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Ho sorriso tanto // il racconto di Letizia in Madagascar

di Letizia Zanni

Non so nemmeno da dove partire: un mese è poco tempo (vetyvety come dicono i malgasci). Il cuore e gli occhi si riempiono fino a scoppiare e la testa non riesce a elaborare troppi pensieri.
Proverò comunque a scrivere qualcosa, ma saranno soprattutto pennellate: per un quadro completo chissà quanto tempo ci vorrebbe.

Ho sorriso tanto in questi 30 giorni, quasi che sembravo paralizzata… In fondo sì, alcune situazioni lasciano paralizzati e la cosa più sorprendente è che di fronte alla tua paralisi loro sorridono, i malgasci. È disarmante quanti volti sorridenti ho visto. Attenzione a non fraintendere: non stavano sempre bene quelle persone, anzi spesso avevano fame, poco e niente. Ma un sorriso è gratuito. Forse in Italia ce lo dimentichiamo a volte.

L’accoglienza: anche quella ti lascia senza parole. La capacità che hanno di farti sentire dono. Sì, perché la tua presenza è preziosa: sono triste se te ne vai, si sta bene con te, è bello conoscerti, è bello che tu sia qui… L’avete mai provato? Tutto questo senza capire una mezza parola di quello che dicevano; bastavano lo sguardo e il sorriso.

I bambini poi, anche loro ti vogliono subito bene. È vero, magari alcuni hanno un secondo fine e vorrebbero un regalo, dei soldi o non so cos’altro (anzi sì, lo so, praticamente vorrebbero tutto quello che hai a volte). Però io credo sia solo la prima impressione. Forse lo fanno perché sono abituati così, ma non è detto che cerchino per forza qualcosa di materiale. È bastato disegnare sulla sabbia per raccontare una storia, o regalare un disegno durante l’adorazione, o anche solo chiamarli per nome e cercarli in mezzo alla folla. È bastato esserci e dedicare un po’ di tempo per far sì che ricevessero un po’ di attenzione e amore. Secondo me molti cercano quello… Poi magari mi sbaglio perché ci sono stata per pochissimi giorni. E la cosa più meravigliosa è che quello che tu dai non è neanche la metà di quello che poi ricevi da loro.

Ho sorriso tanto e a volte mi sono emozionata di fronte alla carità di tante realtà. Questo mese ho conosciuto molti volontari. Forse volontari è la parola sbagliata: alcuni lo fanno di lavoro, altri non so perché lo facciano, ma non sono volontari come intendiamo noi. Sono volontari di Dio, a tempo indeterminato. Ho conosciuto la concretezza del donare la propria vita. Non che la vita non si possa donare altrimenti, però ecco qui faceva impressione. Più volte nella mia testa la domanda ‘perché dovresti spendere tutta la tua vita per questa gente? Chi te lo fa fare?’. ‘Ah, bisogna mettersi nelle mani del Signore e fare la Sua volontà, cosa vuoi che ti dica?’: non era per rispondere a una mia domanda, ma suor Giacinta ha voluto salutarmi così, e senza farlo apposta un po’ ha risposto.

Qui secondo me impari che i sì che dici a Lui poi diventano dei giganti. Perché questa rete di opere è gigante ed è frutto anche dei tanti piccoli sì che ciascuno ha detto.

È bella anche la collaborazione che queste realtà hanno, anche se diverse. A volte pure con idee diverse, ma comunque con tanta stima reciproca: forse riconoscono la ricchezza dietro alla chiamata dell’altro, anche se differente. Alla fine anche le persone non sono tutte uguali, e nemmeno i bisogni che hanno, quindi perché non ringraziare della diversità dei servizi che poi vengono offerti?

Abbiamo fatto un ritiro con alcuni volontari e abbiamo letto la parabola del buon samaritano. Ha risvegliato una domanda che avevo da un po’ nel cuore: chi sono i poveri? Chi è il prossimo? È importante rispondere, perché Dio chiama anche attraverso quello. Queste realtà sono state chiamate da prossimi diversi, ma sono comunque tutte per il prossimo. È davvero bello.

Ringrazio molto per questi giorni. Mi sono sentita spesso a casa. È una bella esperienza e quello che ho scritto è la punta confusa di un iceberg. C’è un mondo che non si riesce a raccontare, però è un mondo meraviglioso perché è anche quello un mondo di Dio.
Grazie

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