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Addio Papa Francesco. E grazie!

“Addio Papa Francesco”. Questa espressione, utilizzata dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione era da tempo evitata, quasi si trattasse di sancire una definitiva perdita. Si preferiva perciò esprimersi con un “arrivederci”, per attenuare il dolore di un distacco. Quando abbiamo aperto il testamento di don Pietro ci stupì il suo saluto: “A Dio”. Oggi credenti e non credenti si sono ritrovati in un augurio profondamente radicato nella fede nel Risorto, nella certezza che ci rivedremo. È in Dio che siamo uniti, all’origine, al compimento della vita, in ogni passo del cammino.

Lunedì dell’Angelo, nel cuore del Giubileo della Speranza, concluso il ministero terreno del Santo Padre, mi torna alla mente quanto un sacerdote che aveva conosciuto il card. Bergoglio in Argentina, ospitato nella nostra casa sacerdotale, ci disse all’inizio del suo pontificato: tra dieci anni la Chiesa non sarà più la stessa. Mi chiedevo come fosse possibile attraverso un solo uomo operare un cambiamento così profondo, ma sentivo che quella previsione era ben fondata. Per cambiare il mondo non basta l’enormità di un lavoro infaticabile e di una dedizione impressionante, fino all’ultimo, faticoso respiro.

Il mondo non è più lo stesso. Ne siamo consapevoli, anche grazie allo straordinario e decisivo sguardo che le nuove tecnologie rendono possibile sulla realtà e la vita del mondo intero. Gli uomini e le società chiedono in ogni epoca alla Chiesa: cosa dobbiamo pensare di quello scenario, di quel problema, di quella realtà che riguarda non più qualcuno, ma tutti? E di quelle esperienze particolari che differenziano qualcuno da tutti?

Più che per un calcolo o una strategia, Francesco ha inteso dare, a mio avviso, un metodo pastorale. Non cambiando la dottrina, laddove non è possibile per fedeltà al Vangelo o finché non maturi una comprensione più adeguata della Rivelazione che impegni magistero e teologia. Il pastore non è padrone della Parola di Dio e della Verità. È chiamato piuttosto a mostrare a tutti quanto la volontà di Dio sia gioia e pienezza di vita, indicando i passi possibili a ciascuno verso il bene. “Ognuno va aiutato a trovare il proprio modo di partecipare alla vita ecclesiale, e che ciò che può fare oggi può essere un passo verso un pieno inserimento” (Amoris Laetitia 299). Francesco si è posto come ciascuno di noi sacerdoti: davanti a Dio, vicino a tutti con cuore sacerdotale, senza pregiudizi, cercando di capire, di camminare insieme e di trovare la via perché il Signore si riconosca accanto a ciascuno, in ogni circostanza di vita. Anche la più complicata o distante, nella certezza che, una volta incontrato, Egli avrebbe pienamente attratto al suo cuore santo tutte le donne e gli uomini di qualunque condizione.

La Misericordia, già chiaramente indicata dai suoi santi ed ispirati predecessori, è una priorità pastorale cui ha dato un nuovo impulso e sviluppo, per cui mi sento particolarmente legato a papa Francesco, che mi ha costituito Missionario della Misericordia, assieme a sacerdoti di tutto il mondo. Si tratta di una figura ecclesiale nuova, da lui voluta ed accompagnata fino agli ultimi giorni di vita. Giunti da tutto il mondo per il nostro Giubileo, siamo stati sotto la finestra di Santa Marta pregando per lui il 29 marzo scorso.[1] Tale ministero chiede di essere ancora pienamente conosciuto e accolto nella Chiesa, ma è ricco di motivi di speranza. Mi ha confortato questa investitura, soprattutto laddove sentivo ci fosse più bisogno di esserne segno, per me anzitutto e per tanti fratelli che la divina provvidenza mi ha fatto dono d’incontrare in profondità. Ricordo con tanta gratitudine il sorriso e l’affettuosa carezza di Papa Francesco nel giorno in cui siamo stati istituiti: è la stessa carezza che siamo chiamati a offrire con sincera e generosa cordialità.

Resta ciò che ha sempre chiesto, con un’insistenza che fugge ogni dubbio sul desiderio principale di Francesco: “Pregate per me”. Lo abbiamo fatto per anni in tutte le Eucaristie celebrate in ogni angolo della terra. La Chiesa, fin dalle origini, non soltanto ha onorato la memoria dei defunti, ma ha pregato per loro. Ciò significa un legame tra viventi, che crediamo anche lo stesso Francesco continuerà con la Chiesa e con tutti coloro che sono amati da Dio. Per questa ragione anche noi crediamo, speriamo e preghiamo con lui e per lui.

Partecipando alle esequie in quella piazza in cui tante volte abbiamo potuto incontrare il successore di Pietro, che mai ha fatto mancare la presenza viva e contemporanea del Buon Pastore, desidero portare la vostra preghiera, perché il Signore accolga nella Misericordia piena il dono grande della vita di Francesco e non faccia mancare alla Chiesa e al mondo la conferma sicura della perenne bellezza e attualità del Vangelo per ogni creatura.

Addio Papa Francesco. E grazie!

Don Luca Ferrari

[1] https://www.osservatoreromano.va/it/news/2025-03/quo-072/conversione-e-perdono-le-due-carezze-di-dio-ai-peccatori.html

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