Cari amici, siamo ormai prossimi al Natale, guidati dalla sapienza della Liturgia e accompagnati dalle parole di don Pietro, che quotidianamente in questo Avvento abbiamo potuto rileggere e meditare. È il momento di bilanci per l’anno trascorso e di programmi per il futuro. Si accavallano sentimenti contrastanti, sebbene riconosciamo che nel cuore di molti uomini prevalgano oggi la preoccupazione e l’incertezza rispetto al desiderio di progettare con speranza il domani. Mentre siamo riconoscenti al Signore per le abbondanti grazie che dissemina nelle nostre vite, non ci lasciano indifferenti i drammatici segnali di declino della nostra società. In particolare, la diffusa indifferenza religiosa e il progressivo spegnersi di quella che un tempo è stata la civiltà cristiana, ci fanno sospirare con il salmista: “Forse Dio ci respingerà per sempre, non sarà più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre?” (Sal 76). È proprio nel buio di questa notte, nell’oscurità di queste “tenebre” (Gv 1,5) che risplende ancora di più la luce del Verbo che si è fatto carne per la nostra salvezza. Occorre saper vedere questa luce con uno sguardo di fede, perché Dio è sempre misteriosamente visibile e nascosto: in un bambino deposto in una mangiatoia, sul legno della croce, sotto le specie del pane e del vino, nei poveri che in tanti modi bussano alle nostre porte. Così recita un antico inno eucaristico: Adoro Te devote, latens Deitas, Quae sub his figuris, vere latitas (Adoro Te devotamente, oh Dio nascosto, sotto queste apparenze ti celi veramente). Come i pastori a Betlemme andiamo “senza indugio” (Lc 2,15) verso quel bambino, chiedendo la grazia di vedere quello che essi hanno visto, oltre il segno preannunciato loro dall’angelo: “Essi vedono dal di dentro. Vedono questo: ciò che l’angelo ha detto è vero. Così i pastori tornano con gioia. Glorificando e lodando Dio per quello che hanno udito e visto (cfr. Lc 2,20)”[1]. Oggi allora è tempo di grazia di conversione, è tempo di condivisione della gioia del cuore. Più che mai è urgente una generosa testimonianza di amicizia e di fraternità, per ridare speranza di pace a un’umanità arrabbiata e spaventata dalle sue stesse debolezze. Come ci ha ricordato Papa Francesco il “virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato”[2]. A Maria, Regina della pace, affidiamo l’anno venturo; le affidiamo soprattutto i giovani, che fin d’ora accompagniamo nella preghiera nel cammino di preparazione che li porterà alla XXXVIII Giornata mondiale della gioventù a Lisbona. E a tutti giungano i miei affettuosi auguri di un santo Natale, con le parole di don Pietro: “Fare Natale vuol dire sentire la presenza di Dio nella storia, sentire la presenza di Dio nella nostra storia, sentire cosa vuole Dio da ognuno di noi e dirgli il nostro sì”[3]. |
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[1] BENEDETTO XVI, L’infanzia di Gesù, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2012, p. 94.
[2] FRANCESCO, Messaggio per la LVI Giornta della pace, 1° gennaio 2023. [3] Margini don Pietro, Omelia del 22/12/1974, IV Domenica di Avvento. |
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