siamo disponibili  allo Spirito Santo e invochiamo il dono della sapienza.

Giovedì I settimana Tempo di Quaresima

25/02/2021

Est 14,1. 3-5. 12-14; Mt 7,7-12

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti».

Sono di grande consolazione le parole di Gesù, che ci assicura sulla nostra preghiera. Ci assicura che Lui porta la preghiera al Padre e che, perciò, la nostra preghiera ha un grande potere: “Chiedete e vi sarà dato”.

Nota quindi, o anima fedele, quanto è grande la tua sicurezza! Parlo proprio ad ogni singola anima, a quell’anima che mette la sua sicurezza nella fede, che vuol vivere di fede, che vuol progredire nella fede.

Ogni anima deve sentire che non c’è un gemito, che non c’è una parola, che non c’è un sospiro, che non c’è un desiderio che venga escluso. Il Padre vede, il Padre ascolta, perché il Padre ama. Ecco, è la grande sicurezza: il Padre ci ama, e ha mandato lo Spirito, lo Spirito dell’amore, a insegnarci a pregare. E ci ha dato lo Spirito Santo che è nel nostro cuore perché possiamo presentare delle preghiere degne di essere esaudite. Perché è vero che non sappiamo pregare, perché è vero che cerchiamo delle cose che non dobbiamo cercare; e, quando cerchiamo bene, tante volte sbagliamo nel modo: abbiamo un modo puerile, un modo superficiale, un modo astratto dalle nostre vere necessità.

Saper pregare è lo sforzo primo di ogni anima. Saper pregare, perché se sappiamo pregare abbiamo tutto. Abbiamo la sicurezza, abbiamo la gioia, abbiamo l’abbondanza della grazia.

Dobbiamo perciò in questa liturgia porci con molta umiltà e ripetere la parola che dicevano gli Apostoli: “Signore, insegnaci a pregare”; insegnaci, perché possiamo bussare bene, perché la porta venga aperta. Dobbiamo cercare il tuo beneplacito, dobbiamo cercare il tuo regno, dobbiamo cercare la vera nostra santità, dobbiamo cercare il bene e la salvezza del prossimo.

In tutte le messe Gesù si presenta a noi come nostro mediatore e intercessore. Uniamoci veramente a lui, e in questa Quaresima insistiamo per una partecipazione più profonda, più viva ad ogni messa, perché la messa è la grande meravigliosa preghiera. È la preghiera di tutta la Chiesa, ma ogni anima trova in questa preghiera comune la sua vera identità e i suoi veri interessi.

Pregare con la messa. Pregare, e avere molta, tanta unione con le intenzioni di Gesù per la salvezza nostra e del mondo intero.

dPM, Omelia Giovedì I settimana TdQ, 25/02/1988

Intenzione di Preghiera

“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.”

Preghiamo perché lo Spirito Santo ci educhi nel chiedere, ci sostenga nella ricerca e ci indichi dove investire i nostri sforzi.

Venerdì I settimana Tempo di Quaresima

26/02/2021

Ez 18,21-28; Mt 5,20-26

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: Pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Il Signore ci avverte che non basta una qualsiasi carità. Ci dice: “Se non supererete gli scribi e i farisei non entrerete nel Regno dei cieli”. Il prossimo va amato perché il Signore ce lo comanda, perché nel prossimo dobbiamo vedere l’immagine meravigliosa di Gesù; il prossimo va amato nella sua esigenza ultima di comprensione, di delicatezza, di impegno.

Non quindi una carità qualsiasi. Il cristiano non si ferma alla beneficenza. Non si ferma a certe linee di solidarietà. Il cristiano va oltre; la sua carità prende l’esempio dalla carità Dio Gesù, dal suo amore così tenero, fiducioso e grande. Il Signore ci ha amato e ci ha amato col sacrificio della vita; il Signore ci ha amato individualmente, e ognuno di noi è compreso e capito da Lui, è aiutato da Lui. Ci è vicino nei nostri dolori e ci è vicino nelle nostre gioie, ci è vicino nei nostri pericoli e ci è vicino in tutti gli atti della vita di ogni giorno.

E ha detto: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore. Ama il tuo prossimo come te stesso”. In questa somiglianza dell’amore sta la perfezione. Dobbiamo amare come ama il Padre celeste. Dobbiamo amare prendendo esempio dal sacrificio di Gesù, prendendo esempio e coraggio proprio nello stile di Gesù. Dobbiamo sapere vincere quindi tutte le forme del nostro egoismo.

La carità non è un sentimento passeggero. La carità è veramente una grazia di Dio, una meravigliosa e grande grazia di Dio: è il Signore che ci dona, se lo vogliamo, di amare a sua somiglianza, di essere buoni, delicati, generosi e di saper sempre perdonare.

Uno sviluppo di amore e uno sviluppo di perfezione e uno sviluppo di completezza di vita cristiana. Sappiamo dunque voler bene soprattutto a quelli che sono sempre vicino a noi: la carità nella famiglia è una cosa meravigliosa che dobbiamo ottenere dal Signore.

Volerci bene. Volerci sempre bene. Volerci bene come ci vuole bene Gesù.

dPM, Omelia Venerdì I settimana TdQ, 26/02/1988

Intenzione di Preghiera

Per i malati, per le loro famiglie e per il personale medico sanitario, perché in un periodo dove sono state tante le sofferenze del corpo e dello spirito possano affidarsi a Gesù e trovare sollievo e consolazione.

Sabato I settimana Tempo di Quaresima

27/02/2021

Dt 26,16-19; Mt 5,43-48

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.

Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?

Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Gesù è venuto sulla terra per perdonare, per perdonare in una magnificenza di amore. Li ha amati tutti gli uomini, e tutti erano peccatori; li ha amati ed è diventato disponibile per tutti, non escludendo nessuno.

Ha perdonato i suoi numerosi nemici, ha perdonato anche quando una logica strettamente umana avrebbe rifiutato qualsiasi approccio. Ha perdonato.

E noi dobbiamo guardare a Lui come al nostro modello. Ha perdonato a Pietro e l’ha fatto capo della Chiesa. Ha perdonato a Giuda e lo ha chiamato “amico”, si è lasciato baciare nell’atto del tradimento. Ha perdonato al ladrone che prima lo oltraggiava e l’ha portato subito in Paradiso.

Oh, il Cuore di Gesù! Un cuore così meraviglioso nell’amore, così pronto, così disposto a perdonarci. Cos’è la nostra vita, se non un bisogno continuo del suo perdono?

Tante volte abbiamo detto di essere pentiti e poi abbiamo ripetuto i peccati, tante, tante forme di indifferenza o di tradimento. E il Signore ci perdona sempre. Neanche un secondo aspetta a perdonarci! Nel momento stesso in cui presentiamo il nostro dolore lui perdona!

Ecco l’esempio che dobbiamo sempre tenere davanti e dobbiamo tenerlo con ferrea volontà. Ha perdonato e si è dato. La sua anima è stata creata per noi. Il suo Corpo è stato dato per noi. E lo ricordiamo in ogni messa: dato, immolato per noi. Il suo Sangue è stato sparso per noi.

Così si perdona: donando! Così si perdona: beneficando! Così si perdona: dimenticando! Quanto dobbiamo imparare questa carità così ricca, così forte, così grande! E come dobbiamo escludere dal cuore nostro i risentimenti, dalla bocca nostra le parole amare, i gesti di impazienza e di intolleranza. Così ha fatto Gesù, così dobbiamo fare noi.

Ci ha dato l’esempio di come si supera ogni nostra remora, ogni nostro indugio. E ci ha indicato il Padre celeste che fa sorgere il sole sui buoni e cattivi, e fa piovere sui buoni e sui cattivi. “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro”, ci ha detto. E proprio in Lui troviamo la grande meravigliosa forza per cui sappiamo amare sempre, amare per Iddio, non per i meriti del nostro prossimo, ma per Iddio. La nostra carità deve essere una carità amplissima, spalancata, una carità che non conosce termini. “Quante volte devo perdonare al mio prossimo? Sette volte?”; “No, settanta volte sette”, sempre! Le sue parole siano veramente la guida e la luce del nostro cammino.

dPM, Omelia Sabato I settimana TdQ, 27/02/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per il movimento giovani, che sia terreno fecondo per tutti i ragazzi in ricerca di relazioni autentiche che scaturiscono dall’incontro con Te.

II Domenica Tempo di Quaresima

28/02/2021

Gn 22,1-2. 9,10-13. 15-18; Rm 8,31-34; Mc 9, 2-10

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Adoriamo Gesù nel mistero della Trasfigurazione. Si è trasfigurato per noi, per darci una potente speranza di gloria. Nel tempo di Quaresima ci chiediamo particolarmente il perchè della mortificazione, il perchè della penitenza, il perchè della lotta quotidiana.

Il Signore Gesù ci risponde; aveva detto: “Era necessario che il Figlio dell’uomo soffrisse prima di entrare nella gloria” (Cfr. Lc 24,26).

La vita presente è prova; la vita presente è sofferenza, è sofferenza alle volte più acuta, alle volte più lieve ma è sempre sofferenza di lotta. E davanti al mistero del dolore, chi è colpito, ripete, quasi inconsciamente: “Perchè? Perchè a me? Perchè io devo soffrire tanto? Perchè? È forse un castigo il dolore? Ho forse fatto più peccati di un altro?”.

Gesù risponde a tutti quelli che soffrono e ripete la parola: è necessario che questa vita sia presa nel senso di prova, di dimostrazione di amore, perchè il vero amore l’amore grande si manifesta a Dio nella sofferenza, nell’accettare questa condizione di lotta, nel non sgomentarci di fronte alle prove che arrivano e arrivano numerose. Non sgomentarci!

Il cristiano che ha fede vede nel dolore il metro dell’amore. La sofferenza di Gesù è stata per amore al Padre e per amore ai fratelli, ed è stata durissima. E Gesù con l’anima sua così delicata, con il suo corpo così perfetto, ha sofferto più di tutti; Lui, l’Agnello innocente, ha sofferto per amore a noi, per salvarci.

Chi soffre deve unirsi a Gesù, deve avere le stesse intenzioni di Gesù, deve saper esprimere quella volontà di amore per cui la vita diventa allora mezzo di salvezza, diventa mezzo di amore, diventa mezzo di gloria.

Animiamoci dunque a saper offrire le nostre sofferenze, sia quelle straordinarie che quelle ordinarie, il peso della vita quotidiana, il peso del dovere, il peso delle incomprensioni. Cerchiamo di non smarrirci mai e sappiamo valorizzare il dolore per scontare i nostri peccati. Valorizzare il dolore per vivere una potente vita di donazione e di offerta.

Tutte le volte che assistiamo alla Messa assistiamo al mistero del sacrificio di Gesù. Ebbene, è proprio lì che dobbiamo offrire; è proprio lì che dobbiamo innalzare quella che è la banalità quotidiana e che ci schiaccerebbe; è proprio lì dove dobbiamo imitare la Beata Vergine: lei innocentissima ha sofferto in maniera incredibile. La chiamiamo «1’Addolorata».

Proprio da lei apprendiamo la lezione, e camminiamo con generosità e con fede nella nostra vita cristiana.

dPM, Omelia II Domenica Tempo di Quaresima, 28/02/1988

Intenzione di Preghiera

Per tutte le persone sole, in difficoltà o che stanno soffrendo. Perché il Signore le aiuti nella fatica, le circondi di persone che gli vogliono bene e perché non perdano mai la speranza.

Lunedì II settimana Tempo di Quaresima

01/03/2021

Dn 9,4-10; Lc 6,36-38

Dal Vangelo secondo Luca

Signore Dio, grande e tremendo, che sei fedele all’alleanza e benevolo verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi! Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali nel tuo nome hanno parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese. A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto, come avviene ancora oggi per gli uomini di Giuda, per gli abitanti di Gerusalemme e per tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove tu li hai dispersi per i delitti che hanno commesso contro di te. Signore, la vergogna sul volto a noi, ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te; al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, né seguito quelle leggi che egli ci aveva dato per mezzo dei suoi servi, i profeti.

Il Signore ci dà un comando, un vero comando: di essere misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro. La misericordia non è una debolezza per cui ci lasciamo commuovere; non è una specie di interesse per cui vogliamo andare d’accordo con tutti. La misericordia che noi dobbiamo imitare è una perfezione meravigliosa di Dio. Dio, che è grande in ogni cosa, lo sentiamo particolarmente grande nella sua compassione per noi. Perché Egli ci capisce, perché Egli ci perdona, perché Egli ci aiuta. E dobbiamo perciò non avere timore. Dobbiamo andare da Lui in una grande sicurezza, la sicurezza meravigliosa che dice: sono certo che il Signore ha una comprensione di me, delle mie debolezze, delle mie energie, in un modo meraviglioso, in un modo che io non potrei neanche immaginare qualche cosa di simile. Perché il Signore ha una sapienza da Padre, da Padre che ci ha creato, che ci continua sempre a creare, che sa misurare il nostro sospiro e la nostra tristezza, la nostra gioia e la nostra sofferenza. Il Signore sa, il Signore interviene e ci ama. È modello nostro. La misericordia vuol dire non approfittare del debole, non approfittare del difetto dell’altro, non approfittare della incoerenza dell’altro, non approfittare degli sbagli dell’altro. Capirlo, aiutarlo, sostenerlo, prendere le sue buone qualità e valorizzarle, scusare i suoi difetti e, di cuore, perdonarli, e di cuore ignorarli. Vuol dire andare d’accordo con tutti quelli che trattano con noi per un senso grande di rispetto, il rispetto al figlio di Dio, il rispetto che si deve a Cristo che si identifica con ogni nostro fratello. Impegniamoci allora con molto sforzo di volontà, con molto impegno di intelligenza. Sforziamoci per essere buoni così. La quaresima di carità deve esplicarsi proprio così. Vuoi passare una quaresima che piace al Signore? Sii misericordioso. Sii misericordioso non in un momento di ottimismo e di stanchezza, ma sempre, sempre, sii molto comprensivo e pensa alla comprensione del Padre, pensa come la Madonna ha obbedito al comando di Gesù : hai modelli, seguili.

dPM, Omelia Lunedì II settimana TdQ, 24/02/1986

Intenzione di Preghiera

Aiutaci e insegnaci Signore a non giudicare. Al contrario, rendici capaci di perdono e di accoglienza verso i nostri fratelli, anche e soprattutto verso quelli con cui facciamo più fatica.

Martedì II settimana Tempo di Quaresima

02/03/2021

Is 1,10. 16-20; Mt 23,1-12

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati rabbì dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate padre nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare guide, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Il Signore ci prescrive l’umiltà perché l’umiltà è senso delle proporzioni, è amore alla verità. Chi è umile sa stare al suo posto. Sta al suo posto persuaso, perché l’umiltà è una convinzione. Sta al suo posto nè desidera un onore e una distinzione che non merita. Sa stare al suo posto e di conseguenza è un onesto perché,quando sogniamo una gloria che non ci spetta, non siamo onesti né verso Dio, né verso noi stessi, né verso il prossimo. I motivi dell’umiltà non sono delle ricerche contorte. È una constatazione, perché siamo creature e tutto quello che abbiamo è di Dio, è dono di Dio. È un dono che casomai abbiamo solo usato male, che casomai abbiamo sciupato in varie occasioni e in varie gradazioni. Siamo creature e abbiamo ricevuto da Dio dei doni di cui dobbiamo rendere conto. Dammi,è la parabola di Gesù, dammi conto della tua amministrazione. Ecco quindi che invece di inorgoglirci delle nostre qualità, gonfiarci delle nostre pretese posizioni, dobbiamo sentire quanto sarà duro il giudizio di Dio se siamo orgogliosi. Dammi conto della tua amministrazione. Abbiamo amministrato i doni di Dio con superficialità? Abbiamo amministrato i doni di Dio con noncuranza? Abbiamo amministrato i doni di Dio con stupidaggini? E poi il grande motivo di umiltà sono i nostri peccati. Noi sappiamo che basta un peccato mortale per meritare l’inferno. Anche se uno in vita sua ha fatto solo un peccato mortale è un tizzone preso via dall’inferno. C’è poco da inorgoglirsi. Un tizzone risparmiato al fuoco. Dobbiamo pensare che, se anche uno non ha mai commesso un peccato mortale, ci è andato vicino e solo per misericordia di Dio ne è stato liberato. Quanti motivi allora per essere generosi verso i nostri fratelli, per non volerci sovrapporre a loro, per non volere una lode sbagliata, per non volere una presa di posizione errata! Quanto dobbiamo ascoltare la parola di Gesù: quando sei insieme ai fratelli, anche a un banchetto, va’ all’ultimo posto e sii tale che imiti il Maestro divino, che ha lavato i piedi chino per terra! Esaminiamoci allora in questa quaresima, cerchiamo di proporzionare noi stessi, di metterci al nostro posto, di essere umili, pazienti e servizievoli.

dPM, Omelia Martedì II settimana TdQ, 25/02/1986

Intenzione di Preghiera

Padre misericordioso, aiutaci a vivere in una logica di umiltà la nostra vita. Un’umiltà che non ci rende deboli ma, al contrario, ci fa conoscere quanto è grande il tuo amore e immensa la tua misericordia.

Mercoledì II settimana Tempo di Quaresima

03/03/2021

Ger 18,18-20; Mt 20,17-28

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».

Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».

Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Si tratta del senso della vita, perché la vita è servizio, è servizio (*) di Dio, perché l’uomo può servire solo Dio. E la sua vita deve cercare quanto è nel servizio. Servire Dio vuol dire fare la sua volontà, agire secondo le sue intenzioni, essere pronti e vigilanti in tutte le occasioni.

Ha detto il Signore: “Voi siate come servi che aspettano il loro padrone che torna di notte”. Bisogna che comprendiamo bene questa nostra missione: la missione del fare, quella missione per cui Gesù si presenta come nostro modello. Cosa ha fatto Gesù? Ha fatto la volontà del Padre suo e nella volontà del Padre suo ha accettato tutti i sacrifici, tutte le pene, tutte le privazioni, tutti gli atti di carità.

Quando parliamo del nostro servizio ai fratelli dobbiamo capire bene, dobbiamo approfondire l’idea. Noi serviamo, dobbiamo servire i fratelli nella carità in dipendenza da Dio, per Iddio, vedendo il volto di Cristo in tutti gli uomini, perché altrimenti non ha senso, non ha consistenza. Dobbiamo vedere Dio e, vedendo l’immagine di Dio, porre la nostra forma di servizio qualunque essa si presenti. Qualunque cosa si chiede da noi, ci dobbiamo gloriare di darla, perché è Dio che ce la domanda, perché è il Signore che vuole che la nostra vita abbia un valore così grande, così forte, e che la nostra carità verso i fratelli sia una carità piena, generosa, completa, come era stata la carità di Gesù: nella volontà del Padre.

Domandiamo allora due cose stasera: la fede nel saper vedere la nostra vita nel servizio a Dio creatore e a Dio redentore, e chiediamo di essere pronti a esercitare quelle opere di carità, di umiltà, che si richiedono per tutti i nostri fratelli. Ma che si richiedono nel concreto, non in un sentimento vago che non produce; nel concreto!

Nel concreto dobbiamo amare Dio, essere forti e superare le tentazioni dell’egoismo. L’egoismo è la pretesa, l’egoismo è sostituirsi a Dio e servire a se stessi. Domandiamo l’intercessione della Beata Vergine, che è stata proprio una meraviglia di servizio (“Ecco la serva del Signore”), una meraviglia che si è compiuta in tutte le circostanze e che ancora si esercita in tutta quanta la Chiesa.

(*) da appunti

dPM, Omelia Mercoledì II settimana TdQ, 02/03/1988

Intenzione di Preghiera

Quale madre non si preoccuperebbe per i figli che avevano abbandonato le reti e il padre per seguire Gesù! Questa madre, anche lei discepola, forse aveva visto la capacità dei figli di seguire fino in fondo il Maestro. Per tutte le madri, perché siano capaci di vedere le potenzialità dei figli e li sostengano con coraggio e determinazione.

Giovedì II settimana Tempo di Quaresima

04/03/2021

Ger 17,5-10; Lc 16,19-31

 

Dal Vangelo secondo Luca

Così dice il Signore: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni».

 

 

Il tempo di Quaresima è particolarmente adatto a meditare quelli che chiamiamo «Novissimi»: la morte, il giudizio di Dio, l’inferno e il paradiso. I Novissimo ci aiutano a drizzare la nostra condotta, a sentire che le grandi realtà restano, anche se tentiamo di ignorarle: che tutti un giorno moriremo, che tutti un giorno compariremo davanti al Giudice eterno, che tutti saremo o nel premio o nel castigo.

Questa sera ci viene presentata una parabola, la parabola di Lazzaro e del ricco precipitato nell’inferno. Vorrei che meditassimo seriamente, perché finché siamo in questa vita abbiamo il pericolo di allontanarci da Dio, di allontanarci cioè dalla vita e dall’amore. Perché così è Dio e chi lo vuole abbandonare abbandona la vita e rinnega l’amore.

Quelli che sono all’inferno non sanno più, non sono più capaci di amare e la loro vita è un continuo supplizio, proprio perché senza l’amore un essere non può realizzare la felicità. Eternamente lontani da Dio sono eternamente nella più grande delle sofferenze.

Oh, come ci dobbiamo avvicinare al Signore, a Lui che è infinito amore, mentre abbiamo il tempo, mentre è possibile, mentre abbiamo la sua grazia che ci aiuta! La sua grazia, così potente, ci guida e ci vuole nell’amore.

Ecco, a Dio che ci ama corrispondiamo con amore; a Dio che ci dona la vita cerchiamo di dire sempre «sì». La vita dell’anima è la grazia. Una vita meravigliosa e soprannaturale.

Diciamo di «sì»; diciamo sempre di «sì». Non perdiamo nulla, guadagniamo tutto.

È l’egoismo che conduce all’inferno. È l’egoismo per cui l’uomo è come un pazzo che cerca così smodatamente ciò che dovrebbe rifiutare. La frenesia del peccato è la frenesia della morte, è la frenesia della tristezza, è la frenesia che riempie l’anima di cose sciocche e che non valgono.

Meditiamo molto, molto, sull’inferno chiedendo il timore di Dio, chiedendo di aver paura di andare contro l’amore, di andar contro la grazia, di andar contro la nostra vera felicità.

Proponiamoci, di fronte alla tentazione, di rispondere con più energia, con più forza, con più coraggio. Salviamoci dall’inferno, amando. Amiamo molto Dio, amiamo il prossimo, corrispondiamo alla pienezza della nostra chiamata, della nostra vocazione per essere poi sempre nell’eternità con Dio, con Gesù, con la Madonna, per essere sempre con loro e vivere nella perfetta letizia.

dPM, Omelia Giovedì II settimana TdQ, 03/03/1988

 

 

Intenzione di Preghiera

Perché sappiamo sempre aprire le porte al debole e al povero, perché sappiamo essere attenti a scacciare il demone dell’indifferenza, e diventiamo noi l’abbraccio di Abramo per chi vive nella solitudine.

Venerdì II settimana Tempo di Quaresima

05/03/2021

Gn 37,3-4. 12-13. 17-28; Mt 21, 33-43. 45

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:

«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.

Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.

Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.

Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».

Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

“La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi”?

Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Sotto il velo della parabola è una storia, una mirabile storia dell’amore di Dio, del Padre che manda a noi il suo Figlio, lo manda perché noi lo sappiamo accogliere e in lui produciamo frutti di bene.

E’ avvenuta, questa storia, una volta, ma questa storia si ripete. Non è forse il Padre che manda ancora a noi Gesù? Perché Gesù viene nella Messa, perché Gesù viene nell’amore più totale, viene per dare a noi le sue grazie, i frutti della sua immolazione sulla croce.

Viene a noi e il problema nostro sta qui: la nostra accoglienza, la nostra corrispondenza. Il problema sta se crediamo davvero all’amore del Signore, se questo amore lo ammiriamo, se per questo amore siamo riconoscenti.

La Madonna sul Calvario ci ha insegnato come accogliere la sofferenza di Gesù e come partecipare al suo amore.

Vorrei che insistessimo in questa meditazione: ogni Messa è un grande miracolo. L’amore di Dio incredibilmente grande, l’amore di Dio che sembra impazzito nella ricerca… di chi? Di noi! Di noi poveri peccatori, di noi che come i servi della parabola rompiamo ogni limite e andiamo contro ogni dovere.

Oh, crediamo all’amore di Dio nella Messa! Nella Messa dobbiamo fare sempre questa meditazione. Nella Messa è come se ancora davanti a noi agonizzasse e morisse Gesù. Nella Messa abbiamo la possibilità di compiere le cose più grandi, perché Gesù si dona a noi e con Gesù possiamo chiedere tutto. Non ci spaventi la parola “tutto”, tutto al Padre! Possiamo chiedere ogni grazia per noi e per gli altri. Abbiamo Gesù, Gesù che viene per noi nella ricchezza della sua donazione.

Accogliamo Gesù, per vivere di lui e per accompagnarci al suo mistero di salvezza, a quel mistero per cui tutti noi siamo responsabili non solo della nostra, ma della salvezza di tutto il mondo.

dPM, Omelia Venerdì II settimana TdQ, 08/03/1985

Intenzione di Preghiera

Rendici, Padre, sempre aperti, docili e disponibili nel cammino di conversione. Facci più attenti alla tua Parola e alla tua Misericordia per orientarci sempre di più verso di Te.

Sabato I settimana Tempo di Quaresima

06/03/2021

Mic 7, 14-15. 18-20; Lc 15, 1-3. 11-32

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Sentiamo nella parabola del Figliol Prodigo la grande chiamata a meditare sull’amore di Dio, su quell’amore che è il più grande di tutti i prodigi, perché Dio, è vero, ci ama, ci ama e perdona i nostri peccati e non li ricorda più e, se torniamo con tutto il cuore, fa festa. Più volte l’ha detto il Signore questo termine: far festa, ha detto: “Si fa festa davanti agli angeli di Dio” (Lc 15, 10).

Sentiamo questo amore che brucia, questo amore che trasforma, questo amore che guarda a noi e cancella e arricchisce e dona sempre di più.

E’ su questo dono di Dio che dobbiamo meditare, è su questo dono di Dio che dobbiamo costruire la nostra vita, per non cadere più nel peccato, per operare una vera, una grande conversione.

Nella Vergine Santissima non c’è stata ombra di peccato e il suo amore è stato sempre di più in crescita. Come un torrente che diventa un grande fiume, così si può dire: l’amore della Madonna è andato sempre crescendo, è andato sempre crescendo attraverso tutte le difficoltà, attraverso tutte le angosce. E, viceversa di quello che normalmente avviene, che la madre insegna al figlio, qui è stato Gesù che le ha comunicato il suo amore, che l’ha guidata alle più alte vette di amore.

Ora la Madonna ci insegna che, qualsiasi sia la nostra condizione, la vera nostra ricchezza consiste nel crescere nell’amore, nel voler sempre di più amare il Signore, nel coinvolgere nell’amore del Signore quello dei nostri fratelli, di volere avere un dinamismo grande e generoso di bene.

Sì, dobbiamo veramente promettere una crescita di amore, una crescita di generosità. E la crescita è possibile, se vinciamo tutte le forme di peccato e se ci distacchiamo dall’affetto al peccato, se ci proponiamo con fortezza di esercitare sempre la nostra scelta nella volontà di Dio.

Dobbiamo fare la volontà di Dio generosamente e pienamente: “Mi ama chi osserva i miei comandamenti” (Gv 14, 15), ha detto Gesù.

Ecco, promettiamo delicatezza, generosità, impegno, fortezza; promettiamo, per essere veramente così nella sua grazia e poter essere dei figli, che sanno crescere e sanno essere fedeli e sanno che il loro peccato, perdonato, è un titolo per essere ancora di più cercati, ancora di più beneficati.

Dal peccato alla grazia, dalla grazia ad un aumento sempre maggiore di amore, come ci ha insegnato il Signore Gesù, domandando alla Madonna di poter essere nella linea della sua totale fedeltà e totale generosità.

dPM, Omelia Sabato II settimana TdQ, 09/03/1985

Intenzione di Preghiera

Padre, rendici instancabili nel cercarti e nel volere tornare a te. Continua a donarci fratelli che sappiano accompagnarci nel nostro percorso di fede.

III Domenica Tempo di Quaresima

07/03/2021

Es 20, 1-17; 1 Cor 1, 22-25; Gv 2, 13-25

Dal Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi,  e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo.

“Egli parlava del tempio del suo corpo”. Mirabile tempio dove si è realizzato il pieno della redenzione, dove c’è stata la gloria piena di Dio, dove si è verificata la grande dignità di noi uomini, perché il Verbo si è fatto carne ed ha abitato tra noi. E questo ha fatto il Signore: ci ha redenti e anche il nostro corpo è diventato un tempio, il nostro corpo, perché è venuto a redimere tutto l’uomo, non solo una parte dell’uomo. Tutto l’uomo è consacrato e ammesso nei segreti più alti della divinità. E così giorno per giorno l’uomo deve partecipare a questa redenzione. Non dunque l’idolatria del corpo, nemmeno il disprezzo del corpo, poiché lui ha preso il nostro corpo. Il nostro corpo deve essere mantenuto nella dignità che compete ai figli di Dio, il nostro corpo deve essere quello che contribuisce alla nostra felicità eterna e, se particolarmente in Quaresima parliamo di penitenza e di mortificazione della nostra anima e ancora del nostro corpo, non è perché gli vogliamo male, è perché vogliamo liberarlo dalla schiavitù di un istinto sfrenato e incontrollato e perché il nostro corpo possa essere fedele e generoso. Non è piccola dignità che nel nostro corpo venga il suo Corpo. Oh, lo dobbiamo ricordare con commozione, tutte le volte che facciamo la Comunione: “Io sono il pane di vita” (cfr. Gv 6,35; 6,48), ha detto, “Chi mangia di me vivrà di me (cfr. Gv 6,57). Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (cfr. Gv 6,54). Siamo fatti non per la morte, siamo fatti per la risurrezione, perché il nostro corpo parteciperà per l’eternità alla condizione dell’anima. Teniamo bene il nostro corpo, santifichiamo il nostro corpo, non strumentalizziamolo che serva a delle passioni incontrollate, non strumentalizziamolo perché resti così nella sua povertà e nella sua miseria, staccato così dalle ragioni dell’anima, staccato così dalla grazia che regna, deve regnare nell’anima, perché il nostro corpo sia così a immagine del Corpo di Gesù. Risorgeremo. La Quaresima ci porta a un’unione stretta con il Mistero Pasquale, che è mistero di morte ma è mistero ancora di risurrezione e di gloria. Impegniamoci dunque a un dominio  più forte, più generoso, a un dominio continuo del nostro corpo, perché noi che predichiamo Cristo crocefisso, noi predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Dobbiamo manifestare e glorificare Dio anche col nostro corpo. Santifica allora e sappi usare la mortificazione, la penitenza nella certezza che ciò che è seminato avrà un frutto meraviglioso. Guarda sempre con grande speranza Gesù e unisci tutta la tua volontà, perché tutto in te sia degno, sia santo, sia conforme a Gesù. Lui ha voluto essere per noi oblazione e offerta meravigliosa al Padre e sulla croce ha immolato il suo corpo, perché il nostro corpo fosse vera strada di redenzione e di grazia. Diciamo al Signore il nostro ringraziamento e impegniamoci a santificare tutto il nostro essere generosamente e fedelmente ogni giorno.

dPM, Omelia III Domenica Tempo di Quaresima, 10/03/1985

Intenzione di Preghiera

Vogliamo invocare dal Signore, per intercessione della Vergine Maria, il dono quotidiano della conversione, perchè sappiamo rimettere ogni giorno ordine nei desideri del nostro cuore e nei pensieri della nostra mente, per essere finalmente, con la nostra vita, riflesso dell’amore di Dio per quanti incontriamo sul nostro cammino.

Lunedì III settimana Tempo di Quaresima

08/03/2021

2Re 5,1-15; Lc 4,24-30

Dal Vangelo secondo Luca

Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

L’invito, stasera, è a meditare sulla preghiera. Perché Eliseo con una preghiera guarì l’inguaribile: la lebbra. Perché Elia pregò e per tre anni e sei mesi non piovve mai. Dobbiamo riflettere sulla grande potenza della preghiera. La preghiera è un mezzo semplicissimo, ma molto efficace che il Signore ci raccomanda. Troppo poco noi stimiamo la preghiera. E quando preghiamo è molto facile che ci fermiamo su delle cose secondarie e chiediamo male, e chiediamo delle cose che non si devono presentare al Signore. Ancora più difficile diventa una preghiera piena e generosa. Diventa più difficile perché non comprendiamo che il Signore non vuole tante cose da noi, vuole quella semplicità e quella confidenza che rendono la preghiera estremamente potente. Semplicità ed efficacia. Il Signore vuole regnare nell’anima nostra. la nostra vera preghiera è quella che facciamo uniti a Gesù. Una volta Gesù ha detto: “Il Figlio dell’uomo non sa dove posare il capo”. Parlava della sua grande povertà. Quante volte Gesù potrebbe ripetere queste cose per noi! Perché noi non gli diamo modo di posare il capo, cioè di rimanere in noi, secondo la sua parola: “Rimanete in me ed io in voi”. Siamo tanto strani, arruffati, caotici che la nostra anima, invece di essere un tempio di Dio, è un mercato di cose sciocche. Aprire il nostro cuore perché il Signore ne prenda dimora, resti in noi e ci unisca alla sua preghiera. E, quando ci presentiamo al Padre con Gesù, con i sentimenti di Gesù, con l’amore di Gesù, oh, il Padre non può negarci nulla! Diamo vera gloria a Lui. Rivediamo, allora, particolarmente in questa quaresima, il modo nostro di pregare. Delle volte fermiamo l’esame di coscienza al fatto della perseveranza: ho pregato, non ho pregato. Ci dobbiamo chiedere particolarmente come abbiamo pregato, quali disposizioni abbiamo maturato nel nostro cuore, come abbiamo cercato di guardare Gesù-modello della nostra preghiera, anima della nostra preghiera, come abbiamo fatto per fare una preghiera attenta e devota. Ecco, la quaresima, tempo consacrato alla preghiera, ci invita a riflettere sulla preghiera di Gesù e sulla preghiera della Madonna. Come pregava la Madonna? Come avrà pregato là sul Calvario? Veramente Elisabetta le aveva detto: “Tu sei la benedetta”, tutte le donne ti devono prendere come esempio, tu sei la benedetta. Ecco, benedetta perché ha saputo amare Gesù e ha saputo lasciarsi condurre da Gesù. A Lei chiediamo una crescita vera nella nostra preghiera.

dPM, Omelia Lunedì III settimana TdQ, 11/03/1985

Intenzione di Preghiera

Signore, fa che anche noi possiamo toccare il tuo mantello per accoglierti nella nostra vita, Tu che sei la vera guarigione dalle malattie del corpo e dello spirito.

Preghiamo per la salute fisica di tutte le persone ammalate; conforta e dona pace a chi è nella tribolazione dell’anima.

Martedì III settimana Tempo di Quaresima

09/03/2021

Dn 3,25. 34-43; Mt 18,21-35

Dal Vangelo secondo Matteo

Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.

Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

Il Vangelo parla di amore, di volersi bene e, volendosi bene, saper perdonare, saper cedere ai propri diritti, passare oltre. Il discorso dell’amore fraterno, dell’amore che dobbiamo portarci a vicenda è un discorso che va sempre meditato secondo la Parola di Dio. Troppe volte anche i cristiani moltiplicano solo le parole. E si parla di pace, si parla di aiuto ai poveri, agli ultimi, senza dire il perché, senza meditare le grandi ragioni che la Parola di Dio ci presenta. Altrimenti, se non accogliamo la Parola di Dio, il discorso rischia di essere vano, di essere un’ostentazione. Rischia. E tante volte lo è. Perché ,se non meditiamo i motivi profondi per cui il Signore si è identificato negli altri, ricordate: “Ogni volta che avete fatto qualche cosa a uno, anche il più piccolo, lo avete fatto a me”, se non meditiamo come tutti siamo figli del Padre, come tutti abbiamo un’anima e un destino eterno, un destino di grazia, un destino meraviglioso di dignità, ecco, noi non usciamo dal nostro egoismo e siamo buoni solo quando ci pare, quando crediamo che sia opportuno, quando il nostro interesse non è toccato. Allora diventa incomprensibile, diventa assolutamente insostenibile questo perdono fino a settanta volte sette. Noi dobbiamo essere sempre buoni e veramente aperti ad ogni forma di carità, se pensiamo a Lui che ci perdona, che ci perdona sempre, che non ha avuto schifo della nostra persistente mediocrità, del nostro ripetere i peccati fino al vomito. Allora comprendiamo bene che è necessario il Vangelo predicato, il vangelo della carità, il vangelo del dono, il vangelo di una generosità senza limite. Siamo noi cristiani che possiamo in pienezza proclamare la parola di Dio: “Amatevi come io vi ho amati”. Amatevi: è la sua parola. E nella sua parola sono possibili tutti gli eroismi, tutte le generosità. Siamo noi cristiani che dobbiamo dare l’esempio, che dobbiamo applicare una bontà di tipo assolutamente soprannaturale. Applicare una carità, una generosità, un dono sempre nuovo e sempre forte. Dicevano degli antichi cristiani: “Guardate come si amano”. Ecco, la proclamazione e l’esempio. E nell’esempio della quotidianità di una generosa applicazione della sua Parola sta il nostro segreto, sta la nostra efficacia, sta la vera nostra testimonianza.

dPM, Omelia Martedì III settimana TdQ, 23/02/1988

Intenzione di Preghiera

Signore rendici capaci di perdonare……sempre.

Mercoledì III settimana Tempo di Quaresima

10/03/2021

Dt 4,1. 5-9; Mt 5,17-19

Dal Vangelo secondo Matteo

Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

Il Signore ci insegna che non vi sono cose piccole, ma che quello che si deve fare è sempre importante. Sempre. “Chi li osserverà e li insegnerà sarà grande”. Nella nostra vita abbiamo tante cose da fare, tanti doveri da eseguire, ma in particolare ci dobbiamo abituare a quella giusta gerarchia di valori che dà armonia e dignità alla vita; dobbiamo cioè partire dalla famiglia, che è il valore fondamentale. È nelle cose quotidiane della famiglia, è nell’esercizio del proprio dovere familiare che sta quello che evidentemente è l’espletamento della nostra vocazione. Dio ci ha chiamato a una famiglia, a vivere in una famiglia, a realizzare il bene della propria famiglia.

Lo dobbiamo fare in un senso profondo di fede: è volontà di Dio; in un senso grande di amore: il Signore vuole che ci amiamo e che collaboriamo, perché il bene diventi sempre più grande. La pazienza, la bontà, l’umiltà: quanto sono necessarie nelle famiglie! Quanto il Signore vuole che le famiglie siano santificate nella castità, nell’umiltà, nella mutua generosità!

Il bene della famiglia è un bene unico. Il Signore ci ha insegnato che nella famiglia nessuno è senza precisi doveri, e che il bene della famiglia è fatto dai genitori ed è fatto dai figli.

È fatto dai genitori che sono consci della loro dignità, della loro posizione. Ed è fatta dai figli che, nella obbedienza, nella bontà, nella carità, nell’osservanza dei loro piccoli doveri confluiscono alla pace e al bene familiare.

Ognuno si deve interrogare su questo comandamento: il quarto, il comandamento della famiglia che il Signore ha voluto grande in una missione stupenda.

Il Signore Gesù, venendo sulla terra, anche Lui si è scelto una famiglia. La Santa Famiglia di Nazaret è modello per tutte le famiglie. E la Santa Famiglia di Nazaret presenta un modello per i genitori e un modello per i figli. Che cosa vediamo sul Calvario? Non vediamo forse la famiglia della Madonna e di Gesù? Una famiglia, stretta nel dolore e nell’afflizione, stretta nell’amore, compiere fino in fondo il suo dovere. Non c’era più Giuseppe, era stato già chiamato al premio. C’era Gesù che offriva il suo sacrificio e c’era la sua mamma santissima che lo accompagnava in una unità perfetta di intenzione. E Gesù si è preoccupato di collocare la Madonna, dato che partiva, in una famiglia e l’affida a san Giovanni: “Ecco tua Madre”.

Sì, impariamo la nostra santificazione, la nostra volontà di bene, la nostra unanimità di fede. Crescere nell’ascolto della Parola di Dio, nell’obbedienza al Signore, nel sapere prendere le cose difficili e dolorose – quelle che chiamiamo «disgrazie» –, accettandole dalla mano di Dio e rendendole strumento di vero progresso di fede e spirituale.

Domandiamo perciò stasera alla Beata Vergine che interceda perché le nostre famiglie diventino veramente sante, veramente attente a tutta la volontà del Signore.

dPM, Omelia Mercoledì III settimana TdQ, 13/03/1985

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perché ognuno segua la legge di Dio scritta nei cuori.

Questo sia la nostra saggezza ed intelligenza, così che le nostre famiglie vivano serene e siano segno di speranza.

Giovedì III settimana Tempo di Quaresima

11/03/2021

Ger 7,23-28; Lc 11,14-23

Dal Vangelo secondo Luca

Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: «È in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.

Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.

Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.

Ascoltiamo con molta fede e con molta attenzione le parole del Signore. Avete sentito: si parla del regno di Satana e si parla del Regno di Dio. E si dice ancora che non c’è altra scelta. Se non si appartiene al Signore si appartiene al regno del male, al regno delle tenebre, al regno dove c’è un tiranno terribile: Satana. E lo sappiamo bene che quello che noi chiamiamo mondo, cioè quel complesso di pensieri e di azioni che sono contro Dio, il mondo è il regno di Satana. E non ci dobbiamo meravigliare, perché la vita è una prova e questa prova dobbiamo sapere superarla. Sta scritto infatti che sarà premiato solo chi ha combattuto. La vita la vediamo così: un combattimento. E il senso dell’esistenza sta proprio nel dimostrare la nostra fedeltà al Signore , il vero nostro amore. Un amore non di parole, un amore non di particolari posizioni, ma la scelta della vita, ma l’obbedienza alla volontà di Dio. Perché è la volontà di Dio quella che fa il bene ed è la volontà di Dio quella che definisce e rigetta il male. “Chi non è con me”, ha detto Gesù, “è contro di me”. Pensiamoci bene se invece siamo stati o siamo in compromesso: un po’ col demonio e un po’ col Signore. Vogliamo essere del Signore, ma senza scomodare il nostro egoismo, ma senza rinunciare a ciò che il Signore vuole. Quanto, quanto dobbiamo preoccuparci! Essere di Dio, essere del suo amore, fare che tutta la nostra volontà coincida con la volontà del Signore, alla perfezione. Come in cielo. Nell’obbedienza. Nell’umiltà. Non volendo definire se non in conformità alla legge di Dio. Certo, sempre, con fortezza. Il Signore ci dice di essere gli uomini forti, bene armati. Certo la nostra arma è la grazia di Dio. Nella fede dobbiamo crescere perché è la fede che vince il mondo e così, anche se dobbiamo soffrire qualche cosa per il Signore, siamo ben lieti di farlo. Guardiamo alla Madonna afflitta ai piedi della Croce: Lei non aveva commesso nessun peccato, ma è stata forte e ha unito il suo dolore e il suo amore a quello di Gesù e ha meritato così di essere Madre nostra e vera corredentrice con Gesù.

dPM, Omelia Giovedì III settimana TdQ, 14/03/1985

Intenzione di Preghiera

“Io sono la salvezza del popolo, dice il Signore, in qualunque prova mi invocheranno li esaudirò e sarò il loro Signore per sempre. “Non perdere nessuna delle spine che incontri ogni giorno: con una di esse puoi salvare un’anima! (S. Teresina)

Venerdì III settimana Tempo di Quaresima

12/03/2021

Os 14,2-10; Mc 12,28-34

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».

E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Siamo interrogati questa sera sul nostro amore a Dio. È il primo. E siamo invitati a riflettere: “Ascolta”. Perché ci siamo tanto abituati che le cose scivolano via e non ci fanno più meditare come dobbiamo. Cosa vuol dire amare Dio? Vuol dire porre in Dio il nostro tutto, il nostro cuore, la finalità della nostra vita. Bisogna porre in Lui la suprema nostra felicità. E non un amore iniziale; un amore totale. Tutto il cuore , tutta la mente e tutta la forza. Quanto siamo chiamati! Quanto siamo invitati a erigere la nostra vita su questa magnifica base: l’amore di Dio! Nel quale troviamo l’amore del prossimo. L’amore di Dio! Perché Dio ci ama! Il grande, il fortissimo momento di rivelazione è proprio qui: che Dio ci ama. E che se noi ricambiamo il suo amore facciamo una piccola cosa perché la meraviglia sta che Dio infinito, che Dio onnipotente, che Dio infinitamente bastante a se stesso si piega verso di noi e ci ama, e ci comanda di amarlo. Dobbiamo, ecco, capire il grande segreto per realizzare il nostro amore pensando al suo amore, lasciandoci stupire, lasciandoci in una meravigliosa certezza che Dio ama proprio noi. Ama ognuno di noi. E ci ha dato Gesù. E la prova più grande è stata proprio questa: ci ha dato Gesù. E in Gesù c’è tutto. Amarlo perché Lui ci ama. Amarlo perché è la cosa più bella e più grande che possiamo fare. Amarlo perché Lui dall’eternità, per primo, ci ha amato. Anche quando noi non eravamo, Lui ha pensato a noi e ha pensato a noi con amore. Guardiamo allora di fare un amore puro, un amore riconoscente, un amore di vera contemplazione, un amore di obbedienza, un amore di servizio, così come ci ha insegnato la Madonna. La Madre dell’Unigenito Figlio di Dio aveva imparato da suo Figlio come si fa ad amare e ha corrisposto al Padre celeste un amore meraviglioso. Domandiamo a Lei di saper amare, di saper vincere i nostri peccati, perché il peccato è negazione dell’amore, il peccato è odio. Liberarci dal peccato e cominciare a servire il Signore ed essere degni della sua carità.

dPM, Omelia Venerdì III settimana TdQ, 15/03/1985

Intenzione di Preghiera

Amiamo Dio nel prossimo con disponibilità, umiltà e perseveranza e non saremo lontani dal Regno di Dio.

Sabato III settimana Tempo di Quaresima

13/03/2021

Os 6,1-6; Lc 18,9-14

Dal Vangelo secondo Luca

Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

La parabola che Gesù racconta è perché noi sappiamo fare il nostro esame di coscienza. In realtà era vero quello che diceva il fariseo, era vero, ma non era completo. Era vero che osservava quei punti della legge, ma non si confrontava con altri punti anche più importanti, soprattutto il suo confronto non era con la santità di Dio. E mancava radicalmente di sincerità e perciò mancava di umiltà. Abbiamo bisogno di imparare a giudicarci, di vedere la nostra vita così nella verità come è davanti a Dio. È tanto facile illudersi! È tanto facile soprattutto perché ci paragoniamo con quelli che esteriormente sono peggiori di noi, non ci paragoniamo con quelli che davanti a Dio sono migliori di noi. E così cerchiamo il pretesto per una falsa tranquillità del nostro animo, per un modo di soddisfazione che è radicalmente sbagliato. Davanti a Dio dobbiamo vedere due cose: vedere quello che abbiamo ricevuto e quello che abbiamo dato. Allora sì che noteremo una sproporzione, allora sì che vedremo che, in conformità a quello che ci ha dato Dio, scarso è il nostro frutto, veramente pietosa è la nostra corrispondenza. Noi dobbiamo sentire urgente la voglia di convertirci. È proprio qui che tutta la liturgia quaresimale insiste. Convertirsi vuol dire riconoscere che siamo manchevoli, che c’è qualche cosa che non va, che c’è qualche cosa da migliorare e porre noi stessi subito, con slancio, nel desiderio di migliorarci. Non per renderci in una falsa tranquillità, ma per avvicinarci di più al Signore, per ascoltare meglio la sua voce, per migliorare la nostra povertà, chiedendo la grazia della sua larghezza e della sua misericordia. Impariamo allora questa valutazione, che sia una valutazione serena, che sia una valutazione limpida, perché nella sua luce vedremo sempre più luce, perché nella sua bontà sentiremo che dobbiamo migliorarci e possiamo migliorarci, che questa nostra possibilità è ancora dono di Dio e che tutta la nostra vita è un grande dono che merita una corrispondenza energica, pronta, una corrispondenza di amore , dell’amore vero, dell’amore pieno, dell’amore che possiamo dare a nostro Signore, perché l’amore che noi gli dobbiamo dare è sempre troppo poco. La Madonna, la Madre dell’Unigenito, ai piedi della croce, ci insegna come corrispondere. Quanto amore possiamo torchiare dai nostri cuori! Quanto possiamo dare di più, possiamo dare di meglio, possiamo dare con più slancio, con più perseveranza, con più distacco da noi stessi e dalle cose di questa terra!

dPM, Omelia Sabato III settimana TdQ, 16/03/1985

Intenzione di Preghiera

Abbi pietà di me Signore.

Ognuno di noi riscopra il valore del Sacramento della confessione, come segno tangibile dell’Amore di Dio per l ‘uomo e per me in particolare.

IV Domenica Tempo di Quaresima

14/03/2021

2 Cr 36,14-16. 19-23; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21

Dal Vangelo secondo Giovanni

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

Il messaggio di questa domenica è evidente: quando è venuto Gesù, nel mondo è venuta la luce, una luce stupenda, magnifica, che ci ha riempito il cuore di gioia.

Vogliamo celebrare l’itinerario della luce, l’itinerario perciò della gioia. Noi crediamo che Gesù è il Figlio di Dio; noi crediamo che Gesù è il Salvatore e questa gloria è la gloria di Dio e anche la gioia nostra. Abbiamo Gesù, con Lui abbiamo tutto. Dio infinitamente buono, ha sparso nella creazione il segno delle sue perfezioni. Ci ha dato la bontà, e ci ha dato la bellezza. Le opere di Dio sono buone e sono belle.

Dio ha dato al mondo la bellezza, perchè il mondo non si disperi. Dobbiamo saper vedere la bellezza, dobbiamo saperla sentire, dobbiamo saperla vivere. Tutto ciò che è peccato è sporco, tutto ciò che è peccato è volgare, tutto ciò che è peccato è indegno, tutto ciò che è peccato è disordine, è rivoluzione al giusto indirizzo che Dio ha dato a tutto.

Bisogna amare la bellezza; bisogna amare la bontà, per saper amare Dio, per saper vedere i suoi doni. Noi tradiamo la bontà e la bellezza quando ci consegniamo alle passioni, al capriccio delle passioni, allo spasmo delle passioni, quando noi ci offriamo al principe delle tenebre.

Oh, amiamo il bene! Oh, amiamo la bellezza come strada a riconoscere i passi di Dio nel mondo!

Dobbiamo riempirci il cuore di tanta letizia e in questa Quaresima dobbiamo imparare particolarmente questo: a saper vedere le cose belle, a saper vedere le cose buone, a scartare il peccato, a imparare come la gioia deve diventare per noi una virtù.

Lamentosi, ingordi, insoddisfatti, ci lamentiamo di molte e troppe cose e non sappiamo vedere quello che Dio ha diffuso nel creato e quello che Dio ha diffuso nella via della redenzione.

Gesù ci ha portato la pace, cioè la gioia; Gesù ci ha portato il vedere, cioè la luce, il vedere dove sono le cose che devono essere ammirate. Dobbiamo avere il gusto del bene, dobbiamo saper vedere la gioia nelle cose in cui troppe volte non vediamo che il peso e il dovere.

Il cristiano è un entusiasta, e giustamente! Non è un ingenuo, è uno che sa vedere perchè ha la luce di Gesù; è uno che sa misurare perchè ha con sé lo Spirito.

Impegniamoci nella riflessione sulla nostra gioia, sulla grazia della nostra gioia che ci viene da Gesù. Impegniamoci perchè questa domenica ci insegni dove dobbiamo trovare la vera felicità, dove possiamo veramente esultare di essere liberi dal peccato, di essere liberi da Satana, di essere liberi da tutte le suggestioni, perchè siamo con Lui.

Il diavolo menzognero adopera sempre la stessa arma: ci presenta una gioia e la chiama così per attirarci, ma non è vero. La gioia sta solo in Gesù, sta solo nella sua grazia, sta solo nella sua legge.

Uniamoci perciò agli Angeli del cielo e cantiamo a Dio l’inno della nostra riconoscenza, l’inno di quelli che sono salvati, di quelli che sono liberi, di quelli che hanno il dominio totale sulle loro facoltà, sul mondo. Tutti i demoni sono incapaci di nuocerci; Gesù ci ha dato il segno della vittoria dandoci il segno della sua croce.

Uniamoci a Gesù con fervore, con umiltà, con amore.

dPM, Omelia IV Domenica Tempo di Quaresima, 13/03/1988

Intenzione di Preghiera

Chi opera la verità è in cammino verso la luce.

Signore Gesù Ti chiediamo, con sincerità di cuore, di allontanarci dalle tenebre che offuscano le nostre menti affinché, con perseveranza, possiamo orientare le nostre anime verso la Tua luce, per essere testimoni coraggiosi del tuo infinito amore in modo che la speranza che ci doni possa trovare posto nei nostri cuori ed in ogni persona che metti sul nostro cammino.

Lunedì IV settimana Tempo di Quaresima

15/03/2021

Is 65,17-21; Gv 4,43-54

Dal Vangelo secondo Giovanni

Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea. Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.

Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Ma il funzionario del re insistette: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli risponde: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». S’informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.

È l’esultanza per il miracolo. Sempre i miracoli portano gioia. Portano gioia ai beneficati, portano gioia a tutti, perché si vede la potenza e l’amore del Signore. Una potenza senza confine, un amore così tenace che non si ritrae di fronte all’indegnità dei beneficati.

Noi abbiamo da fare l’esame di coscienza perché abbiamo dei miracoli di più. Non abbiamo dei miracoli di meno. Qui abbiamo assistito al fatto di un ragazzo che è liberato dalla febbre. Quante, quante volte ognuno di noi è stato liberato, non dalla febbre, ma dal peccato, dalla ricaduta del peccato, dal peccato, diventato per la sua insistenza e per la sua monotonia, disgustoso. Quanti miracoli ha fatto per noi il Signore, in una pienezza, in una continuità, in una grazia meravigliosa!

Non assistiamo forse tutti i giorni a un miracolo? Quale miracolo più grosso: guarire il ragazzo dalla febbre o cambiare il pane e il vino nel suo Corpo e nel suo Sangue?

Noi assistiamo a molti miracoli e non badiamo, e non ci interroghiamo, e non ci preoccupiamo di questa grandezza di grazia che ci prende e ci realizza. Non sentiamo quanto è grande la sua misericordia, quanto è grande e continua la sua bontà.

Siamo abituati ai miracoli.

Che cosa può fare di più il Signore? Noi, abituati ai miracoli, siamo perfino distratti. Le messe distratte, le confessioni fatte per abitudine. Quanto, quanto è grande la nostra responsabilità! Dobbiamo avere la fede, e la fede ci parlerà, e la fede ci scuoterà, e la fede ci indirizzerà. Bisogna che abbiamo molta più fede. È proprio la mancanza di fede la nostra vera mancanza.

Abbiamo tanti miracoli e non ne facciamo conto. Abbiamo tanta bontà di Dio, a fiumi, e la trascuriamo. Impegniamoci allora con umiltà, con fedeltà a vedere le cose con gli occhi della fede. Soprattutto i miracoli dei sacramenti, i miracoli della sua bontà, della provvidenza quotidiana nella nostra vita. Vedere le opere di Dio, sentirne riconoscenza, rallegrarci e corrispondere perché anche per noi si verifichi la parola del Vangelo: “Credette a Gesù”. Credette!

Ecco, se il funzionario del re ha posto la vita per aver ottenuto un miracolo, quanto più noi dobbiamo corrispondere, corrispondere con umiltà, con perseveranza, capire l’amore e restituire con amore.

dPM, Omelia Lunedì IV settimana TdQ, 14/03/1988

Intenzione di Preghiera

O Signore ti ringraziamo per il dono dei figli. Aiuta noi genitori a sostenerli con fede e gioia. Guidali con la luce del tuo Spirito nelle grandi scelte della vita, perché possano conoscere la vocazione alla quale tu li chiami e possano corrispondere al disegno del tuo amore.

Martedì IV settimana Tempo di Quaresima

16/03/2021

Ez 47,1-9. 12; Gv 5,1-3. 5-16

Dal Vangelo secondo Giovanni

Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.

Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.

Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.

Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Le malattie spirituali le chiamiamo anche «difetti», perché manchiamo di quelle qualità e di quelle virtù che dovremmo avere. Difettiamo. E sono malattie che portiamo con noi, e sono malattie che portiamo con noi forse da molto tempo.

“Vuoi guarire?”. Ascoltiamo la parola di Gesù: “Vuoi guarire?”. Bisogna avere molta fede, bisogna avere molta generosità, bisogna avere molta decisione: voler guarire dai nostri difetti. Qual è il difetto che domina in te, il difetto che ti stringe, che ti soffoca? Quel difetto per cui non valgono le tue confessioni, perché non sono abbastanza dolorose; non valgono le tue comunioni, perché non sono fervorose come devono essere. “Vuoi guarire?”.

Ecco, poniamoci in una posizione di molta sincerità e di molta lealtà. Il Signore ce lo ripete: tutto dipende da noi, perché i miracoli il Signore li fa sempre. Sono i miracoli della sua misericordia ed è morto proprio per la nostra sanità spirituale.

Dobbiamo avere fede, ma dobbiamo avere ancora coraggio. Il difetto si vince ponendoci nelle mani di Gesù, credendo a quello che ci dice Gesù, ubbidendo a quello che ci comanda Gesù. Il paralitico ha ubbidito; nonostante la disapprovazione di tutti porta il suo lettuccio in giorno di sabato. Ecco la disponibilità, l’obbedienza, l’umiltà.

Credere a Gesù e non credere a nessun altro. Non credere al mondo, non credere alla suggestione delle nostre passioni. Credere, ubbidire, essere completamente disponibili. Lasciarci guidare passo per passo dalla grazia di Dio.

Noi possiamo guarire! Ed è questa guarigione che vogliamo con tutto il cuore domandare a Gesù per l’intercessione della Beata Vergine. Anche lei chiese una cosa che non era ancora il tempo, ma la sua insistenza, la sua fede vinse, e Gesù fece il miracolo a Cana. Con l’intercessione della Madonna avvenga il miracolo anche per noi.

dPM, Omelia Martedì IV Settimana Tempo Quaresima, 15/03/1988

Intenzione di Preghiera

“Vuoi guarire?”. Pensiamo a tutte le nostre ferite, quelle che tante volte ci procuriamo con le nostre miserie, con le nostre mancanze. Preghiamo in questa giornata, pensando che il dono della nostra vita, è’ capace di guarire non solo noi stessi, ma anche chi il Signore ci ha messo accanto.

Mercoledì IV settimana Tempo di Quaresima

17/03/2021

Is 49,8-15; Gv 5,17-30

Dal Vangelo secondo Giovanni

Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero». Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole; il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

“Chi ascolta la mia parola e crede ha la vita eterna”. Vorrei che sempre di più ci proponessimo la riflessione sul centro stesso della nostra spiritualità. Il centro è proprio credere che Gesù ci ama. Credere profondamente, avere una grande persuasione: Gesù mi ama. La vita spirituale è una relazione tra due persone: la nostra e quella del nostro Salvatore, del nostro amico, del nostro Redentore, di Gesù. Bisogna scoprire sempre di più questa verità, perché è il senso di tutto il resto.

Cosa sono le sue parole? Cosa sono i suoi sacramenti, sopratutto il sacramento dell’Eucarestia? Sono proprio la manifestazione di un grandissimo amore. Lui ci ama; e, proprio perché ci ama, la sua meravigliosa bontà ha trovato tutti i mezzi per donarci, per santificarci, per renderci più sicuri della nostra salvezza. Il Signore ci ama e ci vuole salvi, ci vuole quindi vittoriosi sul peccato.

Il peccato è rifiuto del suo amore, il peccato è rifiuto della sua grazia, della sua amabilità. Chi fa il peccato fa un atto di odio, fa un atto di ribellione, fa un atto che condensa tutta l’indifferenza precedente. Se vogliamo amarlo, dobbiamo quindi fare quello che ci ha indicato Lui nell’amore, corrispondere generosamente al suo amore, darci completamente alla sua grazia. Vivere nella sicurezza del suo amore, che è il bene più grande, che è la felicità più ricca, che è la sicurezza del nostro domani. Lo ha detto lui, lo abbiamo sentito. Il giudizio vuole che sia un giudizio di amore; non vuole che sia un giudizio di condanna.

Abbandoniamoci a Lui, moltiplichiamo i nostri atti di amore perché quegli atti di amore siano proprio la corrispondenza alla sua meravigliosa provvidenza.

“Sì, Signore, tu mi ami e anch’io voglio amarti. Sì, Signore, io sono certo che tu mi hai comandato le cose per amore e io ubbidisco con tutta la mia anima”.

dPM, Omelia Mercoledì IV settimana TdQ, 16/03/1988

Intenzione di Preghiera

Ti affidiamo, o Signore, tutte le persone in ricerca. Fa che nell’incontro con te e nell’ascolto della tua parola comprendono che tu sei Verità e trovino conforto e fiducia nel tuo abbraccio di Padre che non giudica ma accoglie tutti i suoi figli con amore e dona loro la vita eterna. Per questo noi ti preghiamo.

Giovedì IV settimana Tempo di Quaresima

18/03/2021

Es 32,7-14; Gv 5,31-47

Dal Vangelo secondo Giovanni

Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.

Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita.

Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

La nostra fede deve crescere. Crediamo in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo; crediamo cioè a quell’infinita misericordia per cui il Figlio di Dio, il Figlio eterno di Dio, la sostanza della sua misericordia, resta per noi la base di tutto. La sostanza, cioè questa infinita condiscendenza di Dio, che non solo è venuto a noi, ma è venuto uno di noi, è diventato un uomo. È diventato come ogni altro uomo. La sua umanità è completa: ha avuto una intelligenza, ha avuto una volontà, ha avuto un cuore umano. Il Figlio di Dio.

Oh, quando contempliamo ciò che ha fatto, quando vediamo quello che ha sofferto, come ce ne dobbiamo ricordare continuamente: è Dio! È l’infinito! È Dio colui che soffre. È Dio colui che si è fatto fragile e debole come ognuno di noi. È Dio quello che è insultato dai carnefici, che è flagellato, che è incoronato di spine. È Dio. È il nostro Dio! Dio cui noi dobbiamo tutto; Dio al cui confronto l’universo è meno di un granello di sabbia.

Dobbiamo avere un’infinita riconoscenza a Gesù; dobbiamo avere un’infinita confidenza in Gesù; dobbiamo avere un cuore sensibilissimo al suo invito e alla sua sollecitudine. Veramente dobbiamo ravvivare questa fede che troppe volte è opaca, che troppe volte è esageratamente piccola. Dobbiamo ravvivarla. Dobbiamo guardare a Gesù e, nell’ammirazione, nell’amore a lui, procedere speditamente. Cammineremo forte se penseremo alla sua grandezza, alla sua bontà, alla sua incessante misericordia.

dPM, Omelia Giovedì IV settimana TdQ, 17/03/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo oggi per il piccolo Riccardo nel giorno del suo primo compleanno; gli auguriamo una vita piena di grazie, di gioia e di amici veri. Il Signore lo benedica e lo custodisca assieme alla sua mamma e al suo papà.

Venerdì IV settimana Tempo di Quaresima

19/03/2021

2 Sam 7,4-4. 12-14.16; Rm 4,13. 16-18. 22; Mt 1, 16. 18-21. 24

Dal Vangelo secondo Matteo

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.

Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Invochiamo ed onoriamo san Giuseppe, grandissimo santo.

Tre titoli vengono dati dal vangelo a san Giuseppe. Viene chiamato «uomo giusto»; viene chiamato «figlio di Davide»; e, ancora: «sposo di Maria».

La sua missione è stata la missione di amare Maria, di amarla come sua sposa; amare la creatura più grande e più delicata. E Giuseppe, lavorato dallo Spirito Santo, era in grado evidentemente di adempiere la sua missione: missione di amare, missione di servire, missione di custodire.

«Uomo giusto», cioè nella pienezza delle virtù; «figlio di Davide», cioè nella linea messianica, per custodire il figlio di Dio fatto uomo; «sposo di Maria», perchè nessuno poteva sostituirsi a lui, nessuno era capace di corrispondere all’amore della Madonna. Lui ha saputo corrispondere; Lui ha saputo presentare il sacrificio di una vita posta nell’umiltà, nel servizio, nella fedeltà.

Giuseppe e Maria sono modello a tutti gli sposi. Nessuno ha mai amato come loro: nessuno sposo ha amato come Giuseppe ha amato la Madonna; nessuna sposa ha amato tanto suo marito come la Madonna. E vengono posti così, nella Chiesa, come modello, un magnifico modello a cui tutte le famiglie devono guardare.

Le famiglie non devono semplicemente posarsi su valori umani che sono sempre fragili e sono sempre labili. Ogni famiglia deve appoggiarsi sulla parola di Dio, sul comando di Dio; ogni famiglia deve avere in pienezza il valore della missione data da Dio.

Una missione grande ha la famiglia e noi dobbiamo pregare per tutte le famiglie, perché le famiglie che trovano tante difficoltà possono risolvere i loro problemi unendosi insieme nella legge del Signore. È la legge di Dio che guida; non è il capriccio, meno ancora l’istinto; non è il ragionamento. La vittoria è della fede.

Invochiamo san Giuseppe perchè sia veramente per le nostre famiglie un presidio, un prezioso aiuto di bene; perché in tutte le famiglie si osservi la legge del Signore nella sua pienezza; perchè nelle famiglie ci si richiami a Lui, al Signore, come la roccia su cui costruire, ci si riferisca a Lui. Non l’opinione, non il sentimento, non la sensibilità, ma la sua indicazione sia sempre, in tutto, la sicurezza, sia la forza, sia la consolazione, sia l’aiuto.

dPM, Omelia Venerdì IV settimana TdQ, San Giuseppe, 19/03/1988

Intenzione di Preghiera

Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa’ Aiutaci o Signore a dire il sì di Giuseppe: a fidarci di Lui anche quando sembra tutto impossibile.

Sabato IV settimana Tempo di Quaresima

20/03/2021

Ger 11,18-20; Gv 7,40-53

Dal Vangelo secondo Giovanni

All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Questi è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?». E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!». Ma i farisei replicarono loro: «Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea». E tornarono ciascuno a casa sua.

Lo volevano arrestare quasi che si potesse fermare il progetto di Dio, quasi che la forza dell’amore potesse essere imprigionata. E Gesù veniva così a portare l’amore, ma non un amore umano, non un amore che, anche quando è forte, si infrange. Veniva a portare l’amore divino, l’amore che è infinito nel seno della Trinità. Veniva a parlarci di amore, veniva a dirci che Dio ci vuole bene, che Dio vuole solo la nostra salvezza, che Dio creatore e signore, è un Padre. Gesù veniva ed era tutto ardente. Era venuto a portare il fuoco sulla terra. Doveva accendersi. Ecco, sappiamo bene, nella Madonna questo amore ha trionfato. Dobbiamo ricorrere a Lei, farci aiutare per saperlo raccogliere anche noi. Perché abbiamo il cuore debole, che va dietro a degli altri affetti. Abbiamo un cuore che addirittura ha per certi peccati un affetto. Il nostro cuore è perciò sporco, disordinato, caotico. Abbiamo bisogno dell’intercessione della Madonna  per pulire il nostro cuore e presentarlo perché si riempia del vero amore. La Madonna ha saputo raccogliere l’amore di Gesù nel momento angoscioso del sacrificio. Ha saputo rimanere forte. Vedete, era con alcune pie donne, ma non era sostenuta dalle pie donne. Stava in piedi, forte, vigorosa, in un mare di dolore. Ecco, dalla Madonna apprendiamo la forza che ha il sacrificio, la forza di purificazione che per noi peccatori ha la penitenza. Impariamo che la penitenza noi dobbiamo farla per arricchirci di amore, per dilatare il nostro cuore che capisca l’amore, che capisca quanto il Signore vuole fare per noi, che capisca come in ogni occasione dobbiamo poter crescere nell’amore. La Chiesa è la custode della parola di Dio, la Chiesa è memorabile in tutte le sue missioni ed evangelizzazioni. Ecco, insieme alla Chiesa con umiltà, ringraziando il Signore per quello che ha dato alla nostra Chiesa , cresciamo nella carità, nell’amore, nella disponibilità.

dPM, Omelia Sabato IV settimana TdQ, 23/03/1985

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per tutte le mamme, perché il Signore doni al loro cuore la capacità di dilatarsi e aprirsi al dono della vita, sempre con amore e fiducia nella divina Provvidenza; le affidiamo alla custodia preziosa di Maria Vergine e Madre.

V Domenica Tempo di Quaresima

21/03/2021

Ger 31, 31-34; Eb 5, 7-9; Gv 12, 20-33

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.

Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Con questa domenica entriamo più profondamente nel Cuore di Cristo, il Cuore di Cristo che soffre. Ha avuto tanta sofferenza per darsi a noi, tanta! Non è stato per un destino, è stato per una sua scelta: ha scelto di soffrire, di soffrire tanto, fino a morire. E Lui stesso – abbiamo sentito – si paragona al disfacimento del chicco di grano nella solitudine della terra.

Soffre Gesù, e soffre per amore, nell’obbedienza al Padre suo e nella carità per noi.

Bisogna che un cristiano capisca che non può attuare la propria salvezza, non può realizzare la propria grandezza se non così, con lo stesso amore, con la stessa forza. È proprio come dicevamo nella preghiera di inizio: “Dobbiamo vivere e agire in quell’amore che spinse Gesù a dare la vita per noi”.

Bisogna che sentiamo forte il desiderio di capire un po’ di questo amore, almeno un po’; bisogna che ripetiamo le parole di quegli uomini che sono andati da Filippo e Andrea: “Vogliamo vedere Gesù”. Bisogna che lo vediamo davvero, perchè troppe volte lo diamo per scontato, e quando guardiamo il crocefisso non ci dà quei sentimenti di tenerezza e di riconoscenza che dovrebbe suscitarci a tutti i costi. Restiamo freddi, perchè lo consideriamo una cosa lontana da noi ed è invece così vicina a noi! L’amore di Cristo è restato uguale.

Il Cuore di Cristo brucia di amore per noi, brucia di amore e noi restiamo indifferenti!

In questa viva grazia del tempo, in questo tempo di Passione poniamo tutta l’anima nostra a capire Gesù, a seguire Gesù, perché non lo si può capire se non lo si segue. E lo si segue vincendo noi stessi; lo si segue maturando la nostra riflessione; lo si segue cercando di aprire il cuore alla sua volontà e insieme con Lui essere per la salvezza di tutti gli uomini.

Bisogna che attuiamo la nostra conversione; la nostra conversione pasquale va precisamente maturata e riflessa in questi giorni: la nostra conversione, la liberazione dai nostri peccati, il cambiamento dei nostri difetti, la nostra più viva sensibilità alle cose celesti.

Dobbiamo entrare di più in un clima di preghiera. Mai più preghiere formali, mai più preghiere distratte, mai più preghiere svogliate!

Dobbiamo a tutti i costi realizzare un ambiente in cui si possa sentire chiara, forte, la voce dello Spirito. È proprio lo Spirito che ci dirà che cosa dobbiamo lasciare, che cosa dobbiamo compiere, quali sono le cose che il Signore desidera precisamente da noi.

Poniamoci con molta forza, poniamoci con molta generosità. Sono i giorni della generosità! Chi manca, viene a privarsi di un tesoro. I giorni della generosità, i giorni che precedono la Pasqua. Poniamo la nostra fiducia nelle mani della Madonna, perchè sia lei a condurci in questa Pasqua, sia lei che ci ottiene quella carità di cui è costituito il centro del Cuore di Gesù.

Così, con forza; così, con umiltà; così, con perseveranza!

dPM, Omelia V Domenica Tempo di Quaresima, 20/03/1988

Intenzione di Preghiera

“La nostra vita serve per servire”. Preghiamo perché ciascuno di noi nel vivere la propria vocazione, a volta risucchiati dalla “corsa della quotidianità”, possiamo tenere una logica alta del servizio: a lavoro, in famiglia, con i nostri figli, con i nostri amici. Il nostro servire sia un riflesso dell’amore di Dio, amore che si dona totalmente.

Lunedì V settimana Tempo di Quaresima

22/03/2021

Dn 13,1-9. 15-17. 19-30. 33-62; Gv 8,1-11

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.

Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.

Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Il Signore è infinita misericordia. La sua misericordia è senza confini, perdona ogni peccato. Però vuole da noi quella disponibilità di animo di non peccare più, vuole da noi la vera fortezza, perché è possibile tenere il cuore santo, tenere il cuore onesto, tenere il cuore senza macchia solamente con la fortezza. La fortezza viene dallo Spirito Santo. Non abita in tutti i cristiani lo Spirito Santo? Ricordiamo le parole della Scrittura: “Voi siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi”. Ogni cristiano è un sacrario, è una cosa magnifica, perché c’è un Dono che supera tutti i doni.

I doni sono creati. Quel Dono non è creato, è increato, perché è lo Spirito di amore. Dobbiamo avere molto rispetto di noi stessi e degli altri, proprio in ordine a questa verità. È in questa verità che santifichiamo la nostra vita, che dominiamo le nostre passioni. È in questa verità che abbiamo il gusto delle cose di Dio. È in questa verità che la famiglia cristiana trova la sua solidità.

La famiglia cristiana è una famiglia che si è formata in un sacramento, si è formata in una grazia particolarissima di Gesù che ha tanto amato la Chiesa da chiamarla «sua sposa» e vuole che ogni cristiano che fa parte della Chiesa realizzi questo amore, realizzi questa donazione.

La famiglia cristiana è una famiglia formata dallo Spirito per gli scopi più santi e più belli.

Ecco perché dobbiamo veramente valutare il grande tesoro di formare e di avere una famiglia cristiana; ecco perché tutti devono pregare perché venga il Regno di Dio.

I valori umani si infrangono, ma i valori divini non si rompono mai. I valori divini restano, i valori divini rifulgono, i valori divini consolano.

Guardare perciò in ogni famiglia a questi valori, sottolinearli e gustarli profondamente: fortezza, umiltà, amore. Ecco, l’ideale che deve avere il cristiano e coloro che formano una famiglia nel nome di Gesù. Nel nome di Gesù, guidati dallo Spirito, realizziamo un capolavoro, realizziamo una testimonianza di fronte a un mondo che si dissolve sempre di più, di fronte a un mondo in cui la famiglia senza valori non resiste e si profana, e si macchia, e perde la sua dignità, e sciupa la sua missione.

dPM, Omelia Lunedì V settimana TdQ, 21/03/1988

Intenzione di Preghiera

Il Signore ci chiama a condannare il male, a fare tutto quanto è in nostro potere per contrastare la sua forza ed essere testimoni del bene. Preghiamo perché nel sacramento della riconciliazione ci lasciamo raggiungere dalla sua misericordia.

Martedì V settimana Tempo di Quaresima

23/03/2021

Nm 21,4-9; Gv 8,21-30

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.

Dobbiamo meditare sui frutti della Passione di Gesù: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Questa potenza del suo Sangue, perché è il Sangue di Dio fatto uomo. È il Sangue del quale una sola goccia può salvare non solo il mondo, ma mille mondi.

È proprio in questo ordine che comprendiamo come siamo beneficati, come siamo arricchiti, come è vero che i frutti della redenzione sono mirabili. Mirabile è la nostra comunicazione con Dio in Gesù; è mirabile perché riceviamo un dono frutto della sua immolazione: il dono della grazia santificante, che veramente ci rende figli di Dio, ci rende fratelli di Gesù, ci rende tabernacoli dello Spirito Santo.

Quanta stima quindi dobbiamo avere della grazia, come dobbiamo difenderla da tutti gli attacchi della tentazione! La tentazione ha esattamente questo scopo: farci perdere la grazia di Dio o renderci meno agguerriti, meno fervorosi, meno bravi.

Difenderci vuol dire ripensare spesso a questo preziosissimo dono, ripensarci, e a tutti i costi volerla accrescere in noi. Come cresce la grazia?

Cresce mediante la preghiera. Pregare bene: si accresce la grazia.

Si accresce mediante i sacramenti, particolarmente col sacramento della Penitenza, col sacramento dell’Eucarestia. L’Eucarestia è Gesù che fa crescere in noi la vita, che ci dà la gioia di questa crescita.

E si accresce, ancora, con le opere buone.

Ecco ciò che ci dice la Liturgia stasera: Guarda Gesù, guarda Lui in croce. Pensa come ti ha ottenuto un dono così prezioso e non perdere tempo! Tutti i giorni la tua preoccupazione, la tua volontà sia di crescere nella grazia. E tutto sia indirizzato a questo. Cresci nella grazia, matura la tua qualità di figlio di Dio, realizza sempre di più nell’amore perché un figlio deve realizzarsi proprio nel grande amore al Padre.

Fatti figli del Padre celeste dobbiamo realizzare la nostra grandezza e vivere profondamente la nostra gioia.

dPM, Omelia Martedì V settimana TdQ, 22/03/1988

Intenzione di Preghiera

Lo Spirito ci insegni a contemplare e onorare la Croce gloriosa di Cristo nelle persone fragili e sofferenti che incontriamo sul nostro cammino, dando loro umani gesti di aiuto.

Mercoledì V settimana Tempo di Quaresima

24/03/2021

Dn 3,14-20. 46-50. 91-92. 95; Gv 8,31-42

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?».

Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro».

Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro».

Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato».

La libertà vera è la libertà dell’amore. Dio ci ha fatto liberi e nella nostra libertà dobbiamo attuare il suo amore, nella nostra libertà dobbiamo costruire noi stessi, dobbiamo dare forza e generosità alle nostre azioni.

Valorizzare la libertà è valorizzare le nostre capacità migliori: è valorizzare la nostra intelligenza, perché apprenda la verità, tutta la verità che il Signore ci ha partecipato; è valorizzare la volontà che deve tendere a ciò che è buono, a ciò che è meglio; è valorizzare la nostra sensibilità, perché accompagni e renda ancora più forte la nostra scelta.

Perfezionarci è allora l’invito che ci fa il Signore. Ogni cristiano deve tendere alla perfezione; deve tendere alla perfezione secondo la sua vocazione: chi è consacrato da consacrato, chi è laico nella Chiesa deve realizzare la perfezione del laico, che è la perfezione del discepolo di Gesù, è la perfezione di un amore che riconosce quanto ha ricevuto e desidera dare in corrispondenza.

Chi ha ricevuto cinque talenti deve dare cinque talenti, chi ne ha ricevuto due deve darne altri due. Pensiamo alle grazie che ci ha dato il Signore, pensiamo quale frutto hanno dato nella nostra vita e hanno dato nella Chiesa di Dio. Pensiamo quanto il Signore ci ha elargito per il bene di tutti, per un bene potente.

Se noi fossimo santi, quale flusso di vita porteremmo nella Chiesa! Come canali, che sono capaci di attingere dalla sorgente una numerosità di acqua di salvezza. Pensiamo quindi che proprio in questa Quaresima dobbiamo particolarmente lottare contro la nostra mediocrità, contro l’affetto che troppe volte abbiamo a essere mediocri, contro il comodo sul quale indugiamo. Lasciamo tante occasioni di bene e continuiamo purtroppo molte volte in una preghiera povera e tiepida, in un esercizio di virtù stiracchiato e penoso.

Il Signore ci chiama: realizziamo noi stessi, tendiamo alla perfezione, mettiamoci al servizio del Regno di Dio. Il Regno di Dio subisce violenza e solo i violenti lo rapiscono.

dPM, Omelia Mercoledì V settimana TdQ, 23/03/1988

Intenzione di Preghiera

“Se rimanete nella mia Parola, siete davvero miei discepoli”.

Ti chiediamo, o Signore, di poter ascoltare ogni giorno la tua Parola e di farla nostra, per rafforzarci nella Fede, nella Speranza e nell’Amore. La tua Parola sia per noi cibo che ci conforta, ci alimenta e ci libera dalle nostre sofferenze e dalle nostre paure. Donaci la forza di essere testimoni autentici della tua Parola in ogni attimo della nostra vita.

Giovedì V settimana Tempo di Quaresima

Annunciazione del Signore

25/03/2021

Is 7,10-14; Eb 10,4-10; Lc 1, 26-38

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Benediciamo il suo sì, perché dal suo sì sono nati tutti i beni della redenzione. Benediciamo il suo sì, frutto del suo amore, della sua umiltà, frutto della sua generosità pratica, perché Maria sapeva bene a che cosa andava incontro.

Benediciamo questo sì con tutto il cuore e cerchiamo di metterci alla scuola di questa sapienza, alla scuola di questa umiltà, alla scuola di quest’amore. Dobbiamo camminare nelle sue vie che sono le vie di Gesù, dobbiamo porci disponibili a tutta la volontà di Dio, a tutto quello che il Signore desidera da noi di servizio, quella forma di servizio così energica che ognuno di noi deve applicare, perché la volontà di Dio non ci lascia senza una grande forza. La volontà di Dio si impone a noi anche se ci lascia liberi. La volontà di Dio è tutto per noi.

È sostanzialmente nella preghiera che dobbiamo chiedere la volontà di Dio. E la volontà di Dio è ben chiara: ogni cristiano deve essere un discepolo di Gesù, ogni cristiano deve seguire il vangelo, senza eccezioni, senza lacune. Deve seguire il vangelo! Deve seguirlo perché è l’unica strada, perché è l’unica meta che ci faccia raggiungere il nostro destino eterno.

La prima meta è l’osservanza della legge di Dio. Impariamo da Maria ad entrare nello spirito dell’uniformità alla volontà di Dio. Maria ci deve preparare particolarmente quest’anno a vivere profondamente la Passione e la Morte del Signore, a capirlo, a capire Gesù. Perché troppe volte tentiamo un alfabeto diverso, un discorso che senza dubbio è totalmente frastornato. Bisogna parlare il linguaggio di Gesù e ascoltare la lezione che ci viene dal Calvario.

Noi benediciamo il Signore che ci ha dato un esempio di tale disponibilità in Maria Vergine e vogliamo essere perfettamente disposti, perfettamente pronti, perfettamente energici a seguire la strada di Dio, a percorrere totalmente la sua chiamata. Dobbiamo con tutto il cuore porci in questa disposizione di animo.

E invochiamo dalla Beata Vergine tanta grazia, invochiamo tanto aiuto, invochiamo tanta consolazione, perché sappiamo superare le nostre difficoltà, i nostri dolori ed essere completamente uniti alla volontà di Dio. Cerchiamo di amare la volontà di Dio; di amarla nelle cose grandi e di amarla nelle cose piccole. Cerchiamo di praticarla con generosità e con sicurezza perchè è lì il segreto del nostro trionfo.

Ringraziamo Dio in questo giorno dell’Annunciazione per tutte le grazie che ci ha dato in parrocchia attraverso il servizio diaconale, perché sono dieci anni che abbiamo tra noi i diaconi; ringraziamolo e proponiamoci di andare a gara a servire di più il Signore, a volergli bene, a donargli tutto il nostro cuore.

dPM, Omelia Solennità Annunciazione del Signore, 25/02/1988

Intenzione di Preghiera

Riconoscenti a Maria, che col suo SI ha permesso la nostra redenzione, preghiamo per tutti i giovani, affinché con umiltà e libertà, sappiano rispondere con un SI deciso alla volontà del Signore sulla loro vita.

Venerdì V settimana Tempo di Quaresima

26/03/2021

Ger 20,10-13; Gv 10,31-42

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre; per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».

Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre».

Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Oggi, venerdì di Passione, la tradizione ecclesiale ha sempre ricordato la parte che la Madonna ha avuto nella Passione, quanto ha sofferto la Madonna, perché ha voluto liberamente partecipare delle sofferenze di Gesù. Il Figlio di Dio, venuto nel mondo, è stato oggetto di una persecuzione irragionevole e continua. Il brano di Vangelo che abbiamo ascoltato ci dice quanto erano insolenti e fanatici. La Madonna ha partecipato tanto da essere chiamata la prima dei martiri, perché ha sofferto di più dei martiri, perché, anche se non ha avuto il suo corpo trafitto, la sua anima ha sentito il dolore di Gesù e vi ha partecipato con una forza unica, perché era unico l’amore che portava al Figlio. Nessuno ha amato di più Gesù di quello che lo ha amato Lei e nessuno perciò ha sofferto di più, unito di più alla tremenda sofferenza con la quale Gesù ha redento il mondo. Per i nostri peccati, lo sappiamo bene, per i nostri peccati. Per i miei, per i vostri, per quelli del mondo. Il Signore ha sofferto così. Il Signore ha dato tutto se stesso. Ecco perché le disposizioni ottime per entrare nella settimana Santa sono proprio quelle del pentimento dei nostri peccati, del confessare i nostri peccati, nell’individuarli e nel vedere la vera fisionomia di questi peccati e come hanno lacerato il cuore di Gesù e come siamo incoscienti e come siamo assurdi, se continuiamo ad offendere il Signore dopo di averne capito il dolore e l’amore. Come dobbiamo purificare noi stessi! Come dobbiamo prendere su di noi stessi le nostre penitenze! Bisogna che il pentimento non sia solo verbale, non sia solo delle parole, ma sia delle opere. Ecco perché la confessione sacramentale va accompagnata da una vera penitenza personale, da una vera purificazione perché noi che abbiamo cercato il piacere attraverso il peccato, attraverso le penitenze cerchiamo veramente di cancellarlo. Ci aiuti la Beata Vergine e ci dia una partecipazione alla sofferenza sua, ci dia una partecipazione alla sua volontà di unirci al cuore e ai sentimenti di Gesù. Così di giorno in giorno cercheremo di attuare la nostra Pasqua, il nostro passaggio, la nostra elevazione, la nostra generosità, perchè la nostra fede sia la nostra salvezza. La salvezza sta tutta qui: Gesù dalla croce ci offre il suo cuore. Guardiamo di non rifiutare questa occasione tanto particolare e bella della Pasqua. Accogliamo in noi i sentimenti di Gesù e viviamo in corrispondenza.

dPM, Omelia Venerdì V settimana TdQ, 29/03/1985

Intenzione di Preghiera

Gesù è disprezzato dai suoi compaesani e, come lui, sono disprezzati e messi a tacere con violenza tanti perseguitati nel mondo. Preghiamo il Signore per loro e perché, con coraggio, sappiamo prendere le loro difese testimoniando la nostra fratellanza.

Sabato V settimana Tempo di Quaresima

27/03/2021

Ez 37,21-28; Gv 11,45-56

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».

Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Entrando nella Settimana Santa dobbiamo sforzarci di penetrare il mistero della Croce, perché è il mistero della salvezza, è il mistero dell’amore, quel mistero per cui il Signore per darci la vita ha accettato la morte, per darci la gioia ha accettato il supplizio e il dolore. Così esigeva la riparazione dei peccati.

Il peccato è essenzialmente disordine e odio. E in questo disordine e in questo odio trionfa Satana e trionfano le cattive passioni. Ecco, la redenzione si annuncia come la riparazione del peccato, e la riparazione del peccato – odio e ribellione – è una riparazione di sofferenza e di umiltà. Gesù accetta l’umiltà come la sua strada e la indicherà a tutti i cristiani come l’unica via: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”.

Gesù accetta l’umiliazione, accetta la pena per amore al Padre e per amore al Padre offre tutto Se stesso. Seguiamo Gesù, e per riparare il nostro peccato accettiamo anche noi le cose contrarie, accettiamo le umiliazioni, accettiamo le pene che la Provvidenza ci ha assegnato. Accettiamole con fede, sapendo che attraverso la nostra penitenza e la nostra umiliazione raggiungeremo quello che ha raggiunto Gesù: la gloria della Resurrezione. Una gloria magnifica, una gloria che trionfa, una gloria che è superiore a ogni nostra immaginazione.

Impegniamoci per essere veramente pronti a seguire Gesù sulla strada del Calvario. La Via Crucis deve essere percorsa da tutti i cristiani, da tutti coloro che vogliono redimere i propri peccati e vogliono porre le speranze nel Regno dei cieli. Noi siamo cristiani per il Regno dei Cieli; noi siamo cristiani non per questa vita, ma per il Paradiso; noi siamo cristiani e perciò speriamo e attendiamo dal Signore la ricompensa delle nostre opere buone.

Percorriamo questa Settimana Santa con molta disposizione, con molto fervore, con molta umiltà. Percorriamo questa Settimana Santa raccogliendo gli esempi e le parole di Gesù. Percorriamo questa Settimana Santa con molta fede, perché non sia semplicemente uno svolgersi di cerimonie, ma sia una settimana ricca di insegnamento, ricca di esempio colto da noi per quello che ha fatto Gesù. Percorriamo la strada del Signore, percorriamola forte, percorriamola senza titubanza, viviamo i misteri di Gesù in pienezza, con fede, con umiltà, con perseveranza. Percorriamo i misteri di Gesù e viviamo come Lui nella santa volontà del Padre.

dPM, Omelia Sabato V settimana TdQ, 26/03/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per coloro che si sono allontanati dalla fede, perché possano aprire il loro cuore al richiamo dello Spirito.

Domenica delle Palme: Passione del Signore

28/03/2021

Is 50, 4-7; Sal.21; Fil 2, 6-11; Mc 14, 1- 15, 47

Dal Vangelo secondo Marco

Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:

“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.

Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire con le nubi del cielo».

Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

At 13,26-30

L’ingratitudine, l’accecamento del cuore.

Spesso in questi giorni la liturgia sottolineerà questa riflessione. Hanno visto i miracoli, hanno ascoltato le parole di vita, le parole che nessuno mai aveva fatto udire agli orecchi degli uomini: lo hanno tradito, lo hanno suppliziato.

La liturgia ci ammonisce perché è un peccato odioso, ma è un peccato facile, tanto è l’egoismo che è nell’uomo. E dobbiamo premunirci meditando sul loro peccato per non cadere anche noi nella ingratitudine. Quante prove di amore! Quanti doni ci ha fatto il Signore! Ma come siamo facili a lamentarci, come siamo facili a non riconoscere il dono di Dio, a volere quello che vogliamo noi, a preferire il nostro capriccio!

Dobbiamo chiedere al Signore di saper vedere sempre il suo dono. In questi giorni, entrando nel mistero della Croce, dobbiamo avere il senso della responsabilità. Noi, così beneficati, come corrispondiamo? Noi, così accarezzati dalla grazia di Dio, come abbiamo risposto? Come è la nostra preghiera? Come è la nostra opera di ogni giorno? È vera gratitudine? Abbiamo il cuore sempre pieno, abbiamo il cuore sempre dilatato dalla riconoscenza?

Chiediamolo, per non imitare neanche nel poco ciò che è stato il peccato dei Giudei durante la Passione

dPM, Catechesi vespertina Domenica delle Palme, 27/03/1988

Intenzione di Preghiera

Gesù ci ha amati sino alla fine, ci ha amati per sempre. Niente ha potuto fermare il suo amore.

Perché in ogni messa sappiamo unirci al mistero Pasquale di Cristo per la salvezza di ogni uomo.

Lunedì della Settimana Santa

29/03/2021

Is 42,1-7; Sal 26; Gv 12,1-11

Dal Vangelo secondo Giovanni

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

È il vero amore quello che distacca il cuore dai beni terreni. Giuda non aveva distacco, era avaro, non amava Gesù, non lo amava e lo avrebbe tradito per pochi soldi.

Molte volte anche per noi c’è il dilemma: o l’amore o il tradimento. Se accogliamo l’amore, accogliamo tutta la vita di Dio, tutto il piano di Dio, tutta la magnifica invenzione di Dio; se, invece, il nostro cuore va dietro ai beni terreni, se diventa idolatra delle cose di questa terra, allora basta un pretesto, basta un piacere a tradire il Signore. Perché il peccato mortale è un tradimento, un odioso, un brutto tradimento. Dobbiamo combattere, perché non prenda mai il possesso del nostro cuore; dobbiamo fare ogni sacrificio e metterci fuori dal pericolo del peccato mortale. Questa Settimana Santa vedremo di una visione molto forte quanto Gesù ha sofferto per i peccati e ripeteremo: “Agnello di Dio che togli i peccati del mondo”.

Dobbiamo crescere il nostro distacco, quel distacco più necessario perché ci sono delle cose che con facilità ci possono indurre al tradimento, ci sono dei punti deboli nella vita spirituale di ognuno.

Bisogna medicare questi punti deboli, bisogna imparare l’amore del Signore, bisogna diventare più forti, più vigorosi, più decisi. Come siamo spesso incerti, come restiamo in una mediocrità deprecabile, in una mediocrità che ci rende sempre infermi, che ci rende sempre vulnerabili! Oh, cerchiamo di preparare la nostra Pasqua, la nostra Pasqua di liberazione e di amore, la nostra Pasqua di vittoria, la Pasqua con la quale nella forza di Gesù vogliamo sconfiggere il nemico infernale. Diamoci totalmente al Signore. Diamo il nostro cuore e distacchiamoci dal piacere materiale, dal piacere che lusinga il nostro egoismo e il nostro orgoglio. Distacchiamoci dal piacere per avere come sommo gaudio quello di fare la volontà di Dio e di seguire Gesù.

dPM, Omelia Lunedì della Settimana Santa, 28/03/1988

Intenzione di Preghiera

“Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena”.

Per le nostre Comunità di amici, perché siano luoghi abitati dalla Sua Presenza.

Martedì della Settimana Santa

30/03/2021

Is 49,1-6; Sal 70; Gv 13,21-33. 36-38

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire». Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

Siamo invitati a meditare su questa pagina in cui rifulge l’amore divino e rifulge la perversità umana. Fino in fondo Gesù tratta bene Giuda. Dargli un boccone era un segno di tenerezza. Giuda rifiuta l’amore di Gesù. Per questo – osserva l’Evangelista – “Satana, dopo quel boccone, entrò in lui”. Il tradimento, il rifiuto dell’amore divino. Oh l’amore col quale ci ama Dio quanto è grande! Quanto è mirabile! Quanto è continuo! Come ci ama il Signore!

Il Signore conosce ognuno di noi, conosce le debolezze di ciascuno, conosce i difetti, difetti che si ripetono, difetti che non smettiamo: siamo molto monotoni nei nostri peccati. Il Signore nonostante questo ci ama, ci ama veramente, ci ama totalmente. E ci vuole con lui, ci prepara un posto vicino a Lui. “Ora non mi potete seguire”; ripete quello che ripete a Pietro: “Più tardi mi seguirai”. La nostra vocazione è il Paradiso. Quando il Signore lo vorrà potremo essere nella sua gloria, nella sua gioia perché siamo nella sua misericordia.

La misericordia di Dio ci deve riempire il cuore di speranza. La speranza di essere sempre con Lui, la speranza di vincere le tentazioni e le prove, la speranza di essere sempre indomiti. Il demonio cerca di dominarci, cerca di vincerci; con la grazia di Dio possiamo vincere e vincere sempre.

Ecco, affermiamo la nostra fedeltà al Signore, affermiamo questa fedeltà e ripetiamola, sapendo però che saremo fedeli solo nella sua grazia, solo nella elargizione del suo amore.

Questa Settimana Santa ci porti a sentimenti ricchi di amore, a sentimenti di fortezza, a sentimenti di impegno e di donazione totale della nostra anima nelle mani del Signore. Come Giovanni apostolo recliniamo il capo sul Cuore di Gesù, sentiamone i palpiti, promettiamo di essere perpetuamente compresi di questo amore e di corrispondere in una pienezza sempre più entusiasta e sempre più forte..

dPM, Omelia Martedì della Settimana Santa, 29/03/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perché il Signore ci doni la Grazia di accogliere i tradimenti nella nostra vita; quelli subiti da altri, quelli che noi abbiamo fatto. Ci doni di rifondare le nostre relazioni nel Suo Amore che dona una vita nuova. Il Suo sguardo di misericordia ci ricolmi di Pace.

Mercoledì della Settimana Santa

31/03/2021

Is 50, 4-9; Sal 68; Mt 26, 14-25

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.

Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

Man mano che i giorni della Settimana Santa si avanzano cresce prepotente il nostro bisogno di amare Gesù, di amarlo con tutto il cuore, con tutta l’anima nostra, esprimendogli l’assoluta fedeltà.

Sulla piazza la gente gridava: “Non vogliamo che Egli regni su di noi!”. Noi ogni ora di più dobbiamo esprimergli la nostra indiscussa volontà: “Vogliamo che Tu regni nei nostri cuori. Vogliamo che la nostra vita sia un tuo regno”. Tutto quello che allora facciamo, tutto quello che scegliamo sia in quest’ordine: nell’ordine di un vero amore, di una vera fedeltà, di una vera forma di servizio. Ognuno di voi, ognuno di noi deve sentire la sua chiamata, la chiamata al servizio, e deve bandire dal proprio cuore, dalla propria vita tutte le cose che non sono un suo servizio, che non sono sue, che non sono volute da Lui.

Dobbiamo volere ciò che vuole Lui, dobbiamo volere tutto quello che vuole Lui, dobbiamo scartare tutto quello che Lui scarta.

Ecco, l’amore è stima: lo stimiamo come nostro Salvatore, come nostro Dio. Stimiamo tutte le sue parole e sappiamo nella fede che scegliere come vuole Lui è scegliere giusto, è scegliere bene, è scegliere in pienezza. Ci proponiamo perciò una maggiore generosità: non solo alcune cose, tutte le cose devono essere sue. Tutte! Dalle più grandi alle più piccole. A quelle di ogni giorno e a quelle che sono eccezione. Tutto deve essere suo.

Guardiamo alla Madonna, alla sua preziosa qualità di servizio. La chiamiamo «Vergine fedele». Ha espresso la più alta fedeltà, ha espresso l’amore più tenero e più preveggente. La Madonna ci è un esempio di come dobbiamo trattare Gesù. Quando domani celebreremo l’istituzione dell’Eucarestia vorremo anche esprimere la nostra precisa devozione, la nostra totale devozione a Lui presente sotto i veli eucaristici, a Lui presente sempre per noi nel santo tabernacolo.

Donargli il cuore, donargli la vita, donargli con tanta e tanta carità.

dPM, Omelia Mercoledì della Settimana Santa, 30/03/1988

Intenzione di Preghiera

Donami Signore occhi nuovi per saper riconoscere le benedizioni e i doni di cui la mia vita trabocca, fammi essere grato ogni singolo giorno per il dono meraviglioso della vita.

Giovedì Santo

01/04/2021

Es 12, 1-8. 11-14; Sal 115; 1 Cor 11, 23-26; Gv 13, 1-15

Dal Vangelo secondo Giovanni

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.

Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

“Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine”. Siamo riuniti per capire un po’ di questo amore e lasciarci guidare dall’amore. Il Signore, in questa cena, ha compiuto i miracoli della carità; ha compiuto due miracoli particolarmente: l’Eucarestia e il sacerdozio.

Con l’Eucarestia ha voluto rimanere per noi, ha voluto rimanere con noi, ha voluto essere compagno di ogni nostro tempo, di ogni nostra ora. E col sacerdozio ha voluto continuare l’esercizio della sua mirabile carità, beneficando il suo popolo.

Noi dobbiamo avere il cuore pieno di riconoscenza. Dobbiamo avere un cuore che palpita un po’ come deve palpitare. Giovanni apostolo reclinò il capo quella sera sul Cuore di Cristo. Ecco, sia il nostro atteggiamento: sentire i palpiti del Cuore di Cristo e lasciarci convertire e lasciarci cambiare. Vorrei che particolarmente facessimo i propositi di corrispondere con generosità e con umiltà. Corrispondere, per valorizzare sempre di più il dono dell’Eucarestia, la partecipazione nostra alla messa, le nostre comunioni, le nostre adorazioni. Oh come siamo troppe volte pigri, indolenti, svogliati! Invece di vivere il mistero siamo spettatori alla Messa, siamo più o meno col cuore indifferente: le meraviglie più grandi passano sotto i nostri occhi e restiamo indolenti e pigri! Riformare la nostra devozione eucaristica non è semplicemente aggiustare un po’ la nostra vita spirituale. È entrare proprio nel segreto, nel segreto dell’amore, nel segreto del dono, nel segreto della riuscita. Riformare la nostra devozione eucaristica, diventare discepoli attenti e generosi, corrispondere con umiltà a tutta la tenerezza del Cuore di Gesù, perché nell’Eucarestia c’è la sua tenerezza di salvezza, la sua azione di meraviglia, la sua continua premura per noi.

Lo capiamo bene, ce l’ha detto: “Neanche un capello del vostro capo cade senza il permesso del Padre”. Lui è venuto come l’ambasciatore del Padre, è venuto come colui che perdona, colui che toglie i peccati. Nell’Eucarestia applica alla nostra anima i frutti della Passione, della Morte e della Resurrezione. Ci dà tutto nell’Eucarestia. Lasciamoci conquistare. Diventiamo fervorosi e mai ci sia l’ombra della indifferenza, mai ci sia l’ombra del sacrilegio. Oh, facciamo bene le comunioni! Le comunioni siano partecipazione alla vita, partecipazione alla Resurrezione.

Chi fa male la comunione fa un orribile peccato di sacrilegio. Oh, il peccato di Giuda! C’era anche Giuda stasera. La prima Eucarestia è stata macchiata da un sacrilegio. Che non si verifichi questo anche per noi, perché allora dovremmo temere di fare la fine di Giuda.

E sentiamo sempre di più questa nostra presenza forte e delicata nella Chiesa, valorizzando il sacerdote che è posto da Gesù per noi. Ogni sacerdote è un prodigio di misericordia del Cuore di Gesù. Sentire come attraverso il sacerdote il Signore ci elargisce grazie di luce, grazie di fortezza, grazie di indirizzo chiaro e preciso.

Il Signore ci ha dato i sacerdoti come suoi rappresentanti, come altrettanti suoi chiari e forti indirizzi. Ce li ha dati perché noi possiamo essere uniti e nel Corpo Mistico celebrare la nostra posizione. Dobbiamo essere ognuno al suo posto nella Chiesa. Ognuno ha il suo compito, ognuno ha la sua responsabilità. Perciò uniti, perciò forti, perciò nella vita della Chiesa pronti a donare e ad accogliere. Vivere l’Eucarestia per vivere la Chiesa. Vivere l’Eucarestia per vivere il Corpo Mistico. Vivere l’Eucarestia per vivere nella concordia, nell’aiuto e nella carità più viva.

Resti così il nostro proposito, resti così la nostra generosità, resti così il fervore che vogliamo acquistare da questi Santi Misteri.

dPM, Omelia Giovedì Santo, 31/03/1988

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per i giovani perché, sull’esempio di Gesù che lava i piedi all’umanità, possano oggi trovare strade nuove nel mettersi a servizio di questo mondo che cambia.

Venerdì Santo

02/04/2021

Is 52, 13 – 53, 12; Sal 30; Eb 4, 14-16; 5, 7-9; Gv 18, 1 -19, 42

 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

(Qui si genuflette e di fa una breve pausa)

Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per tutti coloro che portano il peso di una croce. Il dono di Sua Madre, che Gesù ha fatto a tutti noi dalla Croce, sia soprattutto per loro sostegno, consolazione e conforto.

Sabato Santo

03/04/2021

 

 

Intenzione di Preghiera

Per l’umanità che attende; perché ogni attesa sia abitata dalla speranza in Colui che è risorto.

Domenica di Pasqua

Risurrezione del Signore

04/04/2021

At 10, 34. 37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9

Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

È un giorno di trionfo, è un giorno di gioia, è un giorno di esultanza e di speranza, è la gloria della nostra fede.

La fede nostra ci assicura che come Cristo è risorto così anche noi risorgeremo, che come Cristo è entrato nella gloria del Padre così anche noi vi entreremo. Sicuramente, vi entreremo! E la nostra eternità sarà nel cuore di Dio insieme con Gesù risorto, insieme con la Beata Vergine.

Oggi la nostra fede proclama e apre i nostri orizzonti; oggi non è possibile essere dei cristiani timidi, dei cristiani pavidi, dei cristiani che per definirli bisogna adoperare un aggettivo: cristiani «pusillanimi», che hanno paura, che hanno paura di professare, che hanno paura di un Cristianesimo pieno, che si accontentano di un Cristianesimo ridotto, di un Cristianesimo fatto di alcuni riti e alcuni gesti, di un Cristianesimo che Gesù rifiuta.

I cristiani devono sentire che sono gli eredi di Cristo e che due cose devono meditare.

Devono meditare sul loro essere. San Paolo dice: “Siete azzimi, siete un pane senza fermento: buttate via il fermento della malizia!”. Il cristiano deve essere senza il lievito vecchio; il cristiano, cioè, deve purificarsi, deve costruirsi, deve essere veramente cristiano nelle opere perché il cristiano è distinto dalle opere, è distinto perché deve seguire Cristo: non deve guardare gli uomini, non deve imitare gli uomini, non deve giustificarsi per gli uomini.

Il cristiano deve guardare a Cristo, solo a Cristo! Se anche tutti gli uomini mancassero, bisogna guardare ancora più intensamente a Cristo e imitarlo ed essere così con Lui principio di propulsione di vita, di testimonianza, di coerenza. La prima coerenza è cercare le cose di lassù dove si trova Cristo stesso, e guardare alle cose di lassù e non a quelle della terra.

Un cristiano deve essere testimone per il suo amore, per la sua carità, per la sua apertura in tutto: nelle cose intellettuali e nelle cose materiali, in tutto! Un cristiano deve essere una voce che proclama sempre questa realtà: Cristo è principio di vita e principio d’amore, solo in Cristo c’è la spiegazione di tutto.

Animiamoci dunque a fare una buona Pasqua, a migliorare noi stessi, ad essere generosi e aperti, a pregare tutti insieme per il bene e la pace del mondo. Noi dobbiamo avere il senso delle proporzioni; il senso delle proporzioni vuol dire che prima bisogna agire e poi parlare, e non prima parlare e poi agire. Dobbiamo agire nella nostra qualità, dobbiamo agire nella nostra dignità, dobbiamo agire nella preziosa eredità che ci ha lasciato Gesù.

Auguriamo a tutti questa Pasqua di salvezza, questa Pasqua di amore, questa Pasqua di vera vita, vita logica, vita cristiana.

dPM, Omelia di Pasqua, Messa del Giorno, 03/04/1988

Intenzione di Preghiera

Invochiamo il dono della fede: Gesù Risorto è vivo e cammina accanto a noi! Ringraziamo per il dono degli amici, segno e strumento della Sua presenza.

Bambini

Per i più piccini è previsto un percorso su misura, con attività adatta all’età, perché anch’essi si sentano protagonisti di questo magnifico tempo di attesa e di preghiera.

Per conoscere di più su don Pietro Margini, fondatore del Movimento Familiaris Consortio, visita il sito.

Prossimi appuntamenti

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