Omelia XVIII Domenica del Tempo Ordinario – ANNO C, don Pietro Margini

Omelia XVIII Domenica del Tempo Ordinario. Accompagnati  dalle parole di don Pietro Margini (1917-1990), per vivere con frutto questo tempo prezioso.

Qo 1,2; 2, 21-23; Col 3,1-5. 9-11; Lc 12, 13-21.

 

Il Signore oggi ci insegna il vero valore delle cose: quanto pesano per il tempo e per l’eternità. San Paolo, commentando le parole del Signore, avete sentito, ha detto che l’attaccamento a certi beni terreni è una sorta d’idolatria cioè un rifiuto di Dio, il porre la creatura la posto del Creatore.

Noi abbiamo bisogno di una lezione perenne perché con tanta facilità ci attacchiamo a delle cose, a quelle cose che sensibilmente ci piacciono, a quelle cose che attirano il nostro interesse basso, il nostro interesse egoistico. Noi dobbiamo invece apprendere dal Signore che vale ogni cosa che Lui ha creato ma ogni cosa il Signore l’ha creata per il nostro bene, per il nostro profitto, per la nostra elevazione. Le cose non ci devono tiranneggiare, le cose bisogna saperle usarle per Iddio. L’esperienza ci dice che certamente non sappiamo usarle se non sappiamo distaccare il cuore. Troppo noi ci attacchiamo a certe cose. Con «cose» si intende qualsiasi bene terreno, fosse anche un’abitudine a un’immaginazione.

Dobbiamo educarci a conoscere le cose, a valutarle, a adoperarle. Dobbiamo sentirci profondamente impegnati in questo. Questa idolatria delle cose colpisce tutti: colpisce chi è anziano ma anche chi è giovane, anche chi è molto giovane, per cui ognuno si fa i suoi «idolotti» e li nasconde, come li nascose Rachele quando fuggì e volle prendersi dietro gli idoli di casa; li nascose (cfr Gn 31,33-35) e credeva d’essere stata furba ma è stata solo vittima di una sua superstizione.

Dobbiamo chiederci: quali sono i tuoi idoli? Qual è il pericolo dei tuoi idoli? Quali sono? Metti delle cose, metti delle circostanze, metti delle persone e non importa che quella persona la chiami «fidanzato»; non importa che tu quella persona la chiami «un’amicizia profonda»: è un idolo, un idolo! Tu devi stare attenta agli idoli. Gli idoli sono più pericolosi di qualsiasi altra tentazione.

I tuoi idoli prendili via! Proponiti di prenderli via.

È proprio qui dove dobbiamo celebrare, in questo distacco, la nostra festa ecclesiale. La festa di un santo sacerdote che, se ammonisce me, ammonisce anche voi. Non ammonisce solo me, che sono il più interessato dal suo ammonimento (data la differenza, si capisce subito!), ma interessa anche voi.

Ricordate che il sacerdote è come se lo merita la popolazione: quindi se diventate buoni voi c’è più spazio anche per i sacerdoti.

Noi celebriamo il santo Curato d’Ars perché voglia insegnarci, come ha insegnato lui, l’integrità della vita cristiana, la comprensione della parola di Dio, l’umiltà difronte alla rivelazione del Signore; ci insegni a disprezzare i beni terreni, ad essere fervidi e forti nel saperci dominare, nel sapere dare a Dio quello che Dio vuole da noi.

Quindi preghiamo per la nostra parrocchia. Preghiamo per questa parrocchia in cui il Signore ha effuso tante grazie e facciamo in maniera che queste grazie si moltiplichino moltiplicando la nostra santità. In fondo ognuno di noi deve preoccuparsi di essere vera grazia di Dio, di essere vera grazia e perciò di non avere degli idoli.

Gli idoli vanno buttati via con energia e non dicendo: “Domani…, dopodomani…, tra venti giorni, li butto via!”. Subito, per essere nella parrocchia e nella Chiesa fervido fermento di bene e di amore.

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