“Sono io!”. Omelia di don Pietro Margini

OMELIA IV DOMENICA DI QUARESIMA DI DON PIETRO MARGINI (1917-1990)
29/03/1981

1 Sam 16,1.4.6-7.10-13; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41

Man mano che ci avviciniamo alla Pasqua siamo invitati a vedere, ad accogliere la Luce. L’episodio vivo del cieco nato è una meditazione che ci è offerta con forza; con forza la grazia di Dio bussa al nostro cuore.

È tempo di vedere, ma che cosa dobbiamo vedere? Mi pare che sia tutto lì, nel saper vedere il Signore.

E’ quello che Gesù ha sottolineato al cieco: “Tu l’hai visto”, perché tutta la nostra salvezza, tutta la nostra ricchezza, tutta la nostra gioia viene dal vedere il Signore, dall’accoglierlo, dall’entrare in comunione con Lui. Troppo poco noi lo conosciamo e perciò troppo poco lo amiamo. Come si fa a conoscere Gesù? Ecco: “Nessuno viene a me – ha detto Gesù – se il Padre non lo attira”. Il modo di conoscere Gesù è il modo dello Spirito Santo.È lo Spirito Santo che entra potentemente nell’anima nostra e ci fa vedere Gesù come il nostro tutto, come la nostra vera gioia, come Colui che dà un senso a tutte le nostre cose. Vorrei soprattutto che in questa seconda parte della Quaresima noi insistessimo in questa conoscenza di Gesù, in questo saperlo vedere. Prima di tutto impegnarci ad una riflessione più profonda e più continuata, quella che noi chiamiamo la meditazione, che è una forma di preghiera nella quale diamo singolare posto al nostro colloquio con Gesù. La meditazione è uno sforzo per mettersi a disposizione, per abbandonare le nostre idee troppo umane o troppo frammentarie e acquistare le vere cognizioni, i veri gusti spirituali. Conoscerlo nella meditazione, in quella meditazione che parte dalla Liturgia e si raccoglie nel silenzio e nell’attività personale; quella meditazione che non consiste in una lettura rapida, in un ascolto superficiale, ma è l’impegno per potere veramente essere investiti dalla luce del Signore.

La seconda parte della Quaresima deve essere proprio consacrata più intensamente a questa riflessione, perché non ci avvenga di arrivare alla Settimana Santa svagati come al solito, superficiali e allora le grandi grazie di Pasqua non penetreranno in noi, ma scorreranno vicino a noi senza lasciare una vera traccia.

La seconda cosa che noi dobbiamo cercare di realizzare è un’unione più viva, più intensa con Gesù Eucarestia, perché Gesù non lo abbiamo lontano, lo abbiamo con noi, in mezzo a noi, viene dentro di noi. L’Eucarestia è esperienza di fede del divino. Eucarestia è fare un’unica cosa con Gesù e con Lui presentarci al Padre; è prendere la forza e il gusto delle cose perché troppe volte abbiamo solo il gusto delle cose umane e apprezziamo perfino delle sciocchezze, ma il gusto del divino troppe volte ci manca. Il gusto del divino si acquista nell’Eucarestia. Vorrei che rivedessimo i nostri rapporti con Gesù Eucarestia: che non siano così formali ed esteriori. Eucarestia è comunicazione d’amore, è comunicazione di dono, di un dono che supera ogni intelligenza, di un gusto di cose che realizza, dice la Liturgia: “Miglior sapore che non avesse la manna”. Rivedere le nostre posizioni eucaristiche, di vicinanza con Gesù: Tabernacolo, di unione con Gesù nella redenzione: sacrificio, nell’immergerci nella vita Sua, perché Lui viene a noi per trasformarci in Lui. Vorrei così che questa seconda parte della Quaresima stabilisse in noi la vera pace, la vera soavità, quella che questa domenica “in Laetare” intende preannunciare e attuare, quella soavità per cui ripetiamo: “Il Signore è il mio pastore non manco di nulla, mi rinfranca, mi guida… mi prepari una mensa”. Ecco, è tutto questo fiorire di bene, questa letizia della coscienza, questa pace della nostra anima che noi dobbiamo chiedere.

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